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Costo standard: una rivoluzione nei finanziamenti agli atenei

Esso è garantito agli atenei appunto solo in relazione agli studenti in corso, definiti come gli studenti regolarmente iscritti nell’Ateneo da un numero di anni complessivi non superiore alla durata normale del corso frequentato

31/12/2014
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COSTO STANDARD: UNA RIVOLUZIONE NEI FINANZIAMENTI AGLI ATENEI

Caterina Chiocchetta

Il Costo Standard per studente in corso è il nuovo metodo di ripartizione dei finanziamenti alle università statali, introdotto dalla riforma Gelmini (legge 240/2010) e adottato per la prima volta quest’anno [1] per allocare una percentuale pari al 20% della quota base del Fondo di Finanziamento Ordinario.

Esso è garantito agli atenei appunto solo in relazione agli studenti in corso, definiti come gli studenti regolarmente iscritti nell’Ateneo da un numero di anni complessivi non superiore alla durata normale del corso frequentato (peso pari a 1), mentre gli studenti iscritti part-time sono considerati in relazione alla maggiore durata normale del loro percorso e con peso pari a 0,5 [2].

Il calcolo del costo standard tiene conto di cinque fattori.

Il primo di questi (a) è relativo alle Attività didattiche e di ricerca, in termini di dotazione di personale docente e ricercatore destinato alla formazione dello studente. Per calcolarlo è necessario prendere in considerazione sia il costo del personale docente – riferito alla numerosità standard di Professori di I e II fascia e di ricercatori, calcolato in riferimento al costo medio caratteristico dello specifico ateneo del Professore di I fascia – che il costo della docenza a contratto, riferito alle ore di didattica integrativa aggiuntiva pari al 30% del monte ore di didattica standard attribuito alla docenza (120 ore per i professori + 60 ore per i ricercatori ) – calcolato rispetto a un costo orario di riferimento uniforme a livello nazionale fissato per il triennio 2014 – 2016 in € 100,00 lordo dipendente, pari a un costo orario standard di € 132,7 comprensivo degli oneri a carico dell’ateneo.

Calcolo del fattore a:

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Il secondo fattore (b) è dato dai Servizi didattici, organizzativi e strumentali, compresa la dotazione di personale tecnico amministrativo, finalizzati ad assicurare adeguati servizi di supporto alla formazione dello studente. Il costo standard di tali servizi è fissato al 37,5% del costo medio caratteristico di ateneo del Professore di I fascia moltiplicato per la dotazione di docenza.

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Il terzo fattore (c) è invece riferito alla dotazione infrastrutturale, di funzionamento e di gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio dei diversi ambiti disciplinari.

Questo parametro tiene conto di alcune spese fisse dell’ateneo (calcolate sulla base di molti parametri, ad esempio utenze, telefonia, spese postali, ecc.), stimate in 2.053.582 euro, ma anche della numerosità effettiva degli studenti nei corsi e dalle tipologie di tali studenti.

Le aree disciplinari infatti sono divise in tre categorie a ciascuna delle quali è attribuito un costo per studente differente: area A (medico-sanitaria) = 4.091 euro, area B (scientifico-tecnologica) = 1.669 euro , area C (umanistico-sociale) = 570 euro.

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ove r, s, t sono i pesi in termini di costo rispettivamente per gli studenti di area  A, B, C, mentre c’ rappresenta le spese fisse.

Il quarto fattore (d) è riferito ad ulteriori voci di costo finalizzate a qualificare gli standard di riferimento e commisurate alla tipologia degli ambiti disciplinari.

Esso prende in considerazione:

1) Il numero di collaboratori ed esperti linguistici a tempo determinato e a tempo indeterminato;

2) il numero di figure specialistiche nelle classi di laurea magistrale a ciclo unico di Scienze della formazione primaria e di Conservazione e restauro dei beni culturali, nel numero di 5 per corso in rapporto alle numerosità di riferimento delle relative classi

3) il numero di tutors per i corsi di studio a distanza, nel numero di 3 per i corsi di laurea, 2 per ii corsi di laurea magistrale e 5 per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico in rapporto alle numerosità di riferimento delle relative classi.

Per tutte queste categorie ad ogni unità di personale è attribuito un costo medio pari al 10% del costo medio caratteristico di sistema 1 Professore di I fascia.

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Perequazione del costo standard (fattore k)

Al fine di tenere conto dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui ogni Università si trova ad operare, viene aggiunto un importo di natura perequativa, identico per tutte le Università aventi sede nella medesima Regione, parametrato alla diversa capacità contributiva per studente della Regione ove ha sede l’Ateneo, sulla base del reddito familiare medio rilevato dall’ISTAT.

Tale importo corrisponde alla differenza tra il contributo standard regionale massimo (Rmax x g) e il contributo standard per la regione R x g) in questione ove R è il reddito procapite medio e g è un coefficiente di valore 0.032 e rappresenta l’aliquota media nazionale ed è calcolato come rapporto tra contribuzione media degli studenti in corso e reddito medio calcolati su base nazionale.

Qui sotto il calcolo e la tabella:

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Ad esempio l’intervento perequativo nel Lazio è pari a 67 euro (= 1.099 – 1032), che andrà a sommarsi al costo standard.

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Una vera rivoluzione nel metodo di finanziamento

L’intento proferito dal Ministro è quello di eliminare la spesa storica, verso una ripartizione dei fondi che tenga conto delle effettive spese degli atenei. Restano però alcuni dubbi, espressi anche nel comunicato pubblicato da LINK – Coordinamento Universitario all’uscita del decreto.

