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Corriere: Italiano cancellato in molti corsi E a Torino il rettore taglia le tasse

Si moltiplicano nel nostro Paese le facoltà che fanno lezioni ed esami solo nella lingua di Harvard. Molti iscritti

25/11/2007
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Corriere della sera

L'obiettivo Gli atenei vogliono attirare gli studenti stranieri e avviare un percorso internazionale per i giovani liceali
Università in inglese

I l più spiccio ma sicuramente il più creativo è stato il rettore del Politecnico di Torino, Francesco Profumo: ha cancellato due corsi di laurea in italiano (Ingegneria tessile e Ingegneria elettronica) e li ha riaperti in inglese. Se si aggiunge Ingegneria automobilistica che è, a scelta, in doppia lingua, fanno tre. E non basta. Per invogliare i (pare) poco entusiasti studenti piemontesi a cimentarsi con la lingua di Shakespeare (e di Harvard) ha promesso uno sconto di ben millecinquecento euro di tasse scolastiche.
L'offerta sembra di quelle che non si possono rifiutare e, invece, il rettore non è ancora soddisfatto: «Abbiamo pensato allo sconto sulle tasse, come uno degli aspetti del progetto di internazionalizzazione e di apertura dell'Università agli stranieri, perché ci siamo resi conto che i ragazzi delle superiori non hanno la minima percezione dell'importanza di sapere l'inglese».
Antistorico
Profumo sa di provocare con lo sconto per gli anglofili. E infatti c'è già persino un'interrogazione parlamentare sull'opportunità di sacrificare la nostra lingua in nome dell'«internazionalizzazione», parolone sulla bocca di ogni rettore. E a protestare per l'abbandono delle tradizioni è, caso singolare, la Rosa nel Pugno con Bruno Mellano, che ne fa una questione di libertà per gli studenti: «Rendere internazionale un ateneo non significa subire l'inglese per tutti. L'Università è anche un servizio agli studenti oltre che il tempio della nostra cultura». «È antistorico sostenere che nelle discipline scientifiche non serve l'inglese — replica Profumo —. Il distretto tessile di Biella deve la sua sopravvivenza, oltre che alla costosa innovazione delle aziende, alla forte interazione con l'estero».
E se i mercati cinesi e indiani possono salvare l'economia, gli studenti di Pechino e Nuova Delhi possono salvare le università. Sono loro l'oggetto del desiderio degli atenei italiani: il rettore della Luiss di Roma Massimo Egidi è in partenza per un tour proprio in India a caccia di studenti. A Roma ne arrivano parecchi dagli Emirati Arabi grazie ai rapporti di Confindustria con i Paesi del petrolio: «Il sistema universitario italiano — spiega — deve attrarre giovani intelligenti dall'estero, anche con prospettive culturali e professionali. Noi proponiamo in inglese una laurea in economia del lusso e del turismo ».
Tendenza
Gli esperimenti per rendere meno provinciale e chiusa l'università non mancano neanche negli altri atenei. Anche se le tasse, tranne che a Torino, sono uguali per tutti. All'inizio furono i master, poi i corsi di specializzazione e il secondo biennio, ma adesso anche il corso triennale è diventato multilingue. Il ministero dell'Università a febbraio, in risposta alle numerose richieste di svolgere corsi in lingua straniera, ha inviato una lettera di incoraggiamento agli atenei. La Bocconi vanta il primato di aver introdotto nel 2001 la prima laurea in International Economics and Management. Al Politecnico di Milano e di Torino c'è un progetto integrato con l'Università Jiao Tong di Shanghai. La Sapienza a Roma ha puntato sull'inglese come lingua esclusiva per la laurea in Computer engineering. Una ricerca per monitorare questo fenomeno fatta nel 2005-2006 dalla Crui, l'associazione dei rettori, segnalava che ben 7 atenei offrivano lauree triennali in inglese e 11 erano le lauree specialistiche. Oggi ci sono diversi accordi con università straniere per il riconoscimento del doppio titolo.
«Quello di Torino è anche un lancio un po' pubblicitario, ma la tendenza è questa — chiosa il presidente dei rettori Guido Trombetti —. Bisogna però usare buon senso, perché sarebbe ridicolo se all'università si finisse per leggere "Il Cavaliere inesistente" di Calvino in inglese». Forse l'idea del rettore Profumo non sarà che un miraggio perché non tutte le università italiane possono diventare il Mit, come scrive pessimisticamente sul sito cafebabel. com Michele Gazzola. Ma intanto la sua proposta ha scatenato gli studenti che sono un po' stupiti e un po' spiazzati. Che dire a Marco11 che vuole «studiare in italiano perché voglio poter parlare con gli operai»? Un altro Marco, che insegna a Informatica, mette in guardia gli studenti: non tentatele tutte pur di non affrontare il problema, «nelle materie tecniche i testi migliori sono in inglese e le traduzioni oltre che tardive sono spesso raffazzonate». Renato Corsetti obietta: «Quello che fa la competitività sono le idee e il modo di lavorare». Michael Boris suggerisce: «Sarebbe molto più efficace un periodo di studio all'estero per imparare la lingua straniera». Ma questa è un'altra storia.
Gianna Fregonara