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Corriere: Una «classe grigia» di senza futuro: la profezia di Augé

La libertà passa attraverso l'educazione

12/08/2008
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Corriere della sera

«Una massa di poveri e precari sempre più lontani dal benessere»

dal nostro inviato ARMANDO TORNO

PARIGI — Etnologo, antropologo, anzi maître à penser, Marc Augé ci riceve all'Ecole des Hautes Etudes in boulevard Raspail. È emozionante ascoltare questo studioso che ha indagato, tra l'altro, le reti di relazioni simboliche che determinano i comportamenti, che una trentina d'anni fa si è chiesto chi detenga oggi i poteri di vita e di morte, che ha denunciato la perdita di senso indotta da un'ipertrofia del senso (il vocabolo surmodernité è suo). Né va dimenticato il merito, all'inizio degli anni Novanta, di aver individuato i «non luoghi», spazi metropolitani privi di identità, senza memoria storica e scarsi di relazioni, dove vive la «collettività senza festa» e si soffre la «solitudine senza l'isolamento».

Lo abbiamo incontrato per parlare del futuro. Qualcuno lo sta rubando agli uomini. Chi è? Perché lo fa? Augé comincia: «Viviamo in un'epoca di tempo veloce, tutto si è accelerato. La scienza è diventata troppo rapida per poterla conoscere adeguatamente e per prevedere applicazioni e conseguenze. Che cosa ci darà fra trent'anni? Non riusciamo a immaginare il futuro, siamo vittime di un presente che ci sommerge, ci virtualizza. La storia sembra sia diventata un fatto mediatico ». Una pausa, un secondo di silenzio che Augé sa ricavare con particolare grazia e poi una sorta di affondo: «Nei primi tempi del comunismo, così come all'alba del capitalismo, c'era un atteggiamento lirico nel pensare al futuro: l'avvenire era carico di speranza, di progetti che si sarebbero realizzati. Oggi ne abbiamo paura».

Certo, paura; o forse è meglio dire: paure. Quante ne proviamo, quante ne denunciamo? Augé elenca scenari sociali, problemi ecologici, ma non dimentica le «paure metafisiche» che nascono da tante piccole situazioni e diventano qualcosa di grande e di indefinibile. Puntualizza: «La nostra generazione non ha molte cose da attendersi per il futuro. Stiamo rubando l'avvenire ai più giovani». Non termina però a tinte fosche: «È impensabile che la storia si arresti. Inoltre non siamo arrivati alla formula finale dell'organizzazione della società. L'avventura umana è ancora imperfetta, non è riuscita a eliminare la violenza, la guerra; non conosce una pace mondiale, meno che mai l'armonia universale, che è rimasta nei libri di filosofia». Un secondo ancora di silenzio. Poi: «Si parla troppo facilmente della fine delle ideologie e si dimentica che la cosa più importante è la concezione dell'individuo e della sua libertà».

La libertà! Nel proferire questa parola Augé si illumina, le sue frasi si caricano di segni positivi. Afferma: «Penso che passi attraverso l'educazione». Allora gli chiediamo come l'uomo potrebbe riprendersi, appunto, la libertà di immaginare con fiducia il tempo che lo attende, la sua vita. Augé consiglia di riflettere su due problemi cruciali di oggi: la diseguaglianza economica che si sta facendo terribile, la situazione scientifica e intellettuale.

Sottolinea: «I Paesi emergenti ormai mostrano una distanza incolmabile tra ricchi e poveri, un disequilibrio che causerà reazioni oggi non calcolabili. Tra i pochi che hanno tutto e i molti che hanno meno del necessario, si sta formando una categoria che avrà i soli mezzi per tirare avanti. La precarizzazione del lavoro, l'aumento dei costi e dei bisogni sta creando una specie di classe grigia che tirerà avanti con sacrifici. È più fortunata di chi le sta dietro, ma è distante enormemente dai nuovi ricchi, che si muovono tra cose esclusive». Insomma, la borghesia laboriosa si sta dissolvendo e sarà sostituita da coloro che faranno fatica a sopravvivere o da chi sopravviverà con molta attenzione. I nuovi oligarchi, invece, avranno sempre più opportunità e mezzi.

Della situazione scientifica e intellettuale Augé ricorda l'enorme sviluppo «ma solo in alcuni punti del pianeta, dove si stanno formando poli di conoscenza globalizzata». O meglio: «Così come con il denaro crea una differenza di sapere, allo stesso modo l'accelerazione delle scoperte scientifiche e dell'evoluzione tecnologica toglie

chances a coloro che non sono in questi poli. È una differenza irrimediabile che sta plasmando un'umanità che vive in storie differenti». Poi un esempio, chiarissimo: «Mi facevano notare che il budget stanziato per Harvard è superiore alla somma dei contributi dati alle università europee. In questa differenza si spiegano le questioni relative alla ricerca, alle future ricchezze, ai valori che avremo».

Inevitabilmente chiediamo a Augé il suo giudizio su Internet e sulle opportunità che da esso potremo avere. L'argomento lo coinvolge: «Per ora questo mezzo, che si sta sviluppando più di ogni altro, favorisce i meglio tecnologizzati. Occorre avere una istruzione di base per cogliere i vantaggi che offre. Insomma, aiuta chi è già formato. Del resto, ho visto negli anni Settanta in Costa d'Avorio un tentativo di diffondere l'educazione attraverso la televisione che si rivelò un fallimento, e questo perché i maestri che dovevano inserirsi nella comunicazione non erano preparati a farlo». Aggiunge: «Per formare con Internet occorrono degli insegnanti che aiutino tale processo, ma non vedo una volontà politica che lo desideri, meno che mai soldi per realizzarlo. Inoltre l'economia dei Paesi più sviluppati chiede persone che lavorino rapidamente e si specializzino su un argomento; per questo l'istruzione classica ha perso peso specifico. Il bisogno del sistema economico è immediato, a volte capriccioso; è l'esatto contrario di quanto avviene, appunto, nella formazione ».

Augé si accomiata sorridendo, con una speranza: «So che la generalizzazione dell'educazione è un'utopia, ma su di essa si deve riflettere. Non dimentichiamola, perché ogni utopia aiuta a vivere. E si vive anche di sogni». Non intendeteli però come le impalpabili creature della notte: sono quelli che un tempo popolavano il nostro futuro e oggi si sono rifugiati nel passato.