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Corriere: L'Università nell'ombra

Senza fondi e progetti

15/09/2008
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Corriere della sera

Ha fatto bene il Corriere a dare tanto rilievo all'edizione 2008 del Rapporto Ocse sull'istruzione. Non perché racconti una storia molto diversa da quella del 2007 o metta a disposizione dati ignoti a chi si occupa di queste cose. Ma perché ogni occasione è buona, e questa era ottima, per mettere in allerta l'opinione pubblica su un tema di grande importanza per lo sviluppo economico, il benessere dei cittadini, la giustizia sociale, la qualità della società civile e della stessa democrazia. Di questo si tratta quando si parla di istruzione. E per questo è grande lo sconforto nel constatare che il nostro Paese occupa un posto così basso nelle classifiche che l'Ocse compila sui più diversi indicatori. E quando il posto non è basso, come non lo è per il numero di insegnanti o la spesa per allievo nella scuola media, lo sconforto è ancor maggiore perché l'efficacia dell'insegnamento misurata attraverso esami confrontabili ci fa di nuovo ripiombare negli ultimi posti della classifica.

Limito il commento all'Università, che è il segmento che conosco meglio e sul quale il rapporto Ocse concentra le maggiori critiche. A differenza della scuola, è quello in cui la spesa per studente è inferiore alla media; il tasso di abbandono è superiore; la capacità di attrazione di studenti stranieri è infima; gli iscritti sono sì molto cresciuti, ma lo è assai meno la percentuale di laureati sulle fasce d'età più giovani: in ogni caso siamo sempre ben al di sotto degli altri Paesi avanzati. Un pessimo risultato per una grande nazione europea, la culla della civiltà occidentale come i politici amano ricordare, sempre aggiungendo che l'istruzione è la migliore carta che possiamo giocare per stimolare la crescita. A queste affermazioni corrispondono poi disegni, programmi, azioni concrete?

Lascio da parte una valutazione del precedente ministro dell'Università: negativa, anche se a sua scusante può invocare la fragilità del governo di cui era parte e la sua breve durata. Il governo in carica è però robusto e sembra destinato a durare: qual è il disegno del ministro Maria Stella Gelmini? Per ora vediamo azioni, previste in alcuni articoli del super-decreto legge tremontiano di finanza pubblica, il ben noto 112/88: azioni gravide di conseguenze, ma di un disegno di lungo periodo neppure l'ombra. Il fondo di finanziamento ordinario delle università viene progressivamente ridotto e le assunzioni di personale tagliate: insomma, le «bestie-atenei» vengono affamate. Dove possono rivolgersi per nutrirsi? Si trasformino in Fondazioni di diritto privato — questa è la risposta dell'articolo 16 —, diventino più efficienti e cerchino risorse nella società civile: hanno voluto l'autonomia? La usino. «Maestà, il popolo non ha pane (pubblico). E allora si nutra di brioches

(private)»: come non ricordare la famosa battuta attribuita a Maria Antonietta di fronte a questa operazione?