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Da dove verranno i nuovi tagli per l'istruzione?

una riflessione sul fatto che il governo presenti in questi giorni in Parlamento una manovra economica, che riguarda ancora una volta nuove riduzioni per l’istruzione, senza che sino ad oggi sia stato oggetto di adeguate valutazioni il contenuto in materia del DEF 2011

02/07/2011
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Osvaldo Roman

Credo che sia necessario avviare una riflessione sul fatto che il governo presenti in questi giorni in Parlamento una manovra economica, che riguarda ancora una volta nuove riduzioni per l’istruzione, senza che sino ad oggi sia stato oggetto di adeguate valutazioni il contenuto in materia del DEF 2011.Con questo documento il Governo Berlusconi si era già proposto di ridurre la spesa in materia d’Istruzione e di Università portandola, nel 2015, dal 4,2% del 2010 al 3,7 %, del PIL. Si tratta di una riduzione strutturale della spesa nel settore, che riguarda i bilanci del MIUR e degli Enti locali, di quasi 8 miliardi di euro. Poiché, dei 4.651 milioni, a regime nel 2012, derivanti dai tagli sugli organici previsti dalla finanziaria 2007 e dall’art.64 della legge 133/2008, nel 2010 erano stati conseguiti strutturalmente 2.809 milioni, i residui 1.752 si conseguono nel 2011 e nel 2012. Risulta così che la prevista riduzione di 8 miliardi della spesa necessita di un nuova taglio di 6.248 milioni. Questa è l’entità della riduzione strutturale della spesa per l’istruzione, che il governo Berlusconi si ripropone di realizzare dal 2013 al 2015, in barba alle medesime Direttive europee in materia di sviluppo-capitale umano approvate anche dal nostro Parlamento. Nel PNR non è assolutamente previsto come realizzare tale taglio. Finora si è tentato di nasconderlo ma è molto evidente che esso non potrà che derivare dalle retribuzioni del personale a cominciare dall’effetto che determinerà nei futuri bilanci la soppressione del triennio di servizio 2010- 12 di un milione di dipendenti della scuola Con la manovra in atto si continua a tenere in ombra il problema si cerca di introdurre un primo intervento strutturale (obbligo di accorpamento negli istituti comprensivi) già nel 2012 prefigurando quelli successivi che dovranno essere gestiti dal nuovo governo. Vedremo in un’altra occasione cosa significano, nel loro insieme, i nuovi tagli previsti dalla manovra estiva 2011, ma non si può al riguardo ignorare quello che è già previsto dalla legislazione in atto e che attende solo di essere attuato. Esaminiamolo con un minimo di informazioni: 
• la legge n. 122 del 2010, art.9- comma 23, ha cancellato, per circa un milione di dipendenti, docenti ed ATA, la validità giuridica ai fini della carriera economica degli anni di servizio 2010,2011,2012; la relazione tecnica al disegno di legge di trasformazione del decreto legge n.78/10 quantificava in 18,7 miliardi di euro tali tagli per i successivi quaranta anni;

• le modifiche introdotte dal governo al comma 23 nel corso della
conversione parlamentare del Decreto non hanno cambiato tale
contenuto normativo limitandosi a indicare una copertura finanziaria
già in bilancio(il 30% dei tagli derivanti dalla riduzione degli
organici inizialmente destinato al merito) al fine di garantire il solo
trattamento economico derivante dagli scatti maturati nel triennio;
• a tale bisogna, per l’anno 2011,(con i fondi immessi nel bilancio
2010) ha provveduto il D.I. n 3 del 14 gennaio 2011;
• il governo non mai confermato ufficialmente quanto sostenuto dalle
organizzazioni sindacali “più responsabili” che hanno condiviso
tali scelte riguardo al fatto che tale cancellazione giuridica sarebbe
stata progressivamente rimossa dai Decreti ministeriali che per quei
tre anni saranno chiamati, consentendolo le disponibilità indicate, a
retribuire gli scatti maturati.
• nella Decisione di finanza pubblica 2011-13 tali tagli, indicati
rispettivamente alla Tabella 2.10 in 320, 640, 960 milioni di euro,
risultavano come componenti del saldo primario;
• risulta significativa al riguardo la conferma, riportata nel DEF 2011,
che i tagli apportati dal comma 23 dell’art.9 della legge 122/2010
effettivamente incidono sul saldo primario, come riportato nella
Tavola VI.I della medesima Sezione I, : per 418 milioni di cui 320
della scuola nel 2011, per 812 mln (640) nel 2012, per 1124mln
(960) nel 2013;
• sempre nel DEF 2011 il valore degli investimenti per l’istruzione
rispetto al Pil, calcolato il 4,2% nel 2010 è destinato a scendere al
3,7% nel 2015 e al 3,5% del 2030;
• sicuramente tali tagli alle retribuzioni dei docenti e degli ATA
uniti a quelle che i regolamenti adottati come schemi (ma ancora
non resi noti) dal Consiglio dei ministri lo scorso 5 maggio stanno
preparando per i docenti e i ricercatori universitari, contribuiranno
in maniera sostanziosa e analoga (scatti triennali anziché biennali e
valutazioni del merito a cui legare le retribuzioni riservate ai “nuovi”
ma aperte alle adesioni volontarie dei “vecchi”) al conseguimento

