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Corriere-"Quaranta etnie, insegno matematica con le favole"

LA MAESTRA "Quaranta etnie, insegno matematica con le favole" DAL NOSTRO INVIATO BRESCIA - Insegna matematica raccontando le fiabe. Con segni, immagini, scenette teatrali. La sua pr...

10/09/2004
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Corriere della sera

LA MAESTRA

"Quaranta etnie, insegno matematica con le favole"

DAL NOSTRO INVIATO
BRESCIA - Insegna matematica raccontando le fiabe. Con segni, immagini, scenette teatrali. La sua preferita è Cappuccetto Rosso. Che si fa mangiare dal lupo senza dire una parola. Una storia senza voce, utile a parlare di numeri a bimbi pakistani, cinesi, colombiani, moldavi, che spesso non capiscono l'italiano. Una didattica sperimentale che per Silvia Tavazzani, 37 anni, maestra al Secondo Istituto Comprensivo di Brescia, è ordinaria amministrazione. Una scelta per necessità.
Settecento allievi, quaranta etnie. Come si fa a lavorare?
"Si ricorre a tecniche di insegnamento innovative. Ma non mi scoraggio: la nostra è una scuola di frontiera dove si si è sempre fatta sperimentazione per l'integrazione. Prima con i disabili. Oggi con gli immigrati".
Quali sono le difficoltà?
"Le diverse nazionalità impongono codici di comportamento per comunicare con tutti".
Un esempio?
"Per chiedere di prendere un quaderno, bisogna afferrarlo, poi mimando il gesto, parlare lentamente".
E poi?
"Studiamo programmi personalizzati per i bambini. Ogni settimana noi maestri ci ritroviamo per concordare gli obiettivi minimi per ognuno. Su questi basiamo il nostro giudizio finale".
Un programma per ogni bambino. Non c'è da perdere la testa?
"Si fa fatica. Ma quando c'è la passione, si trova la forza di andare avanti".
Altre differenze rispetto a una scuola tradizionale?
"La classe con i banchi fissi e ordinati non esiste da noi. L'aula viene cambiata secondo le esigenze della lezione".
Quanto tempo impiegano i bambini a imparare l'italiano?
"Quattro-cinque mesi. Molti, però, frequentano i gruppi di accoglienza per 5 settimane prima di essere inseriti nelle classi. Ognuno comincia nella sua lingua. Ricordo un bimbo pakistano e uno dello Sri Lanka che chiacchieravano per ore. Sicuramente non si capivano, ma ora sono grandi amici".
Classi così eterogenee non mettono a repentaglio la qualità dell'insegnamento?
"Non credo. Ci sono famiglie italiane che hanno mandato da noi più di un figlio. Molti nostri ex alunni, anche stranieri, ora frequentano il liceo. Il problema della concentrazione, però, esiste".
Gra. Mot.