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Dazebao.org: Proteste alla Sapienza: esami in notturna per strada. Frati: ‘A rischio l’anno accademico’

Buio pesto alla Sapienza di Roma. Quello che una volta era tra gli atenei più importanti del vecchio continente adesso rischia di non vedere partire nemmeno il prossimo anno accademico. Già, perché i professori e i presidi (pur non essendo d’accordo su tutto) sono ormai convinti che stanti queste condizioni sarà difficile evitare il blocco della didattica

15/07/2010
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Dazebao.org

di Pasquale Giordano

ROMA - Buio pesto alla Sapienza di Roma. Quello che una volta era tra gli atenei più importanti del vecchio continente adesso rischia di non vedere partire nemmeno il prossimo anno accademico. Già, perché i professori e i presidi (pur non essendo d’accordo su tutto) sono ormai convinti che stanti queste condizioni sarà difficile evitare il blocco della didattica.

La situazione è drammatica, dicono i professori: “un'università indebolita nel finanziamento e negli investimenti da parte dello Stato è destinata a vivere periodi bui e a finire in strada”, quindi per anticipare i tempi e per non farsi trovare impreparati sperimentano: esami per strada e di notte. Davanti alla scalinata della facoltà di Lettere è un via vai di cattedre spostate in cerca di riparo dalla calura sotto le fronde di un albero, un marasma di studenti che sembrano in protesta sulla scalinata, ma che in realtà aspettano pazientemente il loro turno. Tramonta il sole, si accendono i lampioni e le candele. Altra infornata insolita di esami. Alla fine arriva anche il Magnifico Rettore della Sapienza, Luigi Frati. “Sto dalla parte dei ricercatori che lavorano – dice Frati - i ricercatori hanno approvato la mozione sottoscritta in Senato accademico: in una situazione di questo tipo, l'anno accademico non può iniziare”. Si va verso il blocco della didattica e nessuno sembra preoccuparsi degli studenti e di chi (potenzialmente) già a 23 anni è tagliato fuori dal mondo del lavoro se non in possesso almeno della ‘triennale’. Non interessa prima di tutto alla Gelmini che, anzi, dovrà rispondere all’interrogazione parlamentare del senatore del Pdl Elio Massimo Palmizio, deciso a informarsi dell’opinione che il Governo ha dell’“ennesima boutade della casta dei professori”. Piuttosto che capire le ragioni della protesta il pidiellino si preoccupa di sollecitare “al ministero un’attenta azione di vigilanza ed eventuale repressione nei confronti dei docenti che aderiranno”.Intanto i professori e i ricercatori continuano imperterriti nella loro protesta assicurando che: “Sarà impossibile svolgere i normali corsi”. L’indisponibilità dei ricercatori a svolgere attività didattica peggiorerà questa situazione. In loro sostegno, mercoledì 13 luglio, i presidi della Sapienza hanno sottoscritto un documento unitario in cui sostengono la protesta dei ricercatori: “Non è possibile sostenere l’offerta formativa prevista per il prossimo anno accademico – si legge nel documento – con grave danno per gli studenti, per le loro famiglie e per il Paese tutto. Si prevede che nei prossimi anni verranno soppressi numerosi corsi di studio e saranno fortemente ridotte le possibilità di accesso all’università pubblica”.Nella nuova manovra è previsto che, per contenere i costi, ogni cinque docenti che lasciano l’attività ne sarà assunto solo uno. “Il problema più grave - dice il preside di Lettere, Franco Piperno - è la dispersione dei saperi. Se mi viene a mancare un docente di letteratura italiana, ne ho altri venti, ma se mi manca quello di filologia bizantina, o di etnomusicologia, o di cultura copta, queste branche del sapere, fondamentali in una facoltà come la nostra, scompaiono e basta”. “A Lettere - conclude Piperno - abbiamo difficoltà a tenere in piedi i corsi.”L’approvazione del testo della riforma universitaria dovrebbe avvenire in concomitanza all'incerto avvio delle lezioni del prossimo anno accademico. Il testo che sta facendo agitare gli atenei prevede - oltre a una riduzione dei fondi statali (assegnati in base all’opinabile classifica che giudica il grado di efficienza di ogni singolo ateneo) - che ogni tre anni i docenti dovranno presentare una relazione sull'attività svolta. E se il risultato non sarà ritenuto soddisfacente dall'organo di amministrazione dell'ateneo, scatterà il blocco degli scatti di stipendio (e le risorse risparmiate andranno ai docenti più meritevoli). Quanto ai ricercatori, potranno avere al massimo due contratti triennali, dopodiché saranno valutati e solo chi supererà questo passaggio potrà entrare nel ruolo degli insegnanti accademici. In pochi sembrano ragionare sul fatto che in alcune branche della ricerca, contratto di 3 anni + 3 significa non poter portare a termine il proprio progetto. Pia illusione solo sentir parlare di progetti per l’università italiana.