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Cristian a scuola con l’avvocato a 11 anni vince la sfida col preside

L’ordine di servizio del direttore generale dell’Ufficio scolastico della Toscana sta per partire: imporrà al preside riluttante di portare la classe a ventiquattro alunni

20/09/2016
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la Repubblica

Corrado Zunino

DAL NOSTRO INVIATO
VILLAFRANCA (MASSA CARRARA).
«Quel ragazzo deve essere iscritto alla I media di Villafranca in Lunigiana. Senza indugi». Il preside Roberto Cecchi, dirigente scolastico vicino alla pensione, deve cedere: Cristian (nome di fantasia), 11 anni, entrerà nella I A, sezione unica, dell’Istituto comprensivo Flavio Torello Baracchini. Succederà a ore. La relazione degli ispettori regionali del Miur, che ha certificato il bisogno di famiglia e intimato l’iscrizione, è stata stesa venerdì scorso, ieri l’ha letta il ministro Stefania Giannini. L’ordine di servizio del direttore generale dell’Ufficio scolastico della Toscana sta per partire: imporrà al preside riluttante di portare la classe a ventiquattro alunni e accogliere, così, il ragazzino che ha passato il fine settimana a piangere a casa.
Sì. Cristian, padre camionista, madre con lavori saltuari, una sorella di 19 anni, giovedì scorso aveva aperto l’anno scolastico insieme agli amici, in aula. Aveva ricevuto una pacca sulla spalla proprio dal preside, una sorta di invito a prendere bene l’anno dopo la brutta bocciatura rimediata a giugno in una scuola nella Garfagnana. Ma la segreteria, quel giovedì, già aveva deciso di respingere l’iscrizione del ragazzo: non c’è più spazio. «La legge non perdona», aveva spiegato il preside, alla fine, ai genitori, dopo averli lasciati ore in attesa. «Abbiamo un alunno disabile, in aula non possono esserci più di venti studenti». Citava a memoria commi, il preside Cecchi, anche se gli alunni della I, in verità, erano già saliti a 23: «Se arrivasse Cristian pregiudicheremmo il rendimento degli altri. Dovrei sdoppiare la sezione, ma non ho i soldi. Mi dispiace, il ragazzo deve tornare in Garfagnana o cercare alloggio in una scuola nei dintorni, a Barbaresco, ad Aulla, a Licciana ». Per Barbaresco, che è a due chilometri da Fornoli, la frazione di Villafranca dove Cristian vive con la famiglia, non c’è scuolabus. E così per Aulla, sei chilometri lontano. Un pullman ci sarebbe per Licciana, ma sono 30 chilometri andare e tornare. «Perché mio figlio non può iscriversi alla scuola pubblica più vicina? », ha chiesto la madre. «Mio marito esce di casa alle 4 di mattina, io faccio lavori in nero, mi possono chiamare all’alba, il pomeriggio. L’orario scolastico di un ragazzo di 11 anni non può dipendere dai nostri impegni, restare incerto».
Dopo la seconda elementare, il ragazzo è stato affidato ai nonni, a Piazza al Serchio, altra provincia, Lucca. L’anno scorso ha fatto la prima media svogliatamente e ci ha rimesso l’anno. «Andavo male in tutte le materie », sorride lui nei suoi pantaloncini giallo fosforescenti. «Ho pensato di riavvicinarlo a me, ho cercato impieghi part time», dice la madre, «poi il preside di Villafranca si è messo di punta e in casa abbiamo smesso di mangiare. Ho pensato che quello del dirigente scolastico fosse un capriccio».
Il dirigente Roberto Cecchi, che ieri si è chiuso nel suo ufficio al piano terra e ha chiuso la bocca a tutti i collaboratori, ha una ricca storia di conflitti in questa scuola e in vallata. L’ultimo, lo scorso Natale, quando impedì ai genitori delle elementari della Baracchini di vedere la recita dei figli prima delle feste. Questioni di privacy, di fotocamere che avrebbero ripreso il compagnuccio a fianco. Si rischiò la rivolta, ma il dirigente aveva già fatto saltare cineforum, teatro, le uscite da scuola, persino i colloqui docenti- genitori. In precedenza, in due istituti non lontani da Villafranca, il professor Cecchi prima non permise una raccolta fondi in favore di Telethon, poi affrontò (e perse) un ricorso al Tar per divergenze con il Consiglio di istituto.
«È un uomo gentile, irremovibile e burocratico», racconta l’avvocato Raffaella Lornia, che ieri mattina ha provato, con la madre di Cristian, a farlo entrare in classe. Aveva già depositato una denuncia ai carabinieri e annunciato ricorso al Tar: «Io non lo iscrivo», aveva risposto il preside, «a meno che qualcuno non me lo imponga». La storia è finita sui giornali (un 11enne, la scuola dell’obbligo), è arrivata al ministro. E, di rimbalzo, l’imposizione: «Cristian deve studiare dove chiedono i suoi genitori». È finito un incubo, dice ora la madre, abbracciando il figlio più alto di lei.