Corriere: Il piano in 4 mosse «Più futuro ai giovani»
Formazione Marcegaglia: il governo dia attenzione ai ragazzi Confindustria: 76 mila posti liberi nelle imprese
ROMA — «Occorre mettere insieme formazione e flessibilità per aiutare davvero i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro». Il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia illustra il progetto di Confindustria «Orientagiovani» che si basa su 4 proposte concrete che ha presentato ieri stesso al governo con l’obiettivo di rilanciare l’occupazione giovanile.
Si tratta di abolire il valore legale dei titoli di studio, introdurre una flexicurity sul modello danese, puntare su una rapida riforma degli istituti tecnici, alimentare un piano di «patrimonializzazione » sul modello inglese per incoraggiare il proseguimento degli studi. Per Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria per l’educational, «la crisi ha diminuito la domanda ma ci sono sempre 76 mila persone che le imprese cercano e non trovano».
Inutile dire che la maggior parte di questi profili sono tecnici. Una vecchia questione che ieri Rocca ha spiegato mostrando una delle tante slide nelle quali si dimostra che il 67% dei laureati ignora che l’Italia è il secondo Paese manifatturiero d’Europa. «Con questo disegno — ha spiegato la Marcegaglia — Confindustria cerca di dare ai giovani la giusta attenzione affinché abbiano un futuro professionale, naturalmente oggi è difficile mantenere il posto fisso, occorre innanzitutto tutelare il reddito ».
«Orientagiovani», iniziativa confindustriale giunta alla sedicesima edizione, partirà ufficialmente a Vicenza il 17 novembre. Nella presentazione sono emersi molti dati per fotografare il pianeta- giovani made in Italy . Alcuni buoni: per esempio negli ultimi dieci anni il tasso di disoccupazione tra i giovani si è fortemente ridotto passando dal 22,5% al 14,5%, si è quasi raddoppiata la quota di laureati nell’età universitaria dal 19% al 35%, nelle imprese di Confindustria il 44% dei neoassunti sotto i trent’anni è laureato.
I cattivi purtroppo sono molto più numerosi: l’Italia ha un quarto delle borse di studio della Francia e i giovani trovano lavoro tre anni dopo la media europea, gli imprenditori under 35 dieci anni fa erano il 22%, ora sono scesi al 15%, gli insegnanti con meno di 30 anni sono appena l’1%, i giovani che lasciano prematuramente gli studi sono il 19,8% contro l’obiettivo di Lisbona del 10%, l’età media dei membri del Cda delle banche è di 15 anni superiore alla media Ocse. Insomma «l’Italia non è un Paese per giovani», ha chiosato Rocca e per superare la metafora del film dei fratelli Coen ecco le quattro idee confindustriali che il governo dovrebbe adottare. L’abolizione del valore legale del titolo di studio andrebbe sostituita con un sistema di «accreditamento svolto da agenzie indipendenti» per stabilire il «valore reale» degli studi e per proteggere i meritevoli. In Gran Bretagna, per esempio, non esiste il valore legale ma i requisiti giusti per un laureato sono garantiti dalla indipendente Quality Assurance Agency. La flexicurity in salsa danese significa che il giovane ha diritto a una formazione continua e parallela in cambio di obblighi progressivi di accettazione delle proposte di lavoro. La Danimarca ha introdotto questo sistema nel 1994 e da allora la disoccupazione giovanile si è ridotta dal 30% al 12,5%, la più bassa in Europa.
Ancora di origine britannica è la terza proposta, quella che dovrebbe consentire anche ai giovani meno abbienti di raggiungere lauree top. Sono conti intestati non alle famiglie ma ai singoli studenti e che vengono progressivamente alimentati in base ai risultati universitari raggiunti. Per quanto riguarda la riforma degli istituti tecnici basti dire che l’iter è in corso da sei anni con tre rinvii nelle ultime tre legislature.
Roberto Bagnoli