Dispersione scolastica, la Flc Cgil attacca: «I criteri del ministero per assegnare i fondi sono del tutto sbagliati»
Pnrr e polemiche. Nel 39% di scuole rientrate nel piano si trovano licei classici mentre sono stati esclusi istituti comprensivi e professionali oltre a realtà presenti in quartieri deprivati
Adriana Pollice
Arrivano i fondi del Pnrr contro la dispersione scolastica e fioccano le polemiche. Il piano stanzia 1,5 miliardi fino al 2026, il focus è su gli studenti tra i 12 e i 18 anni. La prima tranche vale 500 milioni (48,84% al Centro Nord e il resto al Sud) ripartiti su 3.198 scuole. Ma ripartiti come? Da Roma, Messina, Napoli arrivano proteste. «Scuole in quartieri di Napoli come Posillipo o Vomero dove la dispersione è assente – spiega Assunta Barbieri, presidente di Dirigentiscuola Campania – beneficeranno dei fondi mentre altre dove insistono problemi noti sia agli Uffici che al Tribunale dei minori, come Ponticelli o Forcella, sono escluse».
Francesco Sinopoli, segretario generale Flc Cgil: «L’avevamo denunciato durante un’iniziativa sul Patto educativo territoriale a Napoli: la ripartizione delle risorse del Pnrr per il contrasto della dispersione è sbagliata nel metodo e nella sostanza. Milioni investiti senza nessun coinvolgimento di chi nella scuola opera». Ma come si è arrivati a escludere quartieri deprivati? «L’assegnazione – prosegue – è stata fatta senza l’analisi di contesto delle scuole. Alla base c’è il principio, infondato, della dispersione implicita ovvero dei bassi livelli di apprendimento certificati da Invalsi nel 2021, in piena pandemia, trascurando, tra gli altri, il dato ben più oggettivo della dispersione esplicita. Il risultato è che solo il 39% delle scuole risulta beneficiaria: vengono finanziati i licei classici e non ricevono contributi gli istituti comprensivi e professionali».
Si investe nelle superiori perché è lì che avvengono gli abbandoni ma non si affronta il problema della bassa scolarizzazione nei cicli dell’obbligo, che poi porta a non terminare le superiori. Mancano del tutto i Cpia, Centri per l’istruzione degli adulti, perché non effettuano prove Invalsi. Proprio sull’Invalsi Sinopoli commenta: «Decisioni fondamentali vengono delegate a indicatori fintamente neutrali, che in realtà sono ideologici. L’impressione è che le risorse del Pnrr siano distribuite sulla base di idee che non vengono elaborate dal ministero dell’Istruzione, ma sono frutto di altri ambiti del governo a partire dal Mef magari con il supporto Invalsi».
E ancora: «Il Pnrr sta diventando un cavallo di Troia per sostituire lo Stato con il mercato – prosegue – con un ruolo attivo del privato sociale, contro cui non abbiamo nulla ma non può sostituire il ruolo dell’istruzione pubblica. Se dispersione e abbandono si combattono con il tempo scuola, non si possono ridurre gli organici. Se si utilizza, invece, il calo demografico per fare cassa (come fa il governo) allora si riduce il comparto a una leva per il contenimento della spesa».
Alternanza scuola – lavoro, patti educativi con il terzo settore e, infine, nuovo piano di formazione: «Anche sulla formazione per gli insegnanti si attribuisce un ruolo spropositato all’Invalsi, la si finanzia con il taglio delle classi, va a beneficio di pochi e con l’obbligo di correre invece di essere un diritto e un’opportunità per tutti. È il modello competitivo di stampo neoliberale con il Pnrr che fa da paravento ai tagli».