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Corriere: Nella riforma meno sprechi e più sistema Una consulta nazionale per unire gli sforzi

Così cambieranno gli enti di ricerca

02/08/2009
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Corriere della sera

Dopo la legge delega approvata dal passato governo nel 2007, l’iter è vicino alla conclusione

«Ultimo miglio» L’obiettivo è il trasferimento all’esterno dei risultati di laboratorio, in modo da generare effetti concreti nel mondo produttivo

Attesa e preoccupazione: sono le due pa­role che corrono sulla bocca degli scienziati negli enti di ricerca control­lati dal ministero dell’Istruzione, dell’Universi­tà e della Ricerca. Il motivo è l’avvio della ri­forma. «Abbiamo ripreso la legge delega n.165 del settembre 2007, approvata dal passa­to governo con l’ex ministro Fabio Mussi ed ora, dopo vari rinvii, dobbiamo completare l’opera per il 31 ottobre. Così entro la fine del­l’anno potrà essere già adottata» spiega Anto­nio Agostini, direttore del settore al ministe­ro.

Che il mondo della ricerca nazionale abbia bisogno di considerazione, di cure e di scelte politiche è sotto gli occhi di tutti data l’ultra­decennale trascuratezza. Certo non può ridur­si al tema della «fuga dei cervelli» che periodi­camente riemerge. È un dettaglio; questa real­tà ha bisogno di affrontare ben altri problemi che sono alla base della cronica posizione in fondo alla classifica nelle statistiche interna­zionali. Più volte in passato si è tentata una riforma degli enti senza grandi successi, visti i risultati.

Adesso, almeno a parole, l’intervento sem­bra davvero prossimo ma con quale obiettivo, questa volta? «Premetto che dobbiamo agire nell’ambito del contenimento della spesa pub­blica chiesto dal governo — precisa Agostini — ma lo scopo è razionalizzare, migliorare la qualità, costringere la comunità scientifica a fare sistema e raggiungere un’integrazione con l’Università e le imprese. Il tutto nell’eser­cizio di un’autonomia esistente. Parlare di li­bertà di ricerca violata è pleonastico: lo dice la Costituzione ed è in vigore».

Ma come si intende tradurre in pratica i pro­positi? «Creando innanzitutto una consulta nazionale di tutti gli enti in modo che possa­no partecipare al piano della ricerca in gesta­zione e possano essere sistematicamente sen­titi e ascoltati per affrontare tempestivamente i vari aspetti». Tra i provvedimenti in cantiere ci sono: delle aggregazioni per raggiungere una massa critica che valorizzi le professiona­lità dei ricercatori, la definizione della proprie­tà intellettuale per trovare risorse e sostenere lo sviluppo delle idee, il rafforzamento della temporanea mobilità tra pubblico e privato e la soluzione dell’«ultimo miglio della ricerca, cioè il trasferimento all’esterno del risultato di laboratorio capace di generare effetti nel mondo produttivo». Ma quali sono le reazio­ni?

Ricco di speranze si dichiara Enzo Boschi, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia: «È una riforma assolutamente necessaria. Oggi è un mondo confuso con so­vrapposizioni soprattutto fra piccoli enti di­stribuiti nei vari ministeri, dalla salute all’agri­coltura, all’industria e conseguenti inutili competizioni. Il nostro Istituto che ha un im­patto importante sul territorio, con necessità operative molto rapide, sta elaborando una se­rie di proposte al fine di migliorare la gestio­ne con criteri più moderni. L’importante per la riforma è aver chiaro cosa vuole il Paese e dove si vuole andare. Da parte mia coltivo spe­ranze confidando nel senso pratico del mini­stro ».

Non si aspetta rivoluzioni Luciano Maiani, presidente del Consiglio nazionale delle ricer­che: «Siamo già stati riformati dal passato go­verno Berlusconi e ci resta solo da rivedere al­cuni aspetti di maggior collegamento tra verti­ce e base, ma bastano pochi correttivi. Non sa­rei d’accordo con un eventuale spacchetta­mento: il Cnr può rispondere al suo ruolo se rimane compatto. In generale, vedo anch’io qualche dispersione di risorse da recupera­re ».

Ottimista è Enrico Saggese, presidente del­l’Agenzia spaziale italiana Asi: «Intervento in­dispensabile ma per la nostra agenzia è neces­saria anche una legge di riforma specifica con­divisa dai vari schieramenti per garantire sta­bilità, dal momento che i nostri programmi sono distribuiti su tempi lunghi. In secondo luogo, bisogna definire struttura e responsabi­lità tenendo conto che noi siamo un’agenzia che assegna fondi ad altri per fare ricerca».

Positiva con qualche condizione è la visio­ne di Roberto Petronzio, presidente dell’Istitu­to nazionale di fisica nucleare: «Sani principi, se si riescono ad evitare le ingerenze politiche che su alcuni enti pesano. Per il mio Istituto che realizza già tutte le aspirazioni della legge non temo grandi sussulti. L’operazione è im­portante ma credo non debba toccare le realtà che funzionano. Ben venga la valutazione: ogni riforma è benemerita se serve a fare dei passi avanti».

Distaccato si rivela Roberto Cingolani, diret­tore scientifico dell’Istituto italiano di tecnolo­gia: «La divisione tra gli enti è un problema storico e non mi aspetto cose particolari. Alla base delle difficoltà c’è la mancanza di direzio­ni precise sulle priorità su cui concentrare gli sforzi. Da noi c’è uno scontro sterile sulla li­bertà della ricerca, sulla divisione tra ricerca di base e applicata. Inoltre non si realizza nei gruppi una massa critica, si vuol fare molto e non si fa nulla. È indispensabile una rigorosa valutazione con criteri internazionali e l’im­portante è indirizzare le risorse in base ai ri­sultati ».

Scetticismo dichiara Tommaso Maccacaro, presidente dell’Istituto nazionale di astrofisi­ca: «Siamo già stati riformati a costo zero con il ministro Moratti. Se si ripete l’operazione con lo stesso approccio finiamo estinti. Spero quindi che si voli alto nei criteri riconoscendo la specifictà degli enti. I criteri generici e indi­stinti voluti dal ministro Brunetta per il pub­blico impiego non si possono applicare ai cen­tri di ricerca: ognuno va considerato caso per caso».

Intanto si lavora al Piano nazionale della ri­cerca e il 24 luglio è stato convocato un grup­po di consultazione comprendente enti e mi­nisteri. Saranno coinvolti anche Confindu­­stria, sindacati, grandi società come Eni, Enel, Fiat e Finmeccanica. «Il Piano vorrebbe segna­re un’inversione di tendenza anche per le spe­se — nota il direttore della ricerca al ministe­ro — parlare di ripresa senza ricerca è con­tradditorio ». Rimane sospesa la situazione delle attività in Antartide oggi condivise con vari enti e per le quali da tempo si ipotizza la costituzione di un’agenzia. «Per gli studi polari l’orientamen­to è confermato — conclude Antonio Agosti­ni —. E sopravvive la speranza di realizzarla».

Giovanni Caprara