E' la volta buona
Il CTS ottimista: "Ora la scuola può aprire"
nutile nasconderlo, c'è una coincidenza temporale tra la ripresa delle lezioni a metà settembre e l'incremento dei nuovi casi positivi registrato a ottobre. Due numeri: il 14 settembre quando ricominciarono le lezioni in alcune regioni, l'Italia contava 1.008 nuovi casi in un giorno e meno di 40mila nella casella degli attualmente positivi. Dopo tre settimane, il 5 ottobre, la prima cifra era già aumentata di oltre il cento per cento (2.257), gli attualmente positivi erano già diventati quasi 60mila. Alcune regioni hanno ricominciato in ritardo le lezioni ed ecco il 19 ottobre i numeri ormai fuori controllo: i casi in un giorno furono 9.338 (9 volte quattro settimane prima, dunque), gli attualmente positivi erano schizzati a 134mila. Come è andata a finire lo sappiamo e a fine novembre l'Italia si è trovata con 757mila attualmente positivi e 37mila pazienti Covid in ospedale.
CAUSEColpa solo della scuola? No. Il fuoco di settembre probabilmente è stato originato anche dall'imprudenza delle vacanze di agosto. E se l'organizzazione all'interno delle aule è meticolosa, fuori - vedi bus e treni delle metropolitane strapieni - va peggio. La riapertura delle scuole di ieri, comunque, è parziale perché le superiori ricorreranno al 50 per cento alla Dad. Vero. Però c'è un ultimo numero a preoccupare. Ricordiamoci del 14 settembre: partivamo da una base di meno di 40mila attualmente positivi, oggi sono 553mila e il dato di nuovi casi sulle 24 ore di ieri (bassissimo come tutti i lunedì) è otto volte quello del giorno della prima campanella. In sintesi: se la scuola avrà lo stesso effetto moltiplicatore di contagi di settembre, partiremo da una base dieci volte più estesa.
Fabio Ciciliano fa parte del Comitato tecnico scientifico, che ha dato il via libera alla riapertura delle superiori, ed è fiducioso: «Abbiamo visto che gli indici epidemiologici, anche se sono ancora alti, comunque consentono mediamente la riapertura delle scuole. Ovvio, ci sono alcune realtà regionali in cui l'incidenza dei casi è più alta, ma è proprio lì che deve esserci il funzionamento dei tavoli prefettizi». C'è anche da dire che il sistema dei colori delle regioni di per sé dovrebbe evitare che l'epidemia sfugga al controllo nelle scuole. Ciciliano: «Se gli indicatori si alzano in un determinato territorio e scatta la fascia rossa, c'è un automatismo, le scuole si chiudono. Allo stesso modo, se un presidente di Regione ritiene che la situazione epidemiologica sia preoccupante, può emanare un provvedimento di stop delle lezioni in presenza. Questo sistema, ricordiamolo, oggi è molto più sensibile perché si è abbassato il limite dell'Rt, l'indice di trasmissione, che fa scattare le chiusure. Se è sopra al valore di 1 si diventa arancioni, se va oltre a 1,25 rossi. Proprio perché esistono questi meccanismi di vigilanza, le scuole possono ripartire. Poi, però, bisogna essere chiari: se aspettiamo di avere il rischio zero all'interno delle classi, le scuole non riaprono più». Secondo il Cts in questi mesi è stato fatto un lavoro di potenziamento dei trasporti e di scaglionamento degli orari che dovrebbe limitare le possibilità di ritrovarci, tra qualche settimana, alla casella del via, con la necessità di sospendere le lezioni.
INSIDIEFabrizio Pregliasco, virologo dell'Università statale di Milano, è meno ottimista o, per lo meno, è più preoccupato. Già due settimane fa aveva avvertito: «La scuola, in via indiretta, facilita i contatti, quindi, alla luce degli ultimi dati, la cautela è necessaria e serve una diminuzione degli ingressi, che vanno rigorosamente scaglionati». Anche ieri ha ripetuto: «Il rimbalzo dei contagi è possibile, non si può nascondere. Un rischio c'è. Poi possiamo dire che si riduce se ci sono dei protocolli seri all'interno della scuola che vengono applicati e rispettati. Infine, c'è un altro tassello sempre delicato: tutto ciò che sta intorno alla scuola. Per questo è necessario che trasporti e scaglionamento degli orari siano ben organizzati». Non sarebbe stato meglio chiedere un ultimo sacrificio ai ragazzi delle scuole superiori, accettare altri due o tre mesi di Didattica a distanza, il tempo necessario a proteggere più anziani grazie alla vaccinazione? «Dal punto di vista epidemiologico è evidente che sarebbe necessario una chiusura più rigorosa e non solo delle scuole. Ma poi bisogna trovare un punto di mediazione, altrimenti il Paese non regge. E dobbiamo anche pensare alla salute di questi ragazzi, a cui serve comunque la scuola».
Mauro Evangelisti