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Corriere-La prova dell'aula

LA PROVA DELL'AULA di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI Forse la società italiana può permettersi il lusso di registrare con fredda attenzione due notizie e di rimandare di 24 ore il tempo de...

22/05/2004
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Corriere della sera

LA PROVA DELL'AULA

di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI

Forse la società italiana può permettersi il lusso di registrare con fredda attenzione due notizie e di rimandare di 24 ore il tempo dell'accaldata contesa su di esse. Il governo ha approvato due decreti sulla scuola, dando attuazione a una parte della riforma. Un decreto porta a una durata di 12 anni il periodo di diritto-dovere all'istruzione e alla formazione. Il secondo stabilisce tanto per gli istituti liceali quanto per quelli di istruzione e formazione professionale l'alternanza fra studio e lavoro all'interno delle scuole. In teoria il prolungamento della fase di studio obbligatorio e gratuito è sempre segno di progresso e di benessere. La possibilità poi di affrontare il lavoro non come fatica ma come occasione di apprendimento all'interno della scuola aggiunge un valore all'esperienza pedagogica. Avremo presto occasioni per verificare se ci sarà contraddizione tra la teoria e la pratica.
Giova tentare di comprendere il meccanismo, prima di dividersi nella previsione dei suoi effetti. Si stabiliscono due cicli scolastici. Il primo, comune a tutti, conduce a un bivio: o s'imbocca la strada liceale o si preferisce la via dell'istruzione e formazione professionale.
Gli oppositori sono convinti che la bipartizione della scuola obbligatoria nei due percorsi porterà a una separazione culturale e sociale dell'intera gioventù, con una precoce e diseguale predeterminazione delle esistenze e delle carriere. Tornano le antiche accuse di creare scuole di classe. Replicano, invece, i sostenitori della riforma che l'Europa senza perplessità è già andata avanti sulla strada di una forte riqualificazione dei percorsi formativi professionali. A gran parte dell'opinione pubblica parrebbe in verità indifferente il lato socio-ideologico della contesa. Infatti in una recente indagine dell'Istituto Cattaneo e dell'Associazione Treellle, l'80 per cento di 2.600 cittadini intervistati ha indicato la professionalizzazione, cioè la preparazione dei giovani al mondo del lavoro, come l'obiettivo più pertinente nell'ambito dell'istruzione secondaria superiore. Gli intervistati però ritengono che finora la stessa scuola non sia riuscita a realizzare molto a vantaggio di questa preparazione.
Bisognerà guardare dentro i due decreti senza passione politica, cogliere con quali mezzi, con quali professionalità, con quali capacità interdisciplinari le scuole si spalancheranno nello stesso tempo allo studio e al lavoro, facendo del lavoro uno strumento dello studio e non viceversa. Almeno questa è la promessa. La riforma assicura di fare dei ragazzi, delle loro famiglie, dei docenti gli elementi egemoni dell'innovazione pedagogica. Vedremo.
Oggi, con nove anni di scuola dell'obbligo, tre ragazzi ogni dieci fanno del diritto-dovere allo studio soltanto un optional. Si iscrivono e poi restano a casa o vanno per la strada. Se il tasso di abbandono supera adesso il 32%, è lecito prevedere che crescerà ancora con la dilatazione anagrafica degli spazi di fuga. A meno che alla normativa dell'obbligo non si accompagni una strategia della persuasione. Da una scuola ricca di competenze e di professionalità si scappa meno.
Molto dipenderà dal rapporto fra valori e soddisfazioni, fra meriti e retribuzioni, nel triangolo studenti-professori-genitori. Se un lato di questo triangolo è sbilanciato, l'equilibrio non regge e allora diventa inutile stare insieme per tanti anni, essere costretti tutti dallo stesso obbligo a un parcheggio così prolungato.
Gaspare Barbiellini Amidei