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Corriere: Pronta la riforma Gelmini: 1.500 ore di lavoro annue per i prof

Commissari negli Atenei mal gestiti

24/10/2009
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Corriere della sera

ROMA — Quindici articoli che potrebbero cambiare molte cose nelle nostre 95 università: la riforma Gelmini, che tocca tutti gli aspetti della vita degli atenei, è sui blocchi di partenza. Avrebbe dovuto ricevere il via ieri dal Consiglio dei ministri, rinviato alla prossima settimana per l’assenza del premier. Autonomia nella responsabilità, finanziamenti non a pioggia ma in ragione dei risultati: se le università saranno gestite male potranno anche essere commissariate.

Apertura alle istanze del paese: cda aperto a imprenditori e professionisti. Fusioni, accorpamenti o chiusure delle sedi decentrate che rappresentano una duplicazione. Ma anche più diritto allo studio: il prestito d’onore entra nell’ordinamento nazionale. Come la quantificazione dell’attività dei prof: 1500 ore l’anno. Queste le principali novità.

La legge rivoluziona il governo e i rapporti di forza negli atenei. Partendo dall’elezione del rettore: non più di due mandati, massimo otto anni. E imponendo una separazione di funzioni tra un Senato Accademico più snello (massimo 35 membri) che si occuperà di didattica e scienza e il cda che farà i conti e deciderà su apertura e chiusura di sedi e corsi. Undici membri, compreso rettore e rappresentanti studenti, al 40 per cento esterni, «da scegliere tra personalità italiane e straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale», secondo le modalità indicate dallo statuto. Oggi il cda è un organismo con 25-30 componenti. Il risparmio in gettoni di presenza potrebbe aggirarsi intorno al milione di euro l’anno. Al timone non più un direttore amministrativo ma un direttore generale, che dovrà avere i requisiti di un manager. Verrà assunto con un contratto di diritto privato e resterà in carica per non più di 4 anni.

La valutazione si rafforza. Il «nucleo», presente in ogni ateneo, con il compito di verificare la qualità del-l’attività formativa e scientifica, dovrà essere composto da un congruo numero di esponenti esterni, a differenza di quanto accade oggi. In ciascun dipartimento verrà creata una una commissione paritetica docenti- studenti che vigilerà sulla qualità della didattica. Ogni università dovrà dotarsi di un codice etico (alcune lo hanno già) per prevenire e contrastare situazioni di conflitto di interesse: nepotismo e via dicendo.

La legge porterà ad una profonda revisione delle strutture accademiche. Il centro regolatore dell’attività didattica e di ricerca sarà il dipartimento e non più la facoltà. I vari corsi faranno capo ai dipartimenti e ciò consentirà di razionalizzare l’offerta formativa, eliminando eventuali duplicazioni. Oggi il panorama dell’offerta universitaria vede in ogni regione una fioritura di sedi decentrate. La ricerca dell’efficienza, in tempi di risorse scarse, è diventata una necessità impellente per molti atenei. La legge prevede la fusione e l'aggregazione, anche limitatamente ad alcuni settori di attività, di due o più università per evitare duplicazioni e costi inutili. Sono previsti incentivi per la mobilità del personale. L’obiettivo è evitare disavanzi. Nel caso che questo accada - quando il deficit supera del 10 per cento il bilancio - l’università dovrà disporre un piano di rientro finanziario. Se ciò non avverrà scatta il commissariamento.

Tra le novità anche il diritto allo studio (la legge concede una delega al Miur) e il monte ore dei «baroni ». Per la prima volta nell’ordinamento universitario fa il suo ingresso il «prestito d’onore». Grazie ad un fondo speciale, istituito, presso il ministero dell'Economia e delle finanze,i migliori studenti potranno ricevere borse e buoni studio «da utilizzare sia per tasse e contributi universitari che per spese di mantenimento durante gli studi». L’impegno lavorativo complessivo dei prof viene fissato - è la prima volta che accade - in 1500 ore annue.

Il reclutamento dei docenti, finora affidato ai contestatissimi concorsi locali, parte con una procedura di valutazione nazionale attraverso la quale i candidati acquisiscono un’abilitazione scientifica. Da qui le università potranno attingere per coprire le proprie esigenze di personale attraverso valutazioni comparative.

Giulio Benedetti