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E con il nuovo anno rispuntano i concorsi padani

Decisiva la residenza professionale per accedere alle selezioni regionali dei futuri docenti

28/12/2010
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ItaliaOggi

Mario D'Adamo

 

Docenti fortemente integrati con la propria regione, plasmati dal proprio territorio, cinghie di trasmissione, così li vuole il senatore Mario Pittoni, senatore della Lega nord e membro della commissione permanente istruzione di Palazzo Madama, alle cui iniziative in materia di reclutamento del personale docente della scuola sembra si guardi con interesse dalle parti di Viale Trastevere.

 

Se la legislatura non si interrompe prima, la proposta Pittoni (atto Senato n. 2411), adeguatamente rivista, è data in pole position per la riforma del reclutamento dei docenti. Ecco cosa sostiene il senatore, illustrando la proposta il 5 ottobre scorso. Chi cerca un posto di lavoro pubblico nella regione nella quale risiede deve essere valutato «a parità di condizioni con chi proviene da altre regioni». Poiché negli attuali concorsi il voto conseguito con il titolo di studio dà diritto a punteggio e poiché ci sono realtà che userebbero la «manica larga» nella distribuzione dei voti, l'esponente leghista, per eliminare la discriminazione che viene operata nei confronti di chi è valutato con la manica stretta, prevede l'istituzione di un albo regionale del personale docente, in attesa dell'abolizione del valore legale dei titoli di studio. I docenti che richiedono l'iscrizione all'albo di una regione devono avervi la residenza «professionale» ed essere sottoposti a «test di preparazione», o test d'ingresso, per accertarne l'attitudine all'insegnamento e l'effettivo livello di preparazione nelle singole materie. Essi sono quindi iscritti secondo l'ordine del voto conseguito.

Nel suo intervento il senatore non spiega i successivi passaggi, i quali però si possono desumere dal testo della proposta del 2008, visto che l'odierno articolato non è stato ancora ufficialmmente diffuso. Ad ogni tornata concorsuale, le istituzioni scolastiche, singolarmente o in rete, espletano i concorsi, avvalendosi di una commissione giudicatrice.

Ai concorsi possono partecipare solo gli iscritti all'albo regionale, essi devono simulare una lezione in classe con la quale dimostrare capacità comunicative e metodologiche. Il concorso si supera con un punteggio non inferiore a 35/40 (9 meno), al quale si aggiungono fino a 5 punti di titoli e, solo nei confronti dei primi trenta, il maggior punteggio ottenuto in sede di test d'ingresso. I vincitori sono quindi assunti con contratti a tempo determinato, che solo dopo un triennio di lavoro valutato positivamente può essere trasformato a tempo indeterminato.

Il meccanismo è destinato, secondo il senatore e secondo il disegno di legge n. 3357 della Camera, prima firmataria Paola Goisis, a creare un circuito virtuoso, mettendo in competizione i vari aspiranti all'insegnamento. A dire il vero, ad un analogo criterio competitivo è ispirato anche l'attuale sistema dei concorsi ma come questo non ha risolto il problema di base, quello della diversa formazione che i docenti ricevono nelle università di provenienza e dei diversi criteri di valutazione finale, non lo risolvono nemmeno i sistemi più o meno complessi delineati nei vari progetti leghisti. I quali hanno una caratteristica comune, sono fortemente ideologicizzati e restituiscono un'idea d'insegnante supino all'autorità e incaricato di «trasmettere» (Pittoni) cultura e valori locali in sostituzione dei genitori che non vi possono più provvedere.