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Dazebao.org: I post-fascisti cancellano i partigiani dalle celebrazioni, falsificando la storia

La festa della Liberazione tramutata in qualcosa di commestibile anche per gli eredi di Salò. Montano le proteste contro il manifesto scritto dal presidente della provincia di Salerno Edmondo Cirielli

24/04/2010
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Dazebao.org

di Fulvio Lo Cicero

La festa della Liberazione tramutata in qualcosa di commestibile anche per gli eredi di Salò. Montano le proteste contro il manifesto scritto dal presidente della provincia di Salerno Edmondo Cirielli

ROMA – È la vendetta dei post-fascisti, gli eredi del regime repubblichino di Salò, quello più feroce, che partecipò direttamente alle stragi naziste nell’Italia occupata. Stiamo parlando degli ex missini, quasi tutti oggi al potere in posti di grande responsabilità, la cui fondamentale missione, a parte la gestione di assessorati e ministeri, è ora quella di “riequilibrare la storia italiana”, perché fino a questo momento è stata raccontata soltanto dai “comunisti”.

Stiamo parlando di gente come Edmondo Cirielli, non soltanto presidente della provincia di Salerno ma anche deputato e presidente della Commissione Difesa della Camera (loro sono così, nella bulimia di poltrone che li assalta), il quale, nel manifesto celebrativo del giorno della Liberazione dal nazi-fascismo, ha preferito sottolineare come «la Festa del 25 aprile celebra la riconquista della libertà del popolo italiano. Il riconoscimento dell’impegno, del ruolo svolto dagli italiani che hanno sacrificato la loro vita a fianco degli Alleati è ugualmente presente in maniera centrale come fondativo della nostra nuova Italia». Ecco, gli “italiani”, un generico sostantivo che ne “dimentica” un altro: partigiani e ne spiega anche le ragioni: «La Resistenza era un movimento composito che intruppava anche persone che non combattevano per la libertà e per la democrazia, ma per istaurare una dittatura comunista in Italia».

È a questa gente che gli elettori hanno oggi affidato il compito di ricordare la loro antica e momentanea sconfitta, che però allora sembrava duratura, perché gli italiani trucidati dalla guerra e da un regime vergognoso ritenevano che mai e poi mai la storia sarebbe tornata sui suoi passi. Ed invece è esattamente quello che è successo.

La storia a loro uso e consumo

La Resistenza fu un movimento di popolo, progressista, composto da varie anime, cattolici, socialisti, azionisti, comunisti e anarchici ed aveva una sua precisa connotazione, del tutto peculiare rispetto a quella di altri Paesi. La versione storica contrabbandata da gente come il presidente della provincia salernitana è frutto di cattiva fede e della volontà di sminuire il ruolo della sinistra nella lotta di liberazione, assegnandole soltanto la funzione di fomentatrice di una rivoluzione stalinista. Dimenticandosi (o, più probabilmente, non conoscendo) i precedenti storici, la svolta di Salerno dell’aprile 1944 (in cui Togliatti accettò implicitamente il regime monarchico pur di salvare il Paese dalla catastrofe dell’occupazione nazi-fascista) e le stesse scelte politiche internazionali compiute alla Conferenza di Casablanca (gennaio 1943) e di Yalta (febbraio 1945), i post-fascisti hanno accettato a malincuore di celebrare il 25 aprile (il premier Berlusconi ha partecipato per la prima volta ad una manifestazione soltanto l’anno scorso) ma tutto il popolo italiano ne ha dovuto sopportare il costo: quello di tramutare questa data nella sola celebrazione degli Alleati, perché furono loro i soli veri liberatori, soprattutto dal pericolo comunista. Secondo la visione dei post-fascisti, i partigiani erano soltanto pericolosi assassini, in ciò confortati dalle vergognose “ricostruzioni storiche” di Giampaolo Pansa, con l’unico fine di edificare in Italia la Russia sovietica, esattamente come i partigiani titoisti nella ex Jugoslavia.

Le foibe come i lager nazisti

L’opera di “ricostruzione” riguarda tutto il contesto della seconda guerra mondiale e perfino lo sterminio nazista degli ebrei. Ovviamente, i post-fascisti non possono negare l’Olocausto ed allora riescono a diffondere l’idea che non fu l’unico, invitando a riscrivere i libri di storia. Già, perché oramai sono molti gli studenti delle scuole italiane che si chiedono: “Ma come mai si citano tanto i lager nazisti e non quelli comunisti?”, mescolando tutto e tutti, in quella melassa gelatinosa che serve principalmente a sminuire le terribili colpe dei regimi fascisti. E così si ricordano, giustamente, le foibe, gli anfratti naturali istriani dove furono trucidati migliaia di italiani dai partigiani titoisti e le si eguagliano ad Auschwitz, dimenticando un particolare non da poco: che le foibe furono una diretta conseguenza della truculenta politica di pulizia etnica compiuta da Mussolini con la “nazionalizzazione forzata” dei territori istriani negli anni Trenta e l’aggressione compiuta con i nazisti nel 1941, che determinarono lo sterminio di migliaia di slavi ed anche l’odio successivo dei partigiani di Tito nei confronti degli italiani. Ma per i post-fascisti, l’urgenza è quella di dimostrare che, a metà del Novecento ed anche successivamente, il vero pericolo è ancora il comunismo, esatta immagine speculare del nazismo ed è in questa chiave che si deve leggere, secondo loro, la festa della Liberazione.

Il 25 aprile, festa da adattare alle attuali esigenze

In questo modo, i Cirielli, i La Russa, i Gasparri, i Vittorio Feltri e compagnia, ridanno vigore all’anima perennemente fascista di una parte considerevole della nostra Penisola, mostrando l’esigenza improcrastinabile di ricollocare la festa della Liberazione, amputandola di una sua componente essenziale: quella comunista e socialista, appunto, grazie al cui sacrificio in termini di vite (i partigiani comunisti e socialisti subirono le più pesanti decimazioni durante l’occupazione nazista, soprattutto nel Settentrione, dove costituivano i reparti meglio militarizzati del Cln) si diede modo a quegli stessi personaggi di poter continuare a parlare liberamente e ad editare i loro giornali e a Giampaolo Pansa di diffamare una intera generazione di combattenti per la libertà.

Per fortuna, le giovani generazioni più attente e intelligenti mostrano di non credere, anzi di rifiutare questo infame tentativo e lo dimostra un dato: le iscrizioni all’ Anpi (l’ Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia) sono in continua crescita (110 mila fino ad ora), dopo un periodo di stagnazione. Segno di una rilevante espansione della coscienza civile e della volontà di combattere sempre e comunque il fascismo del passato, del presente e del futuro.