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Corriere: Riscaldamenti e affitti, 150 milioni in meno Università in rivolta: sarebbe uno tsunami

Il «definanziamento» dovuto ai tagli dei consumi intermedi

22/10/2006
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Corriere della sera

SOLDI E ATENEI

ROMA — Minacciare le dimissioni e chiedere più soldi per il proprio ministero è un effetto collaterale di ogni Finanziaria. Ma questa volta Fabio Mussi, responsabile di Università e Ricerca, sembra fare sul serio. Per ripetere il suo «non sarò l'uomo dei tagli» non sceglie un convegno di professori o ricercatori, dove certo l'applauso sarebbe stato più facile. Ma la direzione dei Ds, come per chiamare il partito ad assumersi le sue responsabilità dopo una campagna elettorale che proprio su università e ricerca (meglio, su professori e ricercatori) ha puntato parecchio.
«Si sta alzando — dice Mussi dal palco — un'onda ripida di delusione dove altissime erano le aspettative. Attenti perché se si delude qui le conseguenze possono essere pesanti. Noi riduciamo gli investimenti e io non sono disponibile ad assumermi questa responsabilità».
Il taglio — che chiama in causa non solo la Finanziaria ma anche il decreto Bersani — è di 150 milioni di euro per i cosiddetti consumi intermedi: affitti, riscaldamenti, luce, materiale di cancelleria. I costi si dovrebbero ridurre del 10% per il 2006 e del 20% per il 2007. «Vorrà dire che chiederemo agli studenti di tenere il cappotto a lezione, che non puliremo più le aule e che per due mesi l'anno chiuderemo i laboratori», ironizza da buon napoletano Guido Trombetti, presidente della Conferenza dei rettori. Ma le sue parole fanno capire come dietro quella formula burocratica, consumi intermedi, si nascondano effetti che sarebbero immediatamente visibili. Ed è proprio di questo che discute Mussi in una pausa della direzione Ds: «Io capisco lo sforzo di risanamento voluto da Padoa- Schioppa, ma qui parliamo di 150 milioni di euro su 40 miliardi. Briciole, un risparmio minimo che però avrebbe un effetto devastante in termini di consenso. Non mi sembra una mossa politicamente intelligente». A fare i conti è ancora il presidente dei rettori, Trombetti: «Nelle università italiane ci sono un milione e 800 mila studenti, decine di migliaia di ricercatori, migliaia di professori. Altro che onda ripida di delusione di cui parla Mussi, quello che arriverebbe sarebbe uno tsunami. Naturalmente io non la voglio mettere in termini di voti...». Però i voti in ballo sono parecchi. Nessuno lo dice ma tornano in mente le elezioni del 2001, quando Luigi Berlinguer fu indicato come uno dei responsabili della disfatta perché voleva valutare il lavoro degli insegnanti prima di farli avanzare in carriera. L'accusa, giusta o sbagliata, era però molto simile a quella che adesso Mussi non vuole sentirsi muovere: aver fatto perdere consensi nella strategica categoria dei prof.
Non a caso, infatti, Mussi incassa prima la solidarietà di Rifondazione comunista che addirittura con Salvatore Cannavò lo invita a manifestare insieme contro la Finanziaria. Poi quella di Enrico Panini — segretario della Cgil Flc, che riunisce i lavoratori di scuola, università e ricerca — che ricorda i due scioperi già in calendario per metà novembre. E infine quella (invocata) del suo partito. L'ordine del giorno approvato alla fine della giornata impegna i Ds a rivedere i tagli su università e ricerca. Mussi tira un sospiro di sollievo: se sul partito democratico non la vedono allo stesso modo, almeno su questo i Ds lo sostengono. Ma resta sul chi vive: «Dimissioni? Lotterò fino in fondo».