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Corriere-I tempi vuoti della scuola

Le famiglie di Milano si sono divise questo inverno intorno al destino riservato dalla riforma della scuola al tempo pieno. Per molte era in pericolo, per altre invece era in via di efficiente raziona...

10/05/2004
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Corriere della sera

Le famiglie di Milano si sono divise questo inverno intorno al destino riservato dalla riforma della scuola al tempo pieno. Per molte era in pericolo, per altre invece era in via di efficiente razionalizzazione, per una parte era insidiato nella sua gestione professionale, per un'altra parte era invece adeguato alle esigenze della modernità e alle diverse richieste. Dirà il futuro se avessero ragione le critiche o le condivisioni. Ma c'è un altro tempo, desolatamente vuoto, che si avvicina con la chiusura delle scuole. La lunga estate cittadina è priva di pedagogia e povera di collaborazione fra le famiglie e le istituzioni. L'interruzione totale del pubblico servizio dell'educazione per tre mesi pesa soprattutto sulle madri che lavorano, accentuando in modo insostenibile una diseguaglianza che per suo conto è già una caratteristica arcaica dell'equilibrio fra donne e uomini dentro le professioni. L'organizzazione delle ore e degli spazi nelle case, già precaria nei mesi della scuola funzionante, si scompiglia da una settimana all'altra, proprio quando l'ora legale allunga le giornate e allontana il momento del sonno. Le difficoltà dei bilanci familiari riducono l'area della vere ferie al mare o in montagna, la strada o il televisore sono la più frequente alternativa alle aule serrate fino a settembre. Ciò che offre la metropoli al posto della scuola in lunga vacanza è troppo poco, fra parrocchia, servizi sociali, qualche grande azienda per i figli più piccoli dei propri dipendenti e proposte del volontariato. Poco è quel che fornisce la scuola, anche nell'autonomia dei singoli istituti. Non c'è nulla di organico. E' vacanza, nel drastico senso etimologico del termine, "vacuum", cioè vuoto. Ma la lamentela non va fraintesa. Nessuno vuol ridurre il ruolo, e quindi la carenza, a una questione da "babysitter", non è così che le famiglie vivono il rapporto con la scuola, cui non viene chiesto di tenere bambini e ragazzi in parcheggio mattutino e pomeridiano, mentre mamma e papà lavorano. L'istruzione è un'esperienza complessa e carica di contenuti, che patisce per ogni sosta eccessiva. Anche lo spezzare per più mesi ogni colloquio fra genitori e docenti nuoce all'educazione dei figli, alla conoscenza di una stagione della vita con la quale la comunicazione è per gli adulti già ardua e sporadica.
Milano ha interesse che i suoi cittadini più giovani passino bene, in modo intelligente (e salubre) i mesi dell'estate. Circa il quaranta per cento dei genitori lavorano entrambi fuori casa, questo dicono le statistiche cui è da aggiungere una porzione non ufficiale dovuta all'economia sommersa degli impieghi in nero: non si può affidare l'estate degli adolescenti tutta ai nonni, e caricare sulle loro spalle le otto-dieci ore che con la scuola aperta sono riempite dalle lezioni, dalla mensa, dai laboratori, dalle attività integrative, perfino dalle gite e dalle visite guidate, dalla conoscenza pedagogicamente programmata con gli spazi della città, musei, luoghi d'arte, talvolta spettacoli. C'è grande possibilità di invenzione e di realizzazione. Per la parte di loro competenza, le amministrazioni locali possono fare molto, Comune, Provincia e Regione. Già ora a Milano le scuole materne prolungano la loro attività e si mostrano attente ai ritmi delle famiglie con più elasticità. Questo criterio va allargato al di là delle fasce anagrafiche.
di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI