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Corriere-L'E-BOOK RIVOLUZIONE A SCUOLA

costi dell'istruzione L'E-BOOK RIVOLUZIONE A SCUOLA di GIULIO TREMONTI Con questo articolo Giulio Tremonti riprende la sua collaborazione al Corriere della Sera . Escluse le elementari...

29/08/2004
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Corriere della sera

costi dell'istruzione

L'E-BOOK RIVOLUZIONE A SCUOLA

di GIULIO TREMONTI

Con questo articolo Giulio Tremonti riprende la sua collaborazione al Corriere della Sera .
Escluse le elementari, la "scuola dell'obbligo" costa moltissimo, soprattutto per i libri di testo. La scuola è obbligatoria, ma i libri di scuola sono a pagamento. In media pro capite il solo costo per i libri può superare e di molto i 200 euro. Si può arrivare intorno al mezzo milione di vecchie lire. È un costo regressivo e irrazionale, perché incide di più su chi ha di meno e - a parità di avere - perché incide ancora di più, in una società con pochi figli, proprio sulle famiglie che hanno più figli.
In generale, abbiamo in Italia un listino fatto da più di 33 mila "voci" di testi scolastici. Un Paese sapientissimo, un'economia da bazar, un brulicare stagionale di traffici che fanno insieme rabbia e tenerezza, voltapagina e apriportafoglio.
È, quello dei libri di scuola, un caso tra tanti altri. Un pezzo storico della nostra complicatissima struttura sociale ed economica. Una struttura che non possiamo più permetterci di conservare tale e quale.
Non per fanatismo "modernista" o "mercatista". Ma perché siamo - in Italia, in Europa - relativamente sempre più poveri. Non tanto dal lato dei ricavi, quanto dal lato dei costi. Non tanto perché lavoriamo e produciamo di meno, quanto perché ci permettiamo ancora il maggiore dei lussi: il lusso dell'immobilismo. In un mondo che cambia vertiginosamente, o ci riformiamo o è la realtà che ci riforma. In peggio.
È un discorso difficile da fare e non romantico. Ricordiamo la struggente frase di Marx, contro la modernità (borghese) che "ha lacerato senza pietà i variopinti legami", tipici del vecchio mondo. Ma è un discorso politico ormai necessario .
In una fase storica caratterizzata - in Italia, in Europa - da una crescente, incombente cifra di povertà - povertà reale, percepita, attesa, assoluta, relativa - troppe voci di costo del vivere ora costituiscono reali problemi sociali. Problemi non certo nuovi in sé, ma nuovi nella loro negativa crescente rilevanza sociale.
Davanti a questi costi-problemi si può essere variamente struzzi, cinici, agnostici o demagogici; romantici reazionari o riformisti; pragmatici che tentano l'esercizio riformista per eccellenza: trasformare senza traumi negatività in positività.
Struzzi, cinici, agnostici. Da quasi un secolo, dopo l'estate, le scuole aprono le loro porte e le famiglie i loro portafogli. È sempre stato così e dopo un paio di settimane è tutto superato e dimenticato. I costi ed i rischi politici di ogni cambiamento sono dunque in ogni caso superiori a quelli propri della conservazione. Perciò, conviene lasciare le cose come stanno.
Demagogici. Si tratta di un costo fisso, imposto alle famiglie per adempiere un obbligo? Allora il Governo lo deve costituzionalmente finanziare a pie' di lista. Dato che si tratta di un costo proibitivo per il bilancio pubblico, l'effetto politico che ne deriva è fantastico: da un lato, si denuncia un problema sociale; dall'altro lato, lo si perpetua, perpetuando di riflesso la rendita politica che deriva proprio dalla sua denuncia.
All'opposto, si può essere riformisti. Il costo per i libri scolastici non esiste "in natura". E dunque può essere significativamente e progressivamente abbattuto. E non solo. L'esercizio riformista può infatti produrre, oltre ad un risparmio, anche un effetto-investimento. Può generare un dividendo di modernità enormemente maggiore del risparmio stesso.
Per farlo, nel caso qui in oggetto, è sufficiente prevedere che, sperimentalmente e progressivamente, nell'adozione dei libri di testo, a parità di valutazione, si preferiscano i testi che vengono resi disponibili nella doppia versione a stampa e on line, scaricabile da internet, nelle scuole e nelle case, dietro pagamento pubblico dei diritti d'autore (e/o dei diritti di sito). Una spesa pubblica più che sostenibile, questa, a fronte di tanti sprechi.
