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Corriere: Né rossi né neri: nascono «Gli Irrappresentabili»

Senza etichette La De Gregorio e l'Annunziata sottolineano l'indipendenza dei giovani dalla politica: «Non strumentalizzati» è il loro slogan

28/10/2008
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Corriere della sera

E nel suo liceo-icona, il Giulio Cesare di Roma, la destra si allea con sinistra e «apolitici»

ROMA — Cosa c'era scritto sullo striscione srotolato l'altra sera dagli studenti sul «red carpet» del Festival del Cinema? «Pay attention (fate attenzione,
ndr) Movimento Irrappresentabile ». Proprio così. Sembra questa, oggi, la prima, vera, grande preoccupazione dell'«Onda» che avanza. Non si lasciano strumentalizzare, gli studenti. Né rappresentare. Dai partiti, dai sindacati, dai professori. Liceali e universitari non lo vogliono affatto. E lo dicono in tutti i modi: «Studente non strumentalizzato», è uno dei cartelli che usano appiccicarsi addosso, per esempio, quando sfilano nei cortei. L'altro giorno, il quotidiano l'Unità
ha pubblicato un reportage nei licei occupati di Roma. Uno studente diceva: «Non lasceremo che i partiti mettano il cappello sulla nostra protesta, perché non è né di destra né di sinistra, è in difesa della scuola pubblica ». Così, nel suo editoriale, il direttore de l'Unità, Concita De Gregorio, all'indomani del grande raduno del Pd al Circo Massimo, coglieva giusto quest'aspetto: «Gli studenti non sono andati al Circo Massimo. C'erano, ma non c'erano. Erano mescolati, senza insegne, ai genitori e agli insegnanti ». Né di destra né di sinistra, dunque. Lucia Annunziata, ieri mattina, su La Stampa, sottolineava la vera novità del movimento 2008: «La politica è "un cappello", senza distinzioni, non più un aiuto naturale per chi protesta, ma addirittura un ostacolo». Questo, dunque, non è un movimento «bipartisan»: semplicemente perché i partiti non ci sono, non li vogliono, non sono stati invitati. E quando pure s'avvicinano, ecco che vengono contestati: davanti a Montecitorio, la settimana scorsa, durante una delle lezioni di Fisica in piazza, un consigliere comunale del Pd aveva provato ad accostarsi alle lavagne, ma è stato respinto con perdite («Vai via, sei qui solo per le telecamere...»). E lo stesso è avvenuto sotto al Senato, venerdì scorso, quando Paolo Ferrero di Rifondazione e una delegazione del Pd aveva tentato di interloquire con gli studenti davanti a Palazzo Madama. Niente da fare: fischi e cori per tutti.
Così, lontano dalle parole d'ordine dei partiti, dalle etichettature dei giornali, dalle divisioni monolitiche del passato, è in questo clima che si trovano a marciare insieme oggi quelli con la kefiah e con le teste rasate, pugni chiusi e braccia tese, stelle rosse e magliette nere, i ragazzi del Blocco Studentesco (ultradestra) e i liceali dell'Unione degli studenti. E se pure litigano tra loro perché, per esempio, ieri mattina in piazza Venezia un gruppo gridava «Duce, Duce». E se pure non mancano episodi di matrice squadrista (due studenti di sinistra del liceo Tasso picchiati da quelli del Blocco studentesco), alla fine però a protestare davanti al Senato ci vanno tutti insieme. Compatti. Contro la Gelmini, contro il ministro Tremonti, contro i tagli alla ricerca e il rischio-privatizzazione. Strumentalizzati no, protagonisti sì: l'Onda travolge gli schemi. «Protestiamo in difesa della scuola della Costituzione, libera e pubblica, che garantisca l'istruzione senza discriminazioni di alcun tipo», recita il documento comune, votato e diffuso in serata dagli studenti del «classico» Giulio Cesare. E anche lì, nel liceo di Corso Trieste, quasi un'icona della destra a Roma trent'anni fa, studenti di sinistra («Lista Palomar») e di destra («Lotta studentesca»), sostenuti da un terzo gruppo di apolitici («Gruppo becero»), hanno vinto le resistenze degli altri compagni di scuola (in tutto sono 1300 gli iscritti) e hanno mandato a casa ieri mattina professori e bidelli. Non è chiaro se pure lo striscione che hanno appeso all'ingresso sia oggi il frutto del grande compromesso tra le due anime degli studenti in lotta. Nella prima riga, infatti, «Giulio Cesare» è scritto in nero; nella seconda, però, «Occupato» è rosso-sangue. Di certo, l'attenta «par condicio» dei colori si rispecchia perfettamente nelle diverse identità politiche degli occupanti. L'obiettivo, però, resta comune.


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