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Due figli piccoli e un trasferimento negato
Laura Bellumore lavora al Crea da tanti anni. Ogni giorno è costretta a quattro ore di viaggio per andare e tornare dalla sede romana, ma la dirigenza da cinque anni le rifiuta inspiegabilmente l'avvicinamento a casa
na donna che chiede solo di far rispettare un suo diritto. Niente di più. È il caso di Laura Bellumore, originaria di Forano, un borgo di 3 mila anime in provincia di Rieti. Laura lavora come collaboratrice tecnica al Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria. Per necessità familiari ha un contratto par-time al 75%, visto che è madre di due bambini e il secondo è arrivato pochi mesi fa.
Ogni mattina, come per migliaia di altri pendolari, andare al lavoro è un'odissea. Dalla sua Forano la donna deve raggiungere la stazione ferroviaria di Gavignano Sabino e prendere poi un treno per Roma. Una volta arrivata alla stazione Tiburtina, per Laura non è finita: deve salire su due bus che la portano alla sede centrale del Crea, situata in pieno centro. Un viaggio di quasi due ore.
Per stare più vicino alla famiglia e dare sostegno alla figlia più grande, affetta da celiachia, Laura ha chiesto più volte di essere trasferita dalla sede della capitale a quella di Monterotondo, in provincia di Roma. Questo le permetterebbe di raggiungere il suo ufficio in 30 minuti e di poter tornare a casa in tempi rapidi, in caso di emergenza o altro: “Negli ultimi cinque anni – spiega Laura – ho compilato cinque diverse domande di trasferimento, come previsto dalla legge. Le mie richieste sono state tutte respinte. Non è un capriccio personale, ma una necessità: ho bisogno di stare vicino a mia figlia. La nostra è una realtà piccola, non possiamo scegliere tra molte scuole e lei ha bisogno del mio sostegno”.
La domanda di trasferimento non è mai stata accettata perché la dirigente sostiene di non poter fare a meno di Laura, ritenendola indispensabile per il workflow dell'ufficio progetti di Roma. “Penso ci sia un po' di cattiveria in quello che mi stanno facendo. Tra l'altro, nel corso degli anni le mie valutazioni non sono state grandiose e in più di un'occasione sono stata accusata di essere inaffidabile solo perché ho perso il mio treno. Ma la dirigente non sa che se faccio tardi è perché devo aspettare un'ora per il successivo”, afferma la donna.
La vicenda è ai limiti dell'assurdo, se pensiamo che il Crea è composto da ben 12 centri operativi e un’amministrazione centrale, che allo stato attuale ha più di 2 mila dipendenti. Di questi, circa 1..500 sono ricercatori e tecnici, e la sua forza sono le circa 60 aziende agrarie sperimentali, collocate in tutto il territorio nazionale in maniera capillare. Una situazione ideale per chiedere il trasferimento in un'altra sede di lavoro. Purtroppo però non è così.
Laura ripete di essere stanca di questa situazione, e a fatica trattiene le lacrime. Sfortunatamente, la procedura non può arrivare alla sede di Monterotondo senza il benestare di chi dovrebbe ascoltarla a Roma. “Vengo da 16 anni di precariato all'ex Inea – conclude Laura – prima della fusione con la Cra che ha dato vita al Crea. Io qui sto bene, ma così non posso più andare avanti e non mi resta che presentare una nuova domanda nel 2022. Quella di quest'anno è appena stata rifiutata e solo il sindacato mi sta sostenendo in questa mia battaglia. Non posso accettare altri no. Chiedo solo di poter stare vicino a mia figlia e alla mia famiglia”.