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Dal contratto al precariato, l'agenda del nuovo ministro

Le priorità aggravate dall'emergenza sanitaria

09/02/2021
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ItaliaOggi

Marco Nobilio

Rinnovo del contratto, precariato, mobilità. Sono queste le questioni più spinose con cui il nuovo ministro dell'istruzione dovrà fare i conti con l'aggravante dell'emergenza sanitaria ancora in corso.

Il contratto della scuola attende di essere rinnovato dal 2018. I fondi, per quanto esigui, sono già disponibili. L'articolo 1, comma 436, della legge 145/2018 prevede, infatti, uno stanziamento di 1.100 milioni di euro per l'anno 2019, 1.750 milioni di euro per l'anno 2020 e 3.375 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. A ciò si aggiunge un ulteriore stanziamento di 400 milioni di euro previsto dalla legge di bilancio di quest'anno. Che vanno ad impinguare la dotazione finanziaria dal 2021 in poi. Quindi, la somma a regime dovrebbe essere pari a 3.775 milioni di euro. Considerato che i dipendenti pubblici, secondo le rilevazioni Istat del 2018 (le più recenti disponibili) sono 3.342.816, i fondi consentono incrementi retributivi medi di 1.129 euro l'anno a testa. L'importo, però, è al lordo delle trattenute fiscali e previdenziali (cosiddetto lordo stato).

Per arrivare alla cifra netta bisogna togliere circa il 50%. Che è pari, grosso modo, all'importo dei contributi e delle ritenute fiscali. A conti fatti, 40-50 euro in più a testa. Nella scuola gli importi potrebbero essere ancora inferiori. Perché il criterio che viene applicato per la distribuzione degli aumenti consiste nell'applicare una percentuale identica a prescindere dall'importo di partenza delle retribuzioni. E siccome le retribuzioni della scuola sono le più basse del pubblico impiego, ad ogni rinnovo contrattuale la forbice si apre sempre di più e il divario tra qualifiche analoghe nei vari comparti aumenta costantemente. E poi c'è il problema del coordinamento delle disposizioni del contratto del 2007 e del 2018 con le innovazioni legislative introdotte nel corso degli anni. Coordinamento che dovrebbe essere attuato tramite la compilazione di un corposo testo unico delle disposizioni contrattuali che andrebbero attentamente vagliate, una per una, al tavolo negoziale.

Capitolo precariato: attualmente i precari che lavorano nella scuola sono circa 200 mila. Considerato che i posti vuoti sono destinati ad aumentare per effetto dei pensionamenti e che lo svolgimento dei concorsi è fortemente rallentato dall'emergenza sanitaria, è ragionevole ritenere che la situazione dovrà essere affrontata con provvedimenti legislativi anche d'urgenza. A peggiorare ulteriormente la situazione c'è anche la questione della gestione dei licenziamenti a raffica dei supplenti assunti da Gps, che si stanno verificando dall'inizio dell'anno. La particolare complessità della normativa contenuta nell'ordinanza 60/2020 e la novità della disciplina, infatti, hanno indotto molti aspiranti docenti a dichiarare titoli che non erano valutabili. Ma vi sono anche casi in cui le scuole hanno adottato interpretazioni non univoche. E ciò ha contribuito ad accrescere notevolmente il clima di incertezza. A differenza che in passato, infatti, la valutazione delle domande di inclusione nelle Gps non è stata gestita direttamente dagli uffici, ma dalle scuole. Che sono state delegate a questo compito direttamente dagli uffici. Ciò ha determinato una parcellizzazione dei centri di responsabilità. E quindi anche indirizzi interpretativi non univoci.

Ad aggravare la situazione ha contribuito e sta contribuendo, inoltre, la tardività dei controlli che sono stati effettuati e che vengono tuttora operati dalle scuole dopo l'assunzione. Controlli che le istituzioni scolastiche dove «l'aspirante stipula il primo contratto di lavoro nel periodo di vigenza delle graduatorie» dovrebbero effettuare «tempestivamente» Così come previsto dall'articolo 8, comma 7, dell'ordinanza 60/2020.

Mobilità dei docenti di ruolo: è un'altra questione particolarmente delicata. Nel corso degli anni, infatti, il diritto dei docenti di chiedere il ricongiungimento alla famiglia ha subito notevoli restrizioni. Allo stato attuale vigono vincoli che si applicano ai neoimmessi in ruolo e ai docenti che ottengono il trasferimento. Il vincolo che si applica ai docenti neoimmessi in ruolo è quello più contestato ed invasivo. L'articolo 1, comma 17-octies, del decreto-legge 126/2019, convertito con la legge 159/2019 prevede, infatti, che il docente neoimmesso in ruolo possa accedere alla mobilità a domanda e annuale soltanto dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nell'istituzione scolastica di titolarità.

Il vincolo quinquennale, peraltro, si applica anche agli immessi in ruolo nel 2019, sebbene per effetto di un'altra disposizione: l'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 59. E poi c'è il vincolo di permanenza triennale per i docenti che ottengano il trasferimento su preferenza puntuale di scuola. Vincolo preteso dall'amministrazione all'atto della stipula dell'ultimo contratto sulla mobilità (si veda l'articolo 2, comma 2 , del contratto sottoscritto il 6 marzo 2019).


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