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Corriere-"Non basta chiedere, le aziende investano nell'università"

"Non basta chiedere, le aziende investano nell'università" Ballio: si mettano a disposizione risorse, anche umane, per fare ricerca. Ornaghi: bisogna cooperare con il mercato L'accusa arriva ...

01/06/2005
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Corriere della sera

"Non basta chiedere, le aziende investano nell'università"
Ballio: si mettano a disposizione risorse, anche umane, per fare ricerca. Ornaghi: bisogna cooperare con il mercato
L'accusa arriva con forza e all'improvviso, spezzando la scaletta del convegno. "Le università vengono usate come grandi supermercati della ricerca. Le aziende comprano e poi tornano solo quando hanno bisogno, con pochi investimenti a medio termine". Silenzio in sala. È Giulio Ballio, rettore del Politecnico, a lanciare la provocazione durante l'incontro "Quando l'innovazione fa sviluppo" in programma ieri nell'ateneo di piazza Leonardo da Vinci. Nessun mezzo termine, nessun eufemismo per analizzare la situazione: "In Italia di innovazione se ne fa poca perché atenei e imprese non seguono progetti impegnativi insieme. Ma se le aziende vogliono veramente cambiare, devono lavorare con le università, mettendo a disposizione risorse, anche umane, che facciano ricerca".
Più collaborazione, progetti a lunga scadenza, investimenti. Sono richieste che non arrivano solo dal rettore del Politecnico, ma anche dai responsabili degli altri atenei milanesi. "Certo, quella di Ballio è una battuta forte - analizza Marcello Fontanesi, rettore dell'Università degli Studi Milano Bicocca - ma mette in luce una parte di verità: tutti i centri universitari vorrebbero avere rapporti continuativi con le aziende. Le colpe? Di tutti e nessuno. Perché da una parte l'università non ha dimostrato la volontà di fare massa critica - ogni testa è un gruppo -, dall'altra le aziende hanno trovato in questa rinuncia un alibi. Bisogna trovare, invece, un modo per collaborare. Altrimenti non si regge la competitività internazionale".
Di responsabilità parla anche Lorenzo Ornaghi, rettore della Cattolica: "L'errore che Ballio denuncia viene da lontano: abbiamo tutti applicato il principio per cui le università devono seguire le aspettative del mercato. Ma gli atenei devono cooperare col mercato per capire come questo cambia". Ornaghi elenca alcune eccezioni - "come il master Eni con la Cattolica" - e sottolinea la presenza di interlocutori diversi dalle aziende: "Ci sono anche le fondazioni e la Camera di Commercio".
Secondo Enrico Decleva, rettore della Statale, "in questo periodo le imprese hanno poche risorse, fanno richieste modeste e non ci sono grandi progetti". Ma Salvatore Vicari, prorettore ai "rapporti con l'ambiente economico" della Bocconi, precisa: "Il mondo produttivo considera le università per quello che possono fornire: laureati, ricerca, formazione. Giustamente. Ma è poco sensibile alla centralità degli atenei per lo sviluppo del Paese. E invece le università possono davvero aprire canali importanti per la crescita economica".
Vicari è ottimista: "Crediamo che sia possibile creare un rapporto più stretto con le aziende. Esiste un piano strategico della Bocconi contro la fuga dei cervelli". E sottolinea: "Il Paese deve puntare sulle università come risorsa. Altrimenti rischia di non raggiungere le frontiere più avanzate del sapere".
È pessimista, invece, il sociologo Gianpaolo Fabris, responsabile del corso di Scienze della comunicazione all'Università Vita Salute San Raffaele, in partenza dal prossimo anno accademico. "Il rapporto tra università e industria è ancora tutto da creare. Per ora è solo un "mordi e fuggi"". Uno spiraglio: "Mi è sembrato di riscontrare da parte dei docenti e di Confindustria l'auspicio di una long lasting relationship ". E una considerazione: "Nel mondo accademico manca un mentalità laica: si ha sempre il timore che le aziende, per dirla all'inglese, vogliano mettere il burro sul pane. Non c'è la scelta di un partner con cui portare avanti progetti di ricerca a fronte di una scarsa consuetudine a confrontarsi con management delle imprese". Fabris coclude: "L'industria, da parte sua, ha sempre considerato gli atenei come luogo di mere elaborazioni accademiche. Serve, invece, un progetto di sviluppo. In cui l'università sia davvero il motore dell'innovazione".

Annachiara Sacchi