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Corriere: La scommessa dell'India

Più ricerca contro la povertà

19/07/2009
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Corriere della sera

Nel 1963 in India c’erano già cinque istituti di tecnologia, creati a imitazione del Mit di Boston, adesso sono 13. Ma per Manmohan Singh e il suo governo non basta. Vogliono ridurre la povertà, curare più malattie, dare maggiori opportunità di sviluppo a industria e agricoltura, aumentare l’occupazione.

Così New Delhi investe in scienza e tecnologia, gli stanziamenti passeranno dall’ 1 per cento del Pil al 2% nel giro di uno o due anni al massimo. Di più, le autorità indiane hanno creato l’Istituto per le scienze della Terra e quello per la salute (governativi) e un’agenzia indipendente per finanziare la ricerca, sul modello americano. Verranno indetti bandi aperti a tutti — i soldi andranno ai progetti migliori— e un rapporto annuale consentirà al governo di valutare i risultati. Ma per funzionare, un programma del genere ha bisogno di giovani scienziati che siano anche molto bravi. Come trovarli, se i neo-laureati in India come ovunque nel mondo dopo l’università cercano impieghi soprattutto nel mondo degli affari, delle banche e dell’informatica? Come spingerli invece a interessarsi alla scienza? Il 60 per cento del miliardo di indiani ha meno di 25 anni e vive soprattutto nelle campagne. Molti di loro hanno probabilmente un talento per la ricerca che il governo vuole fare emergere. Con tre Istituti per l’educazione alla scienza dove chi è bravo ma povero non paga; con 600 mila borse di studio all’anno per gli studenti più meritevoli; con un milione di incentivi per chi vuole continuare a coltivare la scienza dopo la scuola. Certo, in India l’acqua pulita è ancora accessibile a pochi , il 46% dei bambini è sotto peso, più della metà di coloro che vivono in una casa non hanno però la toilette, ogni 5 minuti una donna muore di gravidanza. E nascere è altrettanto pericoloso: più di 2 milioni di bambini non arrivano ai 5 anni, si muore ancora di dengue, malaria e tubercolosi. Ci sono solo 7 dottori ogni 10 mila ammalati.

A questo punto, si chiederà qualcuno, con problemi così gravi e immediati, che senso ha tutta questa attenzione alla ricerca? È giusto spendere denaro per educare i giovani alla scienza? Provare a rispondere potrebbe essere fonte di ispirazione per tanti.

Giuseppe Remuzzi