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Corriere: Statali fannulloni?Il sindacato ha già innovato»

I risparmi nella pubblica amministrazione? Si cominci dalle 146 mila consulenze

06/09/2006
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Corriere della sera

La replica di Cgil, Cisl e Uil a Ichino: i luoghi comuni vanno evitati

Caro Direttore,
il professor Ichino insiste nella reiterata critica nei confronti del pubblico impiego «fannullone». Ricorrente perché da molti anni prima del varo di una difficile legge finanziaria si parla del dipendente pubblico e della necessità di assumere tutte le iniziative necessarie per «ricondurlo alla ragione». Quindi niente di nuovo e di originale!
Certo, l'impegno continuo nella sua critica sembra non conoscere quanto fino ad oggi è stato portato avanti dalle organizzazioni sindacali confederali e di categoria proprio per «riformare» il pubblico impiego e le pubbliche amministrazioni. Accusare, come sembra fare il professore, le organizzazioni sindacali di «coprire» i fannulloni, dichiarandosi contrarie ai licenziamenti, significa agire per luoghi comuni e non conoscere quanto è stato fatto fino ad oggi. Si tratta di un lungo elenco di iniziative che culmina con il «profondo e radicale cambiamento del rapporto di lavoro del pubblico impiego avviato nel 1990 che ha comportato la privatizzazione del rapporto di lavoro» di quasi tutti i lavoratori pubblici. Quasi tutti perché, ad esempio proprio la categoria alla quale appartiene il professore si è sempre opposta a questo cambiamento. Ora la contrattualizzazione ha significato coniugare efficienza dell'amministrazione e diritti dei lavoratori; efficienza, partendo dal rapporto di lavoro, efficienza che reclama anzi rende possibile un intervento sull'assetto delle amministrazioni, sulla cultura del risultato, sulla responsabilità e sulla valutazione del lavoro. Si è trattato di un cammino che, indubbiamente ha avuto alti e bassi, soprattutto in relazione alla qualità dell'agire della politica centrale e non, che, come si fa nel mondo privato, deve fornire le linee, gli indirizzi, gli obiettivi che le amministrazioni e per esse le alte dirigenze, debbono poi seguire, nel rispetto delle leggi fondamentali, a partire dalla Costituzione.
Un cammino di cambiamento che deve continuare, superando resistenze che ancora vi sono: ad esempio sull'estensione della contrattazione. Si tratta di un cammino di modernizzazione, che l'Europa ci invidia: vedi il dibattito francese e quanto sta avvenendo in Spagna, reso possibile proprio dall'intreccio tra volontà innovatrice della politica, consenso e concertazione delle organizzazioni sindacali, consenso tra i lavoratori pubblici. Gli effetti sostanziali ed anche economici di tale cammino possono, se il professore ritiene ciò utile, essere indagati nei bilanci dello Stato e nella copiosa documentazione esistente. Ma di tutto ciò non c'è traccia, il professore insiste nella sua polemica e nella sua ipotesi di lavoro: i fannulloni vanno licenziati da parte di una sorte di Leviatano, uno ogni 5, 10, 100 con la sola possibilità di sfuggire al licenziamento indicando il nome di un altro «fannullone».
Ora, forte, a suo dire, delle risposte positive che sarebbero venute alla sua precedente esternazione (ben 1.500 interventi!) e del consenso politico il professore insiste sulla sua convinzione e pone tre domande alle organizzazioni sindacali, tra l'altro sbagliando il soggetto; infatti dai quesiti (mobilità vincolante; definizione di una componente retributiva legata ai risultati; limitazione — al 20% dei lavoratori interessati — della platea dei possibili fruitori degli incentivi di produttività), il professore dimentica il ruolo della controparte, cioè dell'amministrazione e della politica, oppure considera questi soggetti non in grado di esercitare il loro ruolo. Sembra quasi dai quesiti che si parli ai sindacati, ma in realtà si voglia dare un'immagine di impotenza delle amministrazioni.
In relazione ai tre quesiti, invitiamo il professore Ichino a documentarsi perché troverà le risposte che cerca. Sulla mobilità basterà leggere quanto contenuto sui contratti e quanto concordato e attuato in relazione ai cosiddetti provvedimenti Bassanini (il federalismo a costituzione vigente) ben 22mila persone hanno cambiato posto di lavoro e molti, in relazione alle esigenze, anche territorio. Sulla retribuzione di produttività basta leggere i contratti di lavoro nazionali e aziendali, che, come il professore Ichino sa, si stipulano sempre tra due soggetti: i sindacati e le controparti. Con chiarezza però vogliamo ribadire la nostra ferma e totale avversione verso iniziative unilaterali che riguardano materie oggetto di contrattazione. La nostra contrarietà è motivata sia da ragioni sindacali, sia dalla consapevolezza che senza condivisione qualsiasi provvedimento è inefficace e fonte di sprechi. Spesso le amministrazioni agiscono unilateralmente usando risorse pubbliche come fossero beni di famiglia: vogliamo parlare delle 146mila consulenze che le amministrazioni fino a oggi hanno dato in giro per una spesa di circa 1.200 milioni di euro? Ma questo è un altro capitolo sul quale vorremmo che anche il professore Ichino si esercitasse con lo stesso impegno.
Paolo Nerozzi Segreteria CGIL Gianni Baratta Segreteria CISL Paolo Pirani Segreteria UIL ———————————————
Secondo i tre Segretari nazionali, dunque, tutto quanto è necessario fare per ridare efficienza all'amministrazione pubblica ed eliminarne gli enormi sprechi è già previsto dai contratti collettivi vigenti; e negli anni scorsi il sindacato ha fatto tutto quanto era in suo potere a questo scopo. Questo equivale sostanzialmente a un «no» su ciascuna delle questioni poste nel mio articolo di ieri, sia in materia di mobilità, sia in materia di retribuzione incentivante. Fino a oggi, il sindacato nel settore pubblico salvo rare eccezioni ha acconsentito alla mobilità solo se «volontaria», cioè accettata caso per caso dai singoli dipendenti interessati; e si è opposto con successo a qualsiasi politica retributiva volta a incentivare incisivamente la produttività e il merito (basti pensare a come è finita la vicenda della retribuzione incentivante nella scuola). Se invece Cgil, Cisl e UIl intendono dire che il sindacato è davvero interessato a voltar pagina rispetto a quanto è accaduto fin qui, allora esse non possono limitarsi a scaricare tutte le responsabilità sulla dirigenza pubblica (che pure ne ha molte), ma devono dire con chiarezza dove ritengono che anche il sindacato abbia sbagliato, dove e come occorre cambiare strada.