Gli effetti positivi sarebbero tre: ridurre il costo di accesso alla scuola; aggiornare in continuo i testi, senza sostituirli parossisticamente ogni due o tre anni, con moltiplicazione dei costi; soprattutto, familiarizzare gli scolari con l'informatica, moltiplicando ed espandendo esponenzialmente accessi e conoscenze, nella forma di una reale continua civil education . Non un libro solo, a pagamento, ma - via internet - "mille libri" quasi gratis.
Contro questa ipotesi si può reagire in termini romantici, articolando un vasto repertorio di critiche "culturali", a difesa del libro di carta nella scuola.
In specie, nelle critiche, il libro informatico interattivo via internet (l'e-book) non sarebbe quello che è, e cioè pur sempre un libro, seppure un libro non di carta. Ma l'opposto: l'apocalisse del libro. Adottarlo sarebbe un attentato all'eternità ed unicità del più fondamentale strumento del sapere. E dunque, a catena, sarebbe causa di riduzionismo culturale, di mutazione dei testi di scuola in "bignami" tecnologici, di anarchia, di atomismo, di oscurantismo. Perché, a causa di insegnanti pigri, gli scolari non potrebbero più scoprire da soli l'integrale ricchezza del testo scolastico (vero invece l'opposto: gli insegnanti sono quasi sempre migliori dei testi).
Più seria in realtà la reazione "economica" degli editori, dei librai, dei cartolibrai: il passaggio della scuola italiana all'e-book, comprimendone i ricavi, metterebbe in crisi il settore. È così, partendo da un caso, che si arriva al centro del più vasto problema che stringe la società italiana: la dialettica tra "pregiudizi ' rendite", da un lato; "modernità ' sviluppo", dall'altro lato.
In realtà, possiamo davvero ancora decidere tra ciò che troviamo giusto - o no - conservare, della nostra società, o dobbiamo comunque cambiarla, per forza, di molto, di corsa?
Dieci anni fa, quando generalmente si era positivisticamente ottimisti sugli effetti della "globalizzazione", in un saggio ("Il fantasma della povertà"), cercavo di intravedere anche gli effetti di transizione negativi che, per effetto della globalizzazione, avrebbero colpito in Europa le masse lavoratrici, strette nella morsa tra salari orientali e costi della vita occidentali.
Salari livellati dalla competizione internazionale. Costi rimasti alti e fissi, come prima. Il fantasma poteva essere battuto, esorcizzato, allontanato dall'Europa. Ma non più con la forza-lavoro espressa dalle braccia, piuttosto investendo tempestivamente e massicciamente in capitale umano: in istruzione, in formazione. Per inciso, nel frattempo, la Cina è arrivata a creare ogni anno più di 1 milione di ingegneri; l'India centinaia di migliaia di ottimi informatici che parlano inglese. È così, in questo scenario, che allora presero forma alcune idee, tanto sui nuovi contenuti di istruzione e formazione necessari nella competizione globale, quanto sui nuovi mezzi di comunicazione necessari per diffonderli e radicarli.
Le "3 I", inglese, impresa, informatica. E l'idea dell'uso sistematico, per istruzione e formazione, dei nuovi mezzi: dei network tecnologici, compresa la televisione pubblica (caveat: la questione è troppo seria e vitale, per il Paese, per introdurre qui l'argomento del "conflitto di interessi"). Inglese, impresa, informatica? I figli dei ricchi li imparano a casa. E gli altri?
Da allora certo molte cose sono state fatte. Ma moltissimo resta ancora da fare. Il computer è entrato nelle scuole. Ma il problema non è tanto averlo, quanto usarlo. Il problema non è tanto avere un pesce, quanto saper pescare. E proprio l'e-book può essere lo strumento strategico per aprire agli scolari, ogni giorno, sistematicamente, il dominio magico dell'informatica. Invece, siamo ancora ai testi scolastici di carta e non molto lontani dalla televisione che si limita a filmare e trasmettere "vere" lezioni universitarie. Su questo punto, un'immagine, per spiegazione. Il cinema, come travolgente, rivoluzionario fenomeno sociale, non nasce quando i fratelli Lumière filmano e trasmettono un fatto vero: il treno che entra in stazione. Ma quando si cambia linguaggio, quando si inventano i fatti, quando la mente osa spingersi in domini nuovi. Per noi oggi la stazione non può essere solo un punto di arrivo. Deve essere anche un punto di partenza. Dunque, sapere audere : osare sapere, sapere osare.

Giulio Tremonti