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Corriere: La scuola fa retromarcia, addio al nome giapponese

Roma La preside: troppo clamore, resteremo la Pisacane

21/05/2009
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Corriere della sera

ROMA — Talmente convinta della sua scelta, era arrivata a sostenere che Makiguchi, il no­me del pedagogo giapponese con cui voleva sostituire Carlo Pisacane per intitolare la sua scuola, «è facilissimo da pro­nunciare, soprattutto per i bam­bini che conoscono tanti eroi giapponesi nei cartoni». Ma do­po due giorni, trascorsi sotto una pioggia di polemiche e at­tacchi incrociati, ieri davanti al­la sua scuola si sono fronteggia­ti anche due opposti «cortei», Nunzia Marciano, preside della scuola più multietnica di Roma col 90% di alunni stranieri, ha dovuto dichiarare la resa: «Si è creata una distorsione mediati­ca sulle scelte decise democrati­camente dagli organi collegiali del nostro istituto. Per questo abbiamo deciso che ci riunire­mo e sospenderemo il processo attivato per il cambio di no­me ».

L’improvviso dietrofront è giunto dopo un lungo collo­quio con la direttrice dell’Uffi­cio scolastico regionale del La­zio Maddalena Novelli: «Nel ri­spetto degli organi collegiali— ha sottolineato Novelli — la preside mi ha assicurato che lu­nedì convocherà prima il colle­gio dei docenti poi il consiglio d’istituto per annullare la deci­sione ». In mattinata, contro il cambio di nome era sceso in campo anche il ministro del­­l’Istruzione Maria Stella Gelmi­ni: «La scuola realizza l’integra­zione solo quando insegna a tutti gli studenti la lingua, la storia e la cultura del Paese in cui vivono. Inaccettabile cancel­lare un simbolo così importan­te del nostro Risorgimento». A sostenerla, anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno: «Non si capisce perché Pisacane deb­ba essere sostituito da un perso­naggio, sicuramente insigne, ma che ha molto meno a che fa­re con la nostra storia e la no­stra identità nazionale».

E in serata anche il ministro Meloni si è detta «soddisfatta per la marcia indietro anche se purtroppo devo constatare che non si tratta di un episodio isolato ma è l’ennesima alzata di ingegno di una preside che dovrebbe insegnare a tutti i bambini, senza distinzione, ad amare se stessi, la propria cultura, la propria storia e invece costruisce muri all’integrazione».

Lunedì scorso, quando è scoppiato il «caso Pisacane» con l’eroe risorgimentale mandato a casa per far posto all’educatore nipponico, la dirigente Marciano era in Francia in ferie: «La delibera del consiglio d’istituto risale al 27 aprile, non potevo immaginare tanto clamore ». Il cambio di nome, nelle intenzioni della preside sarebbe incredibilmente dovuto essere lo stratagemma per scappare dalle prime pagine dei giornali, dove puntualmente finisce la scuola per il suo «carico» di pic­coli immigrati provenienti da 24 etnie diverse.

«Siamo stati sottoposti a una campagna diffamatoria e vole­vamo ritrovare l’anonimato — racconta Marciano —, non fa piacere né alle famiglie né a chi insegna essere associati a una scuola dove 'non si impara niente'. Gli stranieri che fre­quentano la Pisacane, invece, sono tutti alfabetizzati di secon­da generazione. Seguiamo pro­grammi italianissimi». L’allon­tanarsi dai riflettori attraversan­do un terreno minato si è però rivelato un boomerang e ha co­stretto la preside a tornare sui suoi passi.

Flavia Fiorentino