Corriere: Pronta la riforma dell’Università I ricercatori? Ai licei chi non vale
Mandato massimo di 8 anni per i rettori e scatti solo per i docenti migliori
ROMA — La riforma del­l’università si farà. Il governo intende cambiare il recluta­mento, la governance e com­battere gli sprechi negli ate­nei a partire dal 2010. Il mini­stro Mariastella Gelmini ri­sponde a quanti accusano la maggioranza di essere blocca­ta su questo fronte illustran­do, davanti a rettori ed espo­nenti del Pdl, i contenuti del­la proposta che inizierà il suo cammino in autunno. Il testo è piaciuto a Tremonti. I due ministri sono d’accordo an­che su un ulteriore provvedi­mento, non compreso nella proposta, ispirato alla «tenu­re track», una procedura in­ternazionale secondo la qua­le un ricercatore al termine del periodo di prova viene confermato solo se in grado di dimostrare la qualità nella propria docenza. In caso con­trario utilizza una passerella e va ad insegnare nella scuo­la o lavora nella pubblica am­ministrazione.
Nella Finanziaria di autun­no, secondo il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Ga­sparri, il ministro dell’Econo­mia «potrebbe destinare risor­se in più all'università». Si parla di una somma compre­sa tra i 400 e i 500 milioni di euro. In realtà Tremonti non ha fatto alcun accenno alla quantità di risorse. Ha parlato però di gradualità, riferendo­si al processo di riforma. Se­condo l’esegesi degli accade­mici la gradualità riguarderà anche i finanziamenti. Come dire: adeguamento dei fondi e riforme in grado di rendere più efficiente il sistema devo­no andare di pari passo.
Il meccanismo di riforma è avviato. Nei prossimi giorni verrà presentata al Consiglio dei ministri l’Agenzia nazio­nale della valutazione dell' Università e della Ricerca (An­vur) che dovrebbe comincia­re a funzionare tra un anno, un anno e mezzo. L’Agenzia, ha spiegato il ministro, «ser­virà per introdurre trasparen­za: non più denaro a pioggia per alimentare sedi distacca­te inutili, corsi di laurea che producono disoccupati, ma attenzione a qualità e meri­to ».
Tra le novità previste dal di­segno di legge, un filtro nazio­nale per garantire la qualità dei candidati che dovranno essere reclutati dai singoli ate­nei, un mandato massimo di otto anni per i rettori, scatti di stipendio solo ai professo­ri migliori, la possibilità per gli atenei di fondersi tra loro per evitare duplicazioni. Ci sa­rà una distinzione netta di funzioni tra Senato accademi­co e Cda: il Senato avanzerà proposte di carattere scientifi­co, ma sarà il Cda ad avere la responsabilità chiara delle spese, delle assunzioni e del­le spese di gestione. Sarà ri­dotto il numero di membri sia del Senato (al massimo 35 contro gli oltre 50 di oggi) sia del Cda (11 invece di 30) «per evitare organi pletorici e po­co responsabilizzati». I setto­ri scientifico-disciplinari pas­seranno dagli attuali 370 a cir­ca la metà (con una consisten­za minima di 50 ordinari per settore). La riforma della go­vernance prevede anche l’ado­zione di un codice etico per evitare incompatibilità e con­flitti di interessi legati a pa­rentele.
In materia di diritto allo studio, è prevista una de­lega al governo per riformare organicamente la legge 390 del 1991, in accordo con le Re­gioni, con l’obiettivo «sposta­re il sostegno direttamente agli studenti» in modo da «fa­vorire la mobilità».
La valutazione L’Agenzia di valutazione dell’attività accademica sarà presentata al prossimo Consiglio dei ministri ed entrerà in funzione tra un anno