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Corriere: Ricerca, il piano del governo: giovani, industrie e 7 priorità

Il documento. La bozza del ministero dell’Istruzione e della Ricerca. Obiettivo: unire sapere ed economia Fondi agli studiosi sotto i 40 anni e filo diretto con le imprese

03/09/2009
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Corriere della sera

MILANO — Con non poca difficoltà si sta disegnando un piano nazionale della ricerca proiettato fino al 2013. Assieme al riordino degli enti di ricerca avviato dal ministro Mariastella Gelmini, il piano dovrebbe servire per stabilire che cosa fare e come; o, detto in altri termini, come curare un malato la cui diagnosi impietosa è tracciata nelle prime pagine della bozza dello stesso piano che abbiamo potuto leggere: porta la data del 1? settembre ed è l’ultima di una serie che testimonia l’arduo lavoro. I mali, ormai sono noti: in sostanza, non si fa ricerca nel pubblico e nel privato quanto sarebbe necessario e ciò che esiste di buono forma delle nicchie, mai un sistema.

Indietro tra i Grandi

Il concetto è sintetizzato con eleganza burocratica nella prima pagina: «L’intensità dell’attività di ricerca non è allineata a quella dei principali Paesi industrializzati », ricordando, poi, con un numero che nelle statistiche internazionali occupiamo il 28? posto.

Il piano parte volando alto con l’affermazione che bisogna «trasformare il sapere in economia» e per far questo «si assegna un valore strategico alla collaborazione pubblico-privata» e che la «ricerca, sia fondamentale che industriale, è orientata ad applicazioni economiche e sociali». Il regista, contrariamente ad oggi, sarà unico, il Miur, il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Il documento identifica «sette priorità del Paese» che sono: energie alternative, nucleare, agricoltura- ambiente-salute, made in Italy, patrimonio artistico culturale, mobilità sostenibile, aerospazio. Per far crescere le sette aree si sono scelte sei tecnologie che riguardano la genetica, l’energia, i materiali, quelle connesse al funzionamento del cervello, all’informazione e all’ambiente. «Il Miur può fornire supporto finanziario per lo sviluppo con l’obiettivo di contribuire da qui al 2025 allo sviluppo del sistema industriale nazionale » .

Azioni e obiettivi

Scendendo nel pratico, ecco le azioni previste per conquistare gli obiettivi. Il ministero destina una quota almeno del 20 per cento delle disponibilità finanziarie per i progetti «curiosity driven», più di base, proposti da studiosi di età non superiore ai 40 anni. Anche gli studi più fondamentali, si sottolinea, dovranno essere orientati alle sei tecnologie indicate. Per la ricerca industriale si selezioneranno alcuni grandi progetti a cui parteciperanno imprese grandi e piccole, centri di ricerca pubblici con l’obiettivo di far nascere nuove aziende high-tech.

A tal fine sono previste «l’assegnazione di commesse di ricerca nonché il trasferimento temporaneo di personale pubblico presso soggetti industriali» e l’organizzazione di uffici di trasferimento tecnologico. Da ministro, Letizia Moratti aveva istituito i distretti tecnologici unendo attori pubblici e privati. Ora bisogna rivalutarli e riorganizzarli. I ricercatori formano in Italia una popolazione troppo anziana per essere produttiva. Per svecchiarla si istituisce un fondo «dedicato al reclutamento di giovani ricercatori e/o ricercatori di chiara fama internazionale da assegnare a certi progetti». In aggiunta, «viene stimolata la fondazione di scuole internazionali di dottorato con un fondo diretto al reclutamento internazionale di dottorandi». Saranno gli stessi enti a istituire e gestire le scuole. Si prevede inoltre «la creazione di dottorati di ricerca industriale focalizzati su progetti di sviluppo e con il coinvolgimento dell’industria». E per facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro si predisporrà un sostegno per l’assunzione di post-dottorati per periodi limitati nel tempo, ma ripetuti.

Le infrastrutture

Un altro tema critico sono le infrastrutture in gran parte inadeguate. Per migliorarle il piano varerà anche il recupero di siti industriali. Mentre si guarda alla «creazione o al rafforzamento dei centri esistenti legati a biofisica, nanostrutture, analisi della materia, nuovi materiali, aerospazio, ingegneria sismica, super-calcolo, biomedicina e beni culturali, si ipotizza pure la nascita di un grande centro di ricerca europeo la cui natura non è ben identificata.

Si introdurrà, infine, un sistema di rilevazione delle attività effettuando azioni di controllo per essere certi che i finanziamenti siano usati con efficacia secondo gli obiettivi. Il metro seguirà i criteri internazionali. «Malgrado le contingenze economiche — si dice — il reperimento delle risorse necessarie non è tuttavia impossibile » . Le risorse pubbliche potranno essere integrate con interventi della Bei (Banca europea di investimento). Nella bozza considerata non si approfondisce, però, la voce delle risorse ma si sottolinea la necessità di una concentrazione geografica invertendo la dispersione fin qui seguita. Il regionalismo nella ricerca, insomma, si è rivelato uno spreco.

Giovanni Caprara