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Corriere: Tagliato un corso di laurea su cinque

La razionalizzazione Gli atenei preparano i piani per accedere agli incentivi anti-sprechi della Gelmini

18/05/2009
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Corriere della sera

La Sapienza ne elimina 46, Siena 34. La mappa da Firenze a Messina

ROMA — Venti per cento di corsi in meno, in cifre 1.000-1.100 tra lauree triennali e specialistiche. È l’effetto del­la cura dimagrante per l’univer­sità avviata dalla Moratti e por­tata avanti da Mussi. Termine ultimo per perdere peso il 15 giugno. Dopo quella data, se l’offerta formativa sarà ridon­dante, ovvero conterrà troppi corsi privi dei necessari requi­siti, a partire dal numero dei prof delle materie di base, ver­rà ridimensionata a colpi di for­bici dal ministro Gelmini. Nel senso che l’offerta fuori norma non verrà riconosciuta, non avrà valore legale.

Negli ultimi due mesi i Sena­ti accademici hanno tagliato decine e decine di corsi di lau­rea, in qualche caso anche fa­coltà. «La Sapienza» di Roma ha cancellato più di tutti. Il me­ga ateneo, il più grande d’Italia e uno dei maggiori in Europa, è stato quello che ha tagliato più in profondità: 46 corsi. A Siena ce ne sono 34 in meno. Firenze e Genova hanno previ­sto un taglio dell’offerta rispet­tivamente del 20 e 15 per cen­to. La Federico II di Napoli, lo scorso anno, ha cancellato 9 corsi di laurea e ora si appresta a tagliare 100 insegnamenti. Roma Tre, Bologna, Ferrara e Bergamo elimineranno da uno a due corsi. Il Politecnico di Mi­lano un corso nella sede distac­cata di Cremona. Ancona ha soppresso 10 corsi e 100 inse­gnamenti. Messina si è privata di una facoltà, quella di Statisti­ca, e di 15 corsi di laurea. L’Orientale di Napoli perderà circa la metà dei corsi di lau­rea.

In tutti gli atenei del Paese i Senati accademici stanno fa­cendo i conti. E alla fine, tran­ne poche eccezioni, l’offerta di­dattica per il nuovo anno è a se­gno meno. Sono spariti gli in­segnamenti creati più per ra­gioni accademiche che per sod­disfare una reale domanda de­gli studenti. Sorti come fun­ghi, spesso non sono riusciti ad attrarre iscritti. Ed hanno confuso le idee a tanti giovani con offerte stravaganti quanto prive di utilità: uno, tra i tanti, s’intitolava «Benessere del ca­ne e del gatto». Gli atenei han­no accorpato insegnamenti si­mili col risultato di utilizzare in modo più razionale i docen­ti. «Per i prossimi tre anni il go­verno punta alla perdita di un 20 per cento di docenza — spiega il professor Nino Lucia­ni dell’ateneo di Bologna —. Mettiamo che un ateneo abbia 30 corsi di laurea con delle ma­terie comuni nel primo anno. Non servono 30 professori. Si accorpano gli insegnamenti e un docente insegna a più stu­denti ». Aggiunge il rettore del­l’Università di Ancona, Marco Pacetti: «Spariranno i corsi e gli insegnamenti che sono nati per dare visibilità al docente. Ci sono professori che insegna­no in quattro-cinque corsi si­mili con pochi studenti. Tutto ciò non è possibile».

A Messina è saltata addirittu­ra una facoltà, quella di Statisti­ca, l’unica in tutta la Sicilia. «Gli studenti iscritti ai due cor­si della facoltà si erano ridotti a trenta — afferma il rettore Francesco Tomasello —. Con la crisi che c’è bisogna avere coraggio, bisogna dimostrare di saper gestire le istituzioni. Nel prossimo anno accademi­co al sistema universitario mancheranno circa 500 milio­ni di euro. E col Pil in caduta non è ragionevole aspettarsi un miracolo da parte del gover­no ».

Giulio Benedetti