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Cortei in 70 città e paesi "Ci riprendiamo il futuro"

Nella giornata del diritto allo studio, 200mila giovani in piazza in tutta Italia. Colpisce la partecipazione del Sud. Contro la riforma Gelmini, ma anche contro la precarietà. Il ministro: "I soliti vecchi slogan"

17/11/2010
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la Repubblica

di CORRADO ZUNINO

ROMA - Alle dieci e trenta della mattina è partito il primo corteo: da Piazza Barberini, centro di Roma. Nel pomeriggio inoltrato l'ultimo, da piazza Caricamento, nella Genova che s'affaccia sul porto. In tutta Italia settanta tra città e paesi, perché la protesta anti-Gelmini è penetrata in profondità anche in provincia, si sono messi in moto sotto lo stesso titolo: "Ci riprendiamo il nostro futuro". Giornata del diritto allo studio, l'hanno chiamata. Rimanda la memoria degli studenti agli eccidi dei 17 novembre del Novecento: i nove ragazzi uccisi a Praga dai nazisti nel 1939, i carri armati dei colonnelli greci al Politecnico di Atene nel 1973, la rivolta - ancora a Praga - nel 1989.

Stesi sui sampietrini o annebbiati dai fumogeni che via via accendevano, i ragazzi italiani hanno cercato solidarietà attiva con i coetanei di Parigi, in piazza nelle scorse settimane contro il governo Sarkozy. E con i cinquantamila che, sorprendentemente, hanno attraversato Londra 1 contro i tagli di James Cameron. Ma ancora una volta la protesta nel nostro paese ha mostrato dimensioni proprie, un'organizzazione strutturale, una diffusione unica al mondo: duecentomila a sfilare, secondo una stima generosa ma attendibile fatta dagli stessi studenti medi. E un'impressionante varietà di bandiere, slogan, ciclostili per una protesta che non trova la visibilità dell'ultima Onda, ma mostra una tenuta stagna: sono quasi tre mesi che procede senza segni di resa.

Le scuole superiori di Genova e Trieste sono ormai per metà occupate, se ne aggiunge una nuova ogni ora. Ieri sono state prese in consegna due facoltà a Catania, Lettere e Lingue, più un paio di licei romani. In Toscana - a Empoli, a Pisa e Livorno, a Siena, ad Arezzo - la protesta ha saldato scolari, professori, presidi. Colpisce, a questo giro di manifestazioni, la partecipazione del Sud. La Sicilia ha visto sfilare cortei in nove città. E poi i reading in piazza, le lezioni a cielo aperto, i concerti si sono allargati nei centri minori. A Vittoria, in provincia di Ragusa, a Oristano in Sardegna, a Sora nel Lazio. A Gravina, Altamura e Monopoli, tre centri nel Barese. Presenti anche gli studenti dell'Aquila.   

Camioncini con il sound system hanno dettato i tempi agli slogan: "Noi la crisi non la paghiamo" e "Non saremo mai come ci volete". Con la consapevolezza, espressa dagli striscioni, della tenuta fragile dell'esecutivo Berlusconi-Gelmini: "Governo precario, generazione di precari: vediamo chi cade". I riferimenti al "bunga bunga" nella piazza della conoscenza hanno trovato nuove declinazioni. "Oggi non lavoro, oggi non mi vesto: resto nudo e manifesto".

Tensioni ad Ancona, Pisa, Palermo. Bloccati per alcune ore i binari a Torino, stazione di Porta Nuova. E sempre a Torino nel primo pomeriggio in tremila sono passati a occupare Palazzo Campana, sede della Facoltà di matematica: iniziò qui il '68 cittadino. A Milano alcuni incappucciati hanno spaccato la vetrina di una banca e, ancora a Palermo, uova contro il Banco di Sicilia. A Cagliari i quattrocento studenti si sono mescolati con i pastori in rivolta.

E sì, gli studenti della Generazione P (sta per precaria) hanno scelto di fondere le loro paure e la loro ribellione con gli operai della Fiom, i movimenti per l'acqua pubblica, i No Tav e i No Dal Molin di tutta Italia. Il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini li liquida: "I soliti vecchi slogan". Ma oggi deve portare alla Camera un decreto sull'università reso più debole da tre mesi di conflitti.