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Corriere: Perchè le grandi scuole devono cqambiare

Il numero uno di Yale: meno enfasi sulle singole materie, oggi vincono i manager intersettoriali

16/02/2007
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Corriere della sera

«Perché le grandi scuole devono cambiare»

«Come si prepara il capo d'azienda del futuro? Guardando con attenzione il manager di successo di oggi». Parola di Joel Podolny, preside della prestigiosa Yale Som, la School of management di Yale che ha "formato" alcuni dei nomi più importanti del panorama economico mondiale. A partire da Indra Nooyi, la ceo e neo chairwoman di Pepsi- Co che è stata eletta "donna più potente in business" da Fortune, fino ad arrivare all'ex presidente di Goldman Sachs John Thornton.

Negli ultimi 30 anni la professione del manager è cambiata radicalmente: le business school sono riuscite a tenere il passo?

«La maggior parte dei loro corsi è ancora divisa per discipline, ad esempio marketing, finanza o economia. E' un modello che aveva senso quando una carriera di successo era caratterizzata dall'avanzamento verticale in un unico campo, all'interno di una grande burocrazia corporate suddivisa a seconda delle funzioni. Ma oggi non è più così: il manager supera i confini della funzione, dell'organizzazione e dell'industria, come anche quelli culturali e politici. Il suo successo dipende dalla capacità di inquadrare i problemi, sintetizzare le informazioni più disparate, analizzare le priorità e coordinare le risorse e gli individui in un contesto che è spesso fluido e decentralizzato».

Quindi l'arena accademica è stata troppo lenta ad adattarsi alla realtà in trasformazione del mondo economico...

«Qui a Yale vogliamo sfidare questa percezione: lo scorso settembre abbiamo inaugurato un nuovo programma Mba che "rompe" rispetto al passato e alle discipline tradizionali e punta sull'integrazione. E' un grosso sforzo innovativo: credo che siamo i primi tra le grandi business school a mettere in atto una trasformazione su così larga scala. Però, era assolutamente necessario».

Ma in cosa consiste questo vostro nuovo approccio alla formazione del manager?

«E' semplice. Non c'è più un corso di finanza, ma ne abbiamo uno sull'investitore oppure, invece del "tradizionale" marketing, la lezione è sul cliente. Il primo anno, per fare un esempio concreto, si basa su otto corsi multidisciplinari: uno per ogni figura che il top manager deve scegliere, motivare e "orchestrare" ogni qualvolta si trova ad affrontare e risolvere i problemi o, comunque, a voler fare dei progressi. Quindi figure interne all'organizzazione come possono essere "l'innovatore", il "motore delle operazioni", l'impiegato o il direttore finanziario. E anche esterne, come l'investitore e il cliente che ho già citato, ma pure il competitor, lo Stato e la società».

Insomma concentrarsi sui ruoli, invece che sulle materie...

«Come sostiene un mio collega, non esiste al mondo un executive che si alzi al mattino dicendo: "Oggi mi occupo di finanza". Non ha più senso che gli studenti stiano seduti in classe a masticare numeri avulsi da ogni contesto. Bisogna dare loro gli strumenti giusti per diventare manager di successo in futuro».

Qual è secondo lei il trend più importante nell'ambito del management?

«Ho fatto di recente un sondaggio su questi temi tra ceo, ex alunni e "cacciatori di teste". La risposta più ricorrente è stata che oggi la skill fondamentale per un manager è l'abilità di riconoscere e inquadrare i problemi e, soprattutto, di "lavorare" intersettorialmente, varcando i confini dell'azienda. Non so se sia un trend, ma di sicuro è un aspetto cruciale».

Quali sono le caratteristiche dell'offerta formativa della Yale Som per studenti stranieri?

«Noi non guardiamo al background dello studente: il 22% dei nostri iscritti vengono dall'estero e seguono esattamente gli stessi corsi di quelli americani. Tra l'altro per tutti è obbligatoria l'esperienza internazionale. In questo momento gli alunni del primo anno sono appena ritornati da due settimane di studio in Argentina, Costa Rica, India, Giappone, Inghilterra, Polonia, Sud Africa o Tanzania».

Quali sono le vostre principali fonti di finanziamento?

«Lo scorso ottobre l'università di Yale ha annunciato una campagna quinquennale per raccogliere 3 miliardi di dollari: di questi, alla school of management andranno 300 milioni, che serviranno in parte per costruire il nuovo campus. Inoltre, riceviamo generosi aiuti da privati e corporation che finanziano borse di studio e corsi. I nostri ex studenti, poi, in questo hanno un ruolo assolutamente rilevante: siamo al secondo posto tra le top business school per donazioni ricevute dagli "alunni".

Iolanda Barera

Non esiste un executive che si alza al mattino e dice: "Oggi mi occupo solo di finanza"

Molti corsi sono ancora divisi per discipline, ad esempio marketing o finanza. Ma oggi i dirigenti devono superare i confini della propria funzione