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Corriere: La nuova scuola? Rigore e coinvolgimento

Luigi Berlinguer

01/08/2008
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Corriere della sera

Caro direttore, a proposito di vari articoli di stampa sul problema del comportamento degli studenti a scuola, mi sembra opportuno fare alcune precisazioni.

Fra i tanti problemi della vita scolastica, c'è anche una questione di rispetto delle regole. Anche in Italia ormai emergono fenomeni di disattenzione, quando non di strafottenza e di violenza da non generalizzare, ma neanche da sottovalutare. Certo non tutti gli studenti sono così, ma il fenomeno va affrontato. Tutta colpa degli alunni, o del permissivismo? Ci aiuta a trovare una soluzione il continuo lagnarsi per il degrado o l'anatema contro la invasione barbarica della massa di studenti zotici? La pubblicistica non si discosta molto dall'invocazione del bel tempo andato. Lo stereotipo dominante è la laudatio temporis acti... Da questo affresco provinciale e apocalittico non esce un'idea nuova. Ragioniamo, invece. Nella scuola superiore tutta ai tempi nostri eravamo 400.000 studenti. Ora ce ne sono 2.800.000, 7 volte tanto. L'impianto didattico è però rimasto quasi immutato. E' possibile non capire che un tale salto quantitativo ha cambiato la natura stessa dell'education? La lezione ex cattedra resta il metodo dominante, sparito quasi ovunque nei Paesi evoluti.

Le alternative sono solo due: o si cambia profondamente o si manda a casa l'80% degli studenti (inconfessata aspirazione del nostalgico). Ancora: ieri c'era la mamma, la famiglia, con una forte funzione educativa. Oggi la famiglia è cambiata. Qui bestemmiamo, altrove hanno coinvolto in modo nuovo i genitori nella funzione educativa. Ancora: ai miei tempi il 90% di ciò che sapevo l'imparavo a scuola. Oggi il 70% dell' informazione che ricevono i ragazzi proviene dall'esterno.

Questo è il panorama della pubblicistica.

La scuola, l'education è fatta da una comunità educante fondata su regole. E' insieme equità (sospingere tutti verso la conoscenza) e valorizzazione di talenti. Per il rispetto delle regole occorrono due cose: 1)Intanto tenere insieme il rigore e il coinvolgimento. Il rigore da solo, non motivato, è impotente. Produce gride manzoniane, inefficaci e nocive. Non sono stato io, nei fatti, a cancellare il Regio decreto disciplinare scolastico fascista del 1925 con lo Statuto dei diritti e dei doveri studenteschi e con l'autonomia: era già stata la prassi a cancellarlo. Il 7 in condotta non si irrogava quasi più da tempo. Perché la pubblicistica non studia prima di scrivere?

Approvando quelle nuove norme abbiamo voluto, al contrario, disciplinare doveri e diritti di una moderna comunità educante fondata sulla partecipazione e non sull'estraneità. Ho visto una scuola a Stoccolma in cui 20 alunni verniciavano una parete. Avevano tutti buoni voti di profitto: ho chiesto loro perché lavoravano così, e mi hanno risposto che la scuola era loro, e la volevano più bella.

2) La stessa didattica è veicolo educativo. Uno studio, un apprendimento stimolante e sollecitato, non calato dall'alto, è educante al massimo non solo intellettualmente, ma anche civicamente. Diventa coinvolgimento, adesione. La nostra scuola, invece, quella della inossidabile lezione frontale, ha criminalmente cancellato l'arte praticata, la creatività. Occorre invece partire dalle mille belle esperienze che già esistono nelle scuole, in cui si è iniziato a cambiare tutto, si fanno esperimenti scientifici, si pratica la musica (ma nessuno ne parla sui media). Approvando lo Statuto dei diritti e dei doveri e l'autonomia scolastica ci siamo mossi nell'unica direzione possibile. Lo stesso vale per l'iniziata prima revisione epistemologica-curriculare e didattica. Occorrono correzioni, adeguamenti già peraltro introdotti da altri ministri prima di me. Colgo nella sensibilità e nella cautela del ministro Mariastella Gelmini la consapevolezza che il problema è complesso. Bisogna così partire dalla valutazione dei successi e dai difetti dello Statuto, dal ripensamento delle sanzioni, dal sostegno ai talenti. Soprattutto occorre verificare convinzioni e investimenti professionali fra gli insegnanti, sempre più chiave di volta del processo. Occorrono anche messaggi di rigore e serietà, ma insieme radicali cambiamenti curriculari, metodologici, organizzativi (vera priorità). Si ricordi che l'autorevolezza perduta non si ripristina con un'autorità impotente, bensì adeguandosi ai tempi, per la scuola di tutti e dei migliori, per il merito di tutti e dei migliori. Il sapere non è un'erogazione ma una conquista. I giovani lo capiscono.