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Corriere: Luigi Berlinguer: un'iniziativa che sa di antipolitica

«Hanno esagerato i rettori, ma anche il governo ha commesso un paio di errori».

16/12/2006
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Corriere della sera

ROMA — «Hanno esagerato i rettori, ma anche il governo ha commesso un paio di errori». Luigi Berlinguer, ex ministro dell'Università, a dieci anni dal suo incarico, dice la sua sulla clamorosa protesta dei rettori contro il governo e la Finanziaria che lesina risorse agli atenei. I «magnifici», abbandonando il loro tradizionale stile, hanno annunciato che non inviteranno più esponenti del governo alle manifestazioni accademiche.
Trova giusta questa forma di protesta?
«È giusto e legittimo che le università protestino e pretendano di essere messe al pari, per quanto riguarda i finanziamenti, di quelle di altri Paesi. Mi piace meno questa singolare sortita che si propone di non invitare più i ministri nelle università perché ci trovo il gusto dell'antipolitica».
Che cosa avrebbero dovuto fare?
«Penso sia molto più produttivo(e meno qualunquistico) invitare i responsabili politici a vedere le condizioni impraticabili in cui versa l'università e a discutere democraticamente con docenti e studenti».
Solo questo?
«No. Avanzo anche un suggerimento: chiedano i rettori in questi giorni, oramai a Finanziaria approvata, un incontro col presidente del Consiglio e il ministro dell'Università per ottenere che dall'anno prossimo le richieste dell'università e della ricerca possano essere tangibilmente soddisfatte. Sarà chiaro, allora, che questo primo anno era necessariamente un anno magro. Dopo, le scelte però dovranno essere nette».
I rettori dicono che nei prossimi mesi potrebbero trovarsi senza i soldi per pagare le bollette.
«Su questo il governo dovrebbe dire una parola rassicurante. Per esempio che all'inizio del 2007, verificato l'andamento della spesa, sarà possibile consentire all'università qualche vantaggio in merito ai soldi per la gestione ordinaria».
La delusione del mondo universitario è stata molto grande. Dove ha sbagliato il governo?
«Il governo, nel complesso, ha commesso due errori. Intanto prima della Finanziaria non ha reso edotto con sufficiente drammaticità il Paese del disastro della spesa pubblica. Ma c'è stato anche un altro errore: se i fondi per l'università contenuti nell'ultima stesura della Finanziaria, certamente più abbondanti rispetto alla prima stesura, fossero stati stanziati fin dall'inizio, sarebbe apparso chiaro a tutti che per il governo la ricerca è una priorità, anche in tempi di carestia».
La carestia dura da molto tempo.
«Purtroppo i professori di economia che stanno al governo e quelli che sono anche grandi opinionisti e gli apparati del Tesoro da tempo sostengono che l'università riceve molti soldi. Ho vissuto anch'io da ministro, 10 anni fa, questa grande fatica di far loro considerare i bisogni del mondo scientifico. Predicano tagli all'università perché pensano che il dimagrimento aguzzi l'ingegno e produca efficienza. Forse anche per questo la ricerca scientifica in questa Finanziaria ha faticato a divenire una priorità. Le risorse sono sempre state carenti, particolarmente nell'ultimo quinquennio, ma questo non ha prodotto efficienza ».
Il ministro Mussi ha minacciato nelle scorse settimane di dimettersi. Dopo quanto è successo dovrebbe farlo?
«Penso che se accadesse sarebbe perfino peggio. Mussi ha ottenuto dei successi, anche se insufficienti. C'è bisogno di tenacia perché tutti parlano di priorità di università e ricerca, ma realizzarla in concreto, anche finanziariamente, è un grande obiettivo. Per realizzarlo ci vuole lena e costanza. Tieni duro, Fabio».