Corriere: Università, il divario delle rette 1.300 euro al Nord, 260 al Sud
Gli studenti del Mezzogiorno pagano poco grazie alle esenzioni E i servizi, quindi, sono scadenti Non si vogliono scontentare famiglie e ragazzi secondo questa logica: prezzi bassi per un’offerta scarsa
Il Comitato di valutazione fornisce i numeri di un’enorme differenza Molti atenei vorrebbero aumentare le tasse ma sono frenati dalla crisi
ROMA — Nell’università di Lecce — ateneo finito al penultimo posto nella graduatoria sulla qualità del Sole 24 Ore — la tassazione media si aggira intorno ai 350 euro l’anno. Senza scomodare il Mit o altre università americane da 40 mila euro l’anno, si tratta di una cifra superiore di soli 150 euro rispetto a quanto una famiglia spende per mandare un figlio al liceo. Al Politecnico di Milano, primo nella stessa graduatoria, uno studente spende mediamente quattro volte tanto. Tra i due estremi si posizionano decine e decine di università con una caratteristica comune: più si scende a Sud più le tasse calano. Calano, spiegano i rettori, in ragione del minor reddito delle famiglie e quindi dell’esenzione totale o parziale cui hanno diritto gli studenti, ma anche per una precisa scelta di chi governa, quella di non scontentare famiglie e studenti, secondo questa logica: ti offro poco ma chiedo poco. Eppure il danno, per le stesse università, è rilevante. «Le 18 università delle regioni che fanno capo all’Obiettivo 1 (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, Molise), dove il Pil pro capite è inferiore al 75 per cento della media Ue — ricorda il filologo Corrado Petrocelli, rettore dell’università di Bari — nel solo 2006 hanno ricevuto, per ragioni di reddito, 229 milioni di euro in meno rispetto a quelle del Centro-Nord». Un dato che fa paura, se si pensa che il taglio di 700 milioni di euro previsto per il 2010 dalla Finanziaria rischia di portare al collasso il nostro sistema.
La differenza di contribuzione tra Nord e Sud è davvero forte. I dati raccolti dal Cnvsu (Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario) parlano chiaro: la tassa compresa tra i 1.000 e i 1.500 euro l’anno negli atenei del Nord è quella più comune (33,9 per cento). Succede anche al Centro (21,5%). Nelle università del Sud invece troviamo in questa fascia solo il 7,4% degli iscritti. Nelle università del Sud la fascia di tasse in cui si concentra il maggior numero di studenti è quella compresa fra i 300 e i 400 euro (20,4%). Nel Nord a pagare quel tipo di contributo è solo il 3,4%, il 5,8% al Centro.
Se esaminiamo i dati del Cnvsu sugli esoneri dalle tasse universitarie divisi per macroaree le conclusioni non cambiano. La maggior parte di giovani che usufruiscono di questa provvidenza si trova nel Sud. Più esattamente il 18% — calcolato sugli iscritti in corso — gode di un esonero totale mentre il 19,5% ha diritto a un esonero parziale. Nel Nord-Est abbiamo rispettivamente un 15,4% e un 8,3%. Nel Nord-Ovest un 12% e un 3,5%. Il Sud è certamente penalizzato, rispetto al Nord e al Centro, da un minor reddito delle famiglie. Tuttavia questa differenza che certamente esiste giustifica un simile divario nei contributi? I dati del Cnvsu lasciano spazio a domande che da tempo attendono risposta. Compresa quella più inquietante, sulla veridicità delle dichiarazioni al fisco: come è possibile che figli di operai e di impiegati con stipendi bassi non rientrino nei requisiti necessari per godere delle provvidenze per il diritto allo studio, mentre figli di professionisti con redditi meno accertabili riescono a farvi ricorso?
I rettori degli atenei del Sud sono consapevoli dell’anomalia dei contributi degli studenti. Circa un terzo dei 60 mila iscritti, ricorda il rettore di Bari Corrado Petrocelli, gode di esoneri totali o parziali. L’università ha avviato una politica di miglioramento dei servizi (disabili, iscrizioni online, biblioteche, edilizia) senza la quale diventa impossibile per qualunque rettore aumentare le tasse. Ma anche così non sarà facile alzare i contributi. «Nel nostro territorio sono venuti meno 35 mila posti di lavoro — spiega il rettore —. Cinquanta studenti mi hanno già annunciato che il prossimo anno non potranno pagare le tasse». Giovanni Latorre, rettore dell’Università della Calabria (tassazione media circa 600 euro su un reddito medio di 18 mila euro), l’unica del Sud che aderisce al gruppo Aquis (11 atenei che si battono per la qualità), ricorda che ogni anno vengono completamente esonerati dal pagamento delle tasse 8.000 studenti su 35 mila, e che le compensazioni da parte dello stato a Cosenza come altrove non sono mai arrivate. «Aumentiamo costantemente le tasse — dice —. Il nostro sistema di imposizione è identico a quello della Sapienza di Roma ma i nostri studenti, per le condizioni di reddito, pagano mediamente 100 euro in meno».
Un piano che prevede un aumento delle tasse, a partire dai fuoricorso, è stato appena varato dall’università di Palermo, che con i suoi 360 euro di tassazione media figura come la terza università più a buon mercato d’Italia. Palermo ha fatto un grande sforzo per migliorare i servizi però deve fare anche i conti con una diminuzione delle entrate, ha affermato il rettore Roberto Lagalla. L’ateneo prevede di incassare da 35 milioni a 40 milioni di euro entro il 2010.
Il Politecnico di Bari (ha guadagnato il ventesimo posto nella graduatoria del Sole 24 Ore) vanta in assoluto la tassazione più bassa tra gli atenei statali, appena 300 euro. Corrispondono al 7% del Fondo di finanziamento statale. Il Politecnico pugliese potrebbe esigere dagli iscritti tre volte tanto di tasse. Per il rettore Salvatore Marzano è un vanto. «Stringeremo la cintura fino a quando potremo — afferma — . Abbiamo scelto di non gravare sulle famiglie. I servizi che offriamo comunque sono dignitosi». «Lo scorso anno abbiamo chiesto un aumento di 60 euro ai nostri studenti — aggiunge il rettore —. C’è stata una protesta e ci siamo fermati a 30 euro. Riconosco che li abbiamo abituati male».
Nessuna protesta nell’altro Politecnico, quello di Milano, dove è in vigore la tassazione media più elevata. «Abbiano un ottimo rapporto con gli studenti — dice il rettore Giulio Ballio —. Diamo loro tanti servizi (orientamento, servizio di placement, laboratori didattici, servizi per handicappati) e loro accettano il nostro sistema di tassazione ». «La tassazione — continua Ballio — deve corrispondere alla qualità dei servizi: a questo scopo abbiamo istituito una commissione paritetica formata da rettore, direttore amministrativo, funzionari e studenti con il compito di controllare la qualità dei servizi». Il gettito di tasse del Politecnico di Milano, secondo il ministero dell'Università, supera non di poco l’importo massimo consentito per legge. «Ma i fondi che riceviamo dallo Stato — conclude il rettore Ballio — sono inferiori al dovuto di 40 milioni di euro. I nostri conti sono giusti».