dell’ obiettivo della riduzione della spesa per l’istruzione.
 
A me pare che una riflessione che derivi da una lettura complessiva delle
misure di riforma illustrate all’Europa nella griglia allegata al PNR non
consenta di individuare gli strumenti e le modalità di tale prelievo. Infatti
tale griglia propone i seguenti elementi:
1)la misura n° 43 collocata nella macroarea innovazione e capitale
umano viene presentata come Riforma della scuola;
2) la misura n°44 riguarda i modesti fondi aggiuntivi per l’Università
stanziati prevalentemente dalla legge 220/2010 non sono indicati i
tagli che pure potrebbero determinarsi con la mancata riassegnazione
dei risparmi realizzati con la riforma delle carriere economiche di
tutti i docenti e dei ricercatori;
3) le misure n° 44-45-46-47-48-49-52-53-54 riguardano come
innovazione e capitale umano varie misure su Ricerca e Università;
4) la misura n.58 nell’area innovazione capitale umano sono destinati
all’istruzione 4,3 miliardi di Fondi strutturali;
5) la misure n° 75 riguarda il Fondo per il merito di cui all’art.4 della
legge 240/10: non sono previsti stanziamenti statali;
6)la misura n° 84 sempre nella macro area Innovazione capitale
umano come misura destinata a migliorare il capitale umano(sic!)
per prevenire “l’abbandono scolastico” e per rendere “il lavoro più
attraente” si prevede un programma di rafforzamento infrastrutturale
dell’edilizia scolastica. Si tratta di un programma che non prevede
spese statali. Volontariamente attuabile(?) dagli enti locali. Non
vengono specificati i soggetti attuatori!
Come si è visto con questo programma nazionale di riforme non si spiega
assolutamente come si potrà ridurre al 2015 la spesa strutturale per
l’istruzione di altri 6.248 milioni.
E tale obiettivo non risulta neppure conseguibile, stando a a una prima
valutazione, delle misure previste nel Decreto approvato a fine giugno dal
Consiglio dei ministri.
Infatti la proroga del blocco delle retribuzioni fino al 2014, di cui si parla
nella manovra finanziaria in corso di definizione, non rappresenterebbe un
taglio strutturale della spesa a meno che non si voglia renderla permanente
unitamente a quelle che derivano dalle modificazioni della carriera
economica del personale della scuola e dell’Università di cui si è trattato
dianzi. Degli altri tagli previsti nella manovra, da esaminare con attenzione, forse
potranno avere un carattere strutturale solo quelli legati alla riduzione del
numero di dirigenti scolastici che si potrà ottenere con l’accorpamento
coatto negli istituti comprensivi e con l’aumento del numero degli studenti
necessario per garantire l’autonomia dei medesimi.
Per fare un calcolo preciso occorrerà nei prossimi giorni valutare la
relazione tecnica che accompagna il Decreto legge per ora si può segnalare
che tale materia riguarda la razionalizzazione della rete scolastica e che
essa rappresenta una competenza legislativa delle Regioni. Quindi la
norma proposta dal Governo é chiaramente incostituzionale. Ma già il
primo comma dell’art 1 del D:P:R. 81 del 3 luglio2009 lo è in quanto
in contrasto con quanto stabilito in materia dalla sentenza n°200/2009
della Corte Costituzionale. Questa disposizione resta in piedi solo perché
il Consiglio di Stato non ha voluto esaminare il ricorso proposto dal
CIDI, dal CGD e dal 126° Circolo didattico di Roma che ne richiedeva
l’abrogazione. Se il Governo insiste si potrà tornare sull’argomento anche
in sede giudiziaria.