Corriere - Palazzo Chigi ora punta sull'accordo separato
Palazzo Chigi ora punta sull'accordo separato La linea dell'esecutivo rafforza D'Amato. Ma Alemanno (An): rivaluto la vecchia Dc che sapeva mediare ROMA - La sintesi è tutta nelle parole pron...
Palazzo Chigi ora punta sull'accordo separato
La linea dell'esecutivo rafforza D'Amato. Ma Alemanno (An): rivaluto la vecchia Dc che sapeva mediare
ROMA - La sintesi è tutta nelle parole pronunciate dal ministro delle Politiche agricole Giovanni Alemanno, esponente della destra sociale di An, durante il Consiglio dei ministri di ieri: "In circostanze come questa rivaluto la vecchia Democrazia cristiana, che ha tenuto insieme l'Italia per 40 anni riuscendo a mediare fra interessi e istanze tanto diversi". La circostanza è lo scontro sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Da una parte i sindacati, dall'altra il governo (e la Confindustria): dove, per giunta, non mancano i distinguo. "Facciamo attenzione", ha ammonito non a caso durante la riunione di governo il vicepremier Gianfranco Fini, dopo aver ascoltato il rapporto del ministro del Welfare Roberto Maroni. "Non dobbiamo dimenticare - ha aggiunto - che una parte del nostro elettorato è molto sensibile a questi temi". Come sanno bene al Ccd-Cdu, i primi ad accogliere con sollievo le "aperture" di Maroni. E le virgolette sono d'obbligo. Berlusconi ha concluso ieri la discussione con un "teniamo duro" che non lascia molte speranze alle colombe del governo e al tempo stesso rafforza la linea intransigente del presidente della Confindustria Antonio D'Amato. Questo non vuol dire tuttavia che dietro il tatticismo dell'"apertura" di Maroni non ci sia qualche cosa di concreto. Tanto è vero che lo stesso Berlusconi ieri ha esortato Maroni a "continuare a trattare". Già, ma su che cosa? Il governo è pronto, per esempio, a ridurre da tre a due i casi in cui è prevista la sospensione dell'articolo 18. Oppure a limitarla al Sud. Ma certamente non a stralciarla. Berlusconi ne fa una questione di principio: il premier considera lo stralcio più dannoso politicamente per il governo di un eventuale sciopero generale, che non avrebbe gli effetti del 1994. Per questo non mollerà.
E nei prossimi giorni Maroni continuerà a lavorare per raggiungere il vero obiettivo cui punta l'esecutivo: un accordo separato con Cisl e Uil, secondo lo schema già sperimentato per i contratti a termine, isolando la Cgil. Accordo che avrebbe un valore soprattutto politico. Il fatto è che il governo non teme le conseguenze sociali di una forzatura, quanto piuttosto le conseguenze politiche di una situazione di contrasto crescente con l'opposizione, ma anche col sindacato, su un numero sempre maggiore di fronti, mentre all'orizzonte resta minacciosa l'ombra del processo Sme che si celebra a Milano. Un'intesa con Cisl e Uil potrebbe portare acqua al mulino del governo. E, se servisse a questo obiettivo, l'esecutivo potrebbe proporre una trattativa a tutto campo, per mettere sul piatto anche gli aumenti per il pubblico impiego che i sindacati (in primo luogo la Cisl) chiedono a gran voce. Sperando di confinare in un angolo il dissenso sull'articolo 18. Però non basterà. La Cisl e la Uil non hanno nessuna voglia di fare lo sciopero generale (l'idea di chiamare in causa il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi è stata sostenuta dal segretario della Cisl Savino Pezzotta). Ma, per quanto la questione sia simbolica, non possono lasciare in mano alla Cgil la bandiera della difesa delle garanzie sociali. "Ha ragione Alemanno - dice un esponente di governo che non vuole essere citato -. Per venirne fuori servirebbe davvero la Dc".
Sergio Rizzo