Il primo riguarda certamente l’esclusione dei fuoricorso dal totale di studenti per cui l’ateneo riceverà i finanziamenti: infatti, come sopra specificato, il parametro ‘Costo standard per studente in corso’ si riferisce solo a coloro che sono entro la normale durata del corso di studi. Possiamo chiederci quali conseguenze avrà questo provvedimento sulle condizioni degli studenti non regolari poiché, se è vero che lo studente fuoricorso non usufruisce di tutti servizi al pari degli studenti regolari, attribuirgli un peso nullo implica che i costi di tale studente diventano esclusivamente a carico dell’ateneo. Se l’intento è quello di ridurre il numero di fuoricorso penalizzando quegli atenei che ne hanno un gran numero, il MIUR deve però tenere conto del fatto che negli anni passati sono stati forniti ampi margini agli atenei per rivalersi dei mancati finanziamenti proprio sugli studenti non regolari (ad esempio, nell’art. 7 comma 42 del d.l. 95/2012, modificato dal d.l. 135/2012 – la c.d. Spending Review del governo Monti – è stato abolito per loro ogni limite alla tassazione) producendo un meccanismo a cascata per cui la punizione inflitta all’ateneo si scarica totalmente sullo studente. Si potrebbe suggerire di conteggiare tali studenti con un peso ridotto rispetto all’unità, come avviene ad esempio per gli studenti part – time.

Questo non è l’unico aspetto critico di tale decreto. Ci si chiede infatti che effetti possa avere sulle nuove assunzioni e sui livelli stipendiali dei professori di prima fascia. Molti dei parametri adottati infatti fanno riferimento al costo medio del professore di prima fascia caratteristico di ciascun ateneo.

E’ evidente che alle università converrà quindi avere dei professori di prima fascia ben pagati per ricevere più finanziamenti. Da questa considerazione nascono alcune domande che per il momento restano aperte: come influirà il Costo Standard sulla gestione delle risorse da parte degli atenei? Favorirà un efficace turn-over tra i giovani docenti?

Infine, si vuole provare a fare una valutazione dell’impatto del nuovo meccanismo sui futuri finanziamenti. Come sappiamo, il costo standard entrerà a regime nel 2018, quando rappresenterà il totale della quota base. Qui sotto una tabella che prova a dare un’idea di come cambieranno i finanziamenti alle università.

NB: Ovviamente questa tabella è solamente indicativa, dal momento che in essa non si è tenuto conto dei 32mln di tagli all’FFO previsti dalla Legge di stabilità per ogni anno dal 2015 al 2018, e del fatto che in tale anno la quota premiale sarà a regime (cioè il 30% del finanziamento totale).

 Simulazione Effetti del Costo Standard FFO2014


Alcune brevi considerazioni

chips pokerDalla tabella emerge che alcuni atenei perderanno molto del loro finanziamento (con punte del 25% ad esempio a Siena). Molti, anche se ad onor del vero non tutti, tra gli atenei in perdita si concentrano nel Centro–Sud: Sassari, Cagliari, Messina, Macerata, Palermo sono alcuni esempi. Con una valutazione superficiale, si potrebbe dire che i fondi che si stanno tagliando a questi atenei non corrispondono a loro effettive esigenze di spesa, e che quindi questo decurtamento non dovrebbe causare loro danni reali a patto che essi siano in grado di riorganizzare le proprie risorse.

La riflessione da attuare è però più ampia. Negli ultimi anni gli stravolgimenti in materia di finanziamenti all’università sono stati di grossa portata. L’inserimento di un meccanismo di premialità – i cui indicatori tra l’altro cambiano ogni anno, impedendo quindi una reale programmazione degli atenei – il cui peso aumenta sempre più velocemente rischia di sommarsi con conseguenze drammatiche al nuovo provvedimento sul Costo Standard. Molti atenei potrebbero subire un taglio dei fondi eccessivo rispetto alle possibilità di riorganizzazione in tempi brevi della propria struttura. Senza contare che il parametro a sulla dotazione di personale docente non tiene conto del pesantissimo blocco del turn over che ha colpito in modo molto difforme gli atenei.

Un taglio delle risorse statali in parecchi casi superiore al 10% porterà alcuni atenei a dover effettuare un notevole contrazione dell’offerta formativa. L’inserimento del Costo Standard non condurrà semplicemente alla ‘buona gestione’ dei finanziamenti, ma comporterebbe la scelta di ridimensionare notevolmente gli atenei a bassa attrattività oppure quelli che non hanno saputo organizzare ‘adeguatamente’ le loro risorse. Ma allora viene spontaneo chiedersi: possiamo davvero permetterci di disinvestire così pesantemente in alcuni atenei? Forse sarebbe il caso di valutare più attentamente ciò che se ne produrrebbe in termini di impatto sociale e culturale sia per gli studenti che li frequentano sia per il territorio in cui sono inseriti.

[1] Tramite il decreto interministeriale 893/2014.

[2] Il riferimento alla ‘maggiore durata normale del loro percorso‘ risulta ambiguo: come verranno considerate le carriere miste? Infatti lo studente può decidere, durante la propria carriera accademica, di cambiare il suo status di studente full-time in quello di studente parttime e viceversa. Dalla lettera della legge non si evince con chiarezza come considerare i casi limite come, ad esempio, quello di uno studente di laurea “triennale” che, dopo tre anni di iscrizione full-time, decidesse di riscriversi per un quarto anno ma con modalità part-time: è da considerarsi fuoricorso, in quanto ha già svolto tre anni di iscrizione full-time, oppure in corso, in quanto la ‘maggiore durata normale del suo percorso’ corrisponderebbe a sei anni? Nel caso in cui l’interpretazione corretta fosse la seconda, per le università potrebbe diventare conveniente spingere gli studenti fuoricorso verso un iscrizione parttime per ricevere almeno il 50% del finanziamento corrispondente.