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Corriere-Urbino, ateneo statale: retromarcia del ministro

Lettera aperta di 1.600 accademici e studenti sul futuro della Libera università: salvate la scuola di Carlo Bo Urbino, ateneo statale: retromarcia del ministro La Moratti: prima di diventare p...

05/06/2005
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Corriere della sera

Lettera aperta di 1.600 accademici e studenti sul futuro della Libera università: salvate la scuola di Carlo Bo

Urbino, ateneo statale: retromarcia del ministro

La Moratti: prima di diventare pubblico deve diminuire il passivo. Il rettore: ma i fondi non ci bastano

Statalizzazione sì, no, forse. È di nuovo crisi per la Libera università di Urbino: dopo il voto della Camera, favorevole all'assorbimento nel sistema statale, il dietrofront del ministero. E l'ateneo torna a interrogarsi sul proprio futuro. Il dato di partenza è semplice: i soldi non bastano più. Sono almeno quattro anni che il campus urbinate fa i conti con mutui e bilanci che non tornano. La situazione, per un ateneo non statale e lontano dai grandi centri economici (e quindi dai potenziali finanziatori), si fa difficile. Il corpo accademico, capitanato dal rettore Giovanni Bogliolo, invoca a più riprese l'intervento di Roma. I contributi per le università non statali sono fermi alle quote definite nel 1991: 44 miliardi di vecchie lire l'anno. Non possono bastare, anzi "è un miracolo se ce l'abbiamo fatta finora", dice Bogliolo, "la differenza tra entrate e uscite correnti ormai si attesta sui 20 milioni di euro...". Si tenta la via della legge speciale, senza successo. A gennaio, l'ateneo decide: chiediamo la statalizzazione. La mozione d'appoggio è presentata da un gruppo di parlamentari di centrosinistra. Fu allora, ricorda il rettore, "che intervenne il viceministro Possa: ogni soluzione-tampone è un palliativo, la via maestra è la statalizzazione. Risultato: fu presentata una risoluzione congiunta, primo firmatario Antonio Leone, Forza Italia". Approvata con 370 voti favorevoli su 373, impegnava il Governo "ad esaminare con la massima urgenza la possibilità di trasformazione dell'università di Urbino in università statale". Era il 6 aprile. Per un mese e mezzo, tutto tace. Il 26 maggio, la sorpresa: il ministro Moratti, dagli studi di Punto e a capo , "sconfessa" la Camera. Niente statalizzazione, torna l'ipotesi della legge ad hoc. Gioco fermo, palla al centro.
A Urbino, la sequenza degli eventi lascia un po' perplessi: "È da novembre che chiediamo, con Provincia, Regione e rettore, un incontro con il ministro: ad oggi non c'è niente di definito - sbotta il sindaco Franco Corbucci -. So che in un colloquio con Bogliolo, il capo gabinetto del Miur avrebbe ipotizzato uno stanziamento di 20 milioni per il 2005 e altrettanti per il 2006. Niente di ufficiale. E nel 2006, cosa facciamo?". Letizia Moratti è in viaggio negli Usa, ma dal Ministero fanno sapere che "l'incontro si farà, nei prossimi giorni". Quanto al dietrofront, da Viale Trastevere ribattono: "Serve un piano di rientro, l'ateneo ha un passivo altissimo". E poi, "gli enti locali tengono all'autonomia dell'università". "Non capisco cosa vuol dire piano di rientro: che deve bastare quello che abbiamo? - replica Bogliolo -. Dire che la città è contraria è esagerato, chi si oppone difende una realtà che non esiste più: tutti gli atenei sono ugualmente autonomi dal 1990. Lo stesso anno in cui Carlo Bo, nostro rettore per 54 anni, propose per la prima volta la statalizzazione. Allora il consiglio d'amministrazione la bocciò: oggi i voti contro sono stati due, con una sola astensione in senato".
Intanto, sul sito del campus ( www.uniurb.it ) c'è una "lettera aperta per il futuro dell'università di Urbino". Le firme sono quasi 1.600. Giovanni Conso, presidente dell'Accademia dei Lincei. Il genetista Dallapiccola, il filosofo Bodei. Ilvo Diamanti, Barbara Ensoli, Giulio Giorello. L'economista Sylos Labini, l'ex ministro Treu. Adesioni da Parigi, Mosca, New York, Pechino. "Io sono ottimista - conclude Bogliolo -: mi sembra che da parte del ministero ci sia una disponibilità cui diamo fiducia. Quello che chiediamo ora è una soluzione non solo temporanea ma strutturale, su cui fondare il futuro dell'ateneo".

Gabriela Jacomella