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Corriere-LA SCUOLA FUORI ORARIO

LA SCUOLA FUORI ORARIO C'erano, una volta, le Lac. Una sigla, per molti straniera, che stava per Libere Attività Complementari. Qualcuno sosteneva che la "c" stesse per Creative& almeno qua...

18/11/2003
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Corriere della sera

LA SCUOLA FUORI ORARIO

C'erano, una volta, le Lac. Una sigla, per molti straniera, che stava per Libere Attività Complementari. Qualcuno sosteneva che la "c" stesse per Creative& almeno quanto può esserlo il doposcuola, perché altro non erano quelle Lac. Per molti docenti della mia generazione, anzi, le Lac hanno rappresentato il primo contatto con l'insegnamento, sia pur con entrate da "paria", guardati dall'alto in basso dai titolari di cattedra. Ma proprio perché le Lac erano questo, ossia doposcuola e semplice parcheggio (al limite: ripetizioni istituzionalizzate), nacque l'idea e la spinta al Tempo Pieno. Di qualcosa che non fosse staccato dalle attività curricolari, ma interagisse con quelle e le completasse. Ciò che comportava non solo una collaborazione tra docenti, ma un vero e proprio piano di lavoro, ove le attività nuove si fondessero con le altre, non sostitutivamente, ma integrandole: con scomposizioni di classi parallele e ricomposizioni di gruppi di lavoro sulla base di reali interessi degli alunni (e non solo al pomeriggio, ma pure al mattino), così offrendo anche opportunità di eccellere a chi solitamente viveva condizioni da "ultimo della classe". Mi sembra di tornare alla preistoria, considerando non solo che questo era possibile solo in poche scuole che si erano date alla sperimentazione, ma che chi operava in quelle medesime scuole si trovava a far parte di un corpo docente di singolare compattezza. Di persone che credevano a quel progetto. E che però, nell'ambito del distretto scolastico, finivano anche per essere guardate come bestie rare, oltre che compatite (il carico di lavoro era assai più gravoso per la necessità di preparare il lavoro). Esperienze finite in relazioni annuali partite per Roma, e persesi tra scartoffie ministeriali.
Mi si dirà: che senso ha andare così indietro. Mi ci spinge di fatto il Dirigente scolastico regionale Dutto quando scrive: "Dopo il doposcuola degli Anni 1960, del tempo pieno a partire dagli Anni 1970, delle classi a modulo dopo il 1990, è tempo per una nuova azione pubblica: senza cancellare il passato, guardando avanti". È proprio l'ultima osservazione che mi invita a guardare indietro: perché ritengo che quel dichiarato "guardare avanti" debba consistere innanzitutto nel recupero dello spirito che ha portato alla ricerca e alla attuazione più vera del Tempo Pieno. Perché, certo, i problemi concreti sono molti. Reali i tagli che, chissà perché, penalizzano sempre i momenti formativi dei futuri cittadini. Reali le preoccupazioni dei genitori, non solo per le attuazioni legislative, ma pure per le ricadute sulla propria sfera familiare e lavorativa. Ma quello che vorrei che non fosse dimenticato è che il Tempo Pieno è innanzitutto un momento formativo. Un momento di crescita per i ragazzi, che hanno modo anche di esplicare le proprie qualità in settori meno tradizionalmente frequentati, così anche ristabilendo rapporti paritari con i compagni. Ma è un momento creativo e di crescita professionale anche per i docenti. Faticoso, certo. Come sempre quando si tratta di uscire dal proprio guscio per lavorare, veramente, insieme. Ma proprio per questo si tratta di esperienze che restano. E che segnano.
di ERMANNO PACCAGNINI

Cronaca di Milano