«Diamo fastidio, siamo liberi»
Rivolta contro B. «Ci ha insultati»
ROMA
Orecchie d'asino costruite col cartone, e lo striscione «La scuola è una cosa meravigliosa». Sono i bambini del VII circolo Montessori di Roma, venuti anche loro al sabato della Costituzione, per dire che la scuola non si tocca. La scuola pubblica, che come la loro, ha saputo accogliere al proprio interno anche sperimentazioni pedagogiche innovative. La scuola è anche questo «la scuola di chi la fa tutti i giorni, di chi si sporca le mani e che i politici dovrebbero venire a vedere più spesso». Maria Luisa Sabbatini, professoressa in una terza media romana, è il genere di persona che forse non ti aspetteresti di trovare in una manifestazione che ha come slogan anche «tutti con tutti», che un po' si compiace in un buonismo di veltroniana memoria, che tra il garrire del tricolore cerca di stemperare differenze che pure esistono (per fortuna). La professoressa Sabbatini ha le idee chiarissime, e soprattutto non rappresentate da nessuno al momento in Italia. «Voto a sinistra, ma penso che la sinistra dovrebbe cambiare testa. Via tutti. D'Alema vorrei vederlo in vacanza in barca, Bersani è capace ma ha fatto il suo tempo. I sindacati? Chi ci sta dentro è gente che è scappata dalla scuola. La sinistra dovrebbe riappropriassi della parola meritocrazia. Sì ai test di valutazione, sì a una selezione degli insegnanti in base alla loro professionalità, e che finalmente siano pagati bene. Ma in Italia chi vale dà fastidio». E la presenza della destra in piazza, la stessa destra che ha votato la riforma Gelmini, i taglia della scuola, il finanziamento delle private? «Affar loro. Si facessero un esame di coscienza. Io credo nei valori della Costituzione. Se sono qui per questo pure loro ben venga. Non sono certo io ad essere in imbarazzo». Accidenti. In mano porta una bandiera italiana con scritto «la scuola non ce la Ruby». E' venuta in piazza con qualche sua collega che le dà manforte. Non ha l'aria di essere una grillina e crede fermamente nel valore della scuola pubblica: «Le parole di Berlusconi, sulla scuola che inculca, mi hanno fatto indignare: lo Stato, il governo, il parlamento, devono pretendere una scuola pubblica di qualità che sappia rendere i ragazzi capaci di esprimere liberamente il proprio pensiero». E questo lo può fare «solo la scuola di tutti. Ma la scuola di tutti è la scuola di qualità, o a farsi strada nella vita saranno sempre i figli dei ricchi. La scuola ancora oggi è d'élite. Io sogno di formare l'operaio colto». Lo spirito trasversale, in senso alto, della professoressa Sabattini è lo stesso che si incontra lungo tutta la manifestazione. Cittadini che non sempre scendono in piazza, che difficilmente sono impegnati attivamente in politica, ma che nelle piazze del «Se non ora quando» si riconoscono pienamente. «Per me questa piazza è un'occasione per manifestare il mio pensiero: viaggio molto all'estero e trovo che gli italiani abbiano poco senso civico, poco rispetto delle cose e anche del proprio paese». Mario è uno studente universitario iscritto alla Luiss: «Ma se ho scelto una università privata è soltanto perché penso di poter avere qualche collegamento in più con il mondo del lavoro. Ma tutta la mia formazione l'ho fatta nelle scuole pubbliche, da cui viene la mia cultura e la mia istruzione, un'esperienza meravigliosa che non può essere svilita».
«Senza scuola mi manca la parola», è lo slogan scelto dall'Unità che ha distribuito in piazza adesivi che in tanti si appiccicano sulla schiena, sulle borse e gli zaini. Pochissimi gli striscioni: a manifestare sono venute persone non organizzate, solo per la voglia di esserci, di far vedere l'altra Italia, che ha voglia di un po' di pulizia, di rispetto, di attenzione per le cose concrete. Federica e Marco hanno portato in piazza i loro bimbi, ancora piccoli. Ma sono già preoccupati: «Le classi sono sovraffollate persino nelle scuole materne. Ti dà l'idea che tutto stia cadendo a pezzi e che si faccia appositamente tanto rumore per nulla, per distogliere la tua attenzione». Mara Calgaro indossa un adesivo della Flc-Cgil, il sindacato della scuola, che ha messo molta energia e partecipazione per il C-day. «Sono una zia, e sento continuamente lamentele in famiglia per mio nipote che fa la terza media e che se manca un professore viene praticamente abbandonato perché non ci sono soldi per le supplenze». Anche Mara non è una habituée delle piazze: «Ma "se non ora quando" è uno slogan in cui mi riconosco. Siamo arrivati al limite. Non posso lamentarmi se non faccio nulla». Dal palco vengono scanditi gli articoli della Costituzione. A leggerli sono i ragazzi del liceo Righi che partecipano a un gruppo su legalità e Costituzione. E che ieri mattina, poche ore prima della manifestazione, insieme ai colleghi del liceo Tasso hanno ospitato la fanfara dei bersaglieri. Qualche professore e qualche studente li ha seguiti a passo di corsa. Una simbolica breccia per riconquistare la scuola pubblica.