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Corsa ai vaccini e Dad al 50%

Verso le nuove misure, preoccupa la diffusione delle varianti Covid anche tra i più piccoli

23/02/2021
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ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi e Emanuela Micucci

Accelerare sulla campagna vaccinale per il personale docente, dare priorità alla scuola nei tamponi, prevedendo anche presidi territoriali ad hoc. Sono le prime linee guida della politica scolastica sanitaria che stanno emergendo in queste ore dalle interlocuzioni del neo ministro dell'istruzione, Patrizio Bianchi, con Cts e Iss. A preoccupare i tecnici sono soprattutto le varianti Covid che hanno una diffusione più alta tra i giovani e anche i più piccoli, quella fascia di età 0-9 anni che finora aveva proseguito con la didattica in presenza nella maggior parte delle regioni. Le interlocuzioni di questi giorni dovranno portare all'adozione del nuovo decreto che dovrà disciplinare dal 5 marzo prossimo, dopo le ultime rilevazioni dell'Istituto superiore di sanità, l'eventuale ritorno in presenza. Un ritorno che in verità pare essere destinato ormai a tramontare definitivamente per quest'anno, la proroga di una didattica in presenza al massimo per il 50% pare la soluzione probabile, non escluse misure più stringenti, con la Dad al 100% anche per la primaria, se la curva epidemiologica dovesse continuare a salire.

La chiusura per un mese, come richiesto anche dal presidente dell'Aifa, Giorgio Palù, così da mettere in sicurezza una fetta sempre più ampia di popolazione con la vaccinazione, pare destinata a tramontare, non solo per la contrarietà di alcuni partiti, Lega in testa, ma anche per la scarsa capacità vaccinale delle regioni: se è vero che le case farmaceutiche stanno tagliando le forniture è anche vero che rispetto alle dosi disponibili le regioni nella maggior parte dei casi vaccinano poco.

La Lombardia, per esempio, ha ricevuto 90 mila dosi di Astrazeneca, ne ha usate 16 mila. Fa meglio il Lazio, che ha usato però il 40% dei sieri arrivati. Bianchi ha posto la necessità di una vaccinazione in tempi rapidi e di massa del personale scolastico come condizione essenziale per il sistema.

Intanto che si sanano gli errori della macchina vaccinale, tra le regioni è prevalsa la linea dell'assessore regionale alla salute della regione Lazio Alessio D'Amato. Nel documento della Conferenza delle regioni con le proposte per i prossimi provvedimenti del governo Draghi sulle misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, approvato domenica, si sottolinea la necessità che «ogni regione sia messa nelle condizioni di poter garantire la vaccinazione ai propri insegnanti residenti e assistiti, indipendentemente dalla regione in cui prestano servizio». Migliaia di insegnanti e presidi residenti fuori regione ma in servizio nelle scuole del Lazio, 10 mila solo quelli provenienti dalla Campania, non possono vaccinarsi nel territorio dove lavorano perché la Regione vaccina solo i lavoratori che appartengo alle proprie Asl. In pratica, possono essere vaccinati i non residenti a patto che abbiano attivato il domicilio sanitario temporaneo e quindi siano assistiti da un medico di base del Servizio sanitario regionale del Lazio. Nessun vaccino, in caso contrario, per i docenti pendolari provenienti da Abruzzo e Campania o per i supplenti residenti in altre regioni, come la Puglia. «Siamo pronti anche a vaccinare il personale scolastico che lavora nella regione ma è residente in altre regioni ad un'unica condizione», precisa D'Amato, «ci devono dare le dosi necessarie, poiché oggi la ripartizione dei vaccini è fatta esclusivamente per il numero dei residenti. Non possiamo minimamente danneggiare il personale residente nella nostra regione».