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E ora per una scuola a dimensione europea

di MAurizio Tiriticco

03/08/2015
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ScuolaOggi

A Napoli abbiamo vissuto una “due giorni” di grande interesse e di grande combattività. Con nutrite rappresentanze degli istituti scolastici partenopei abbiamo unanimemente condiviso la nostra profonda preoccupazione per il voto della Camera in favore della cosiddetta Buona scuola.

Il che significa essenzialmente due cose: a) che la battaglia contro la legge e i decreti che seguiranno non finisce oggi, ma continuerà in tutte le sedi in cui potrà e dovrà essere condotta; b) che, comunque, a settembre ci dovremo misurare con i provvedimenti che il Miur e le amministrazioni periferiche assumeranno per rendere attuativo un processo riformatore che, per la portata che intende assumere, non potrà concludersi in tempi brevi. A meno che una lotta più dura non porti a soluzioni diverse.

Pertanto, dovremo insieme ricercare e trovare spazi di manovra per contrastare il disegno che intende costruire un sistema di istruzione che nulla ha a che vedere con i principi costituzionali e con le finalità che da sempre la nostra scuola e i suoi operatori hanno perseguito. I dirigenti scolastici e gli insegnanti hanno vinto concorsi non solo in forza delle loro competenze professionali, ma anche e soprattutto in virtù di quell’impegno civile che la Costituzione affida a tutti gli uomini e le donne del nostro “Sistema educativo di istruzione e formazione” (come recitano le leggi di riforma 30/2000 e 53/2003). Si veda anche l’impegno che deriva dalla Carta costituzionale e dalla stessa Autonomia delle istituzioni scolastiche, tenute a garantire a ciascun cittadino/alunno di realizzare quel suo personale “successo formativo” (dpr 275/99, art. 1), perché possa vivere e operare in una società che non si può e non si deve permettere di selezionare e premiare i cosiddetti migliori ed emarginare i cosiddetti peggiori.

La scuola cosiddetta di classe l’abbiamo già battuta fin dal varo dei Decreti Delegati del 1974 per dare forza e prospettive certe alla scuola della Costituzione del 1948. E in questa direzione andavano anche i Nuovi programmi della scuola media del ’79, quelli della scuola elementare dell’85 e gli Orientamenti per la scuola materna del ’91. Purtroppo, troppa acqua è passata sotto i ponti, e oggi viviamo in un mondo in cui questi “modelli” di scuola sono acqua passata, un limite a un certo modello di sviluppo. I processi di globalizzazione sono gestiti da ristrette minoranze transnazionali che considerano il lavoro dei più uno strumento di ricchezza per pochi. E questo alla faccia della cosiddetta Società della Conoscenza! In effetti, l’ignoranza dei più è la migliore garanzia per la ricchezza dei pochi. La Buona scuola, targata purtroppo PD, costituisce per il nostro Paese un segmento operativo di un processo che purtroppo viene da lontano e mira altrettanto lontano. In tale scenario, la lotta contro la Buona scuola non è una battaglia solo per la scuola, ma anche per una società di uomini – e di donne – che siano sempre più – grazie anche alla scuola – autenticamente liberi ed eguali.

Per queste complesse ragioni, Il NO alla Buona scuola coincide in larga misura con il NO del popolo greco ai ricatti dei banchieri che oggi fanno il buono e il cattivo tempo nell’Unione europea: che non è più quella per cui hanno dato l’anima uomini della statura di Alcide De Gasperi, Ernesto Rossi, Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Konrad Adenauer, Robert Shuman, Jean Monnet, Paul Henri Spaak, e tanti altri di cui non ho memoria. Per questo insieme di ragioni, la lotta contro la Buona scuola coincide con la lotta per l’Europa, quella Vera e che non deve tradire le sue origini, quella del primo trattato firmato a Roma nel lontano 1957, con cui sei Paesi, quelli che maggiormente avevano sofferto nella seconda guerra mondiale, dettero vita alla Comunità Economica Europea. Ne nacque una tradizione che oggi l’Unione europea di 28 Paesi sembra avere dimenticato.

E non è un caso che nella Buona scuola manchi ogni riferimento serio alla Dimensione Europea che oggi dovrebbe, anzi deve avere, l’Educazione. Non è un caso che le competenze di Cittadinanza, di cui alla Raccomandazione europea del 12 dicembre 2006, e le competenze culturali, di cui all’European Qualification Framework del 23 aprile 2008, siano pressoché ignorate dalle finalità e dagli obiettivi che il nostro Sistema di istruzione e formazione dovrebbe, invece, perseguire. Proprio in questi giorni si sta consumando il rituale di un esame di Stato che distribuisce punteggi a iosa, ma che non certifica ancora competenze! Anche se previste fin dalla legge istitutiva, la 425 del lontano 1997. E i nostri giovani, il mondo del lavoro, l’Europa stessa possono, anzi debbono attendere! Fino a quando?

Per tutto questo insieme di ragioni, sempre in attesa di un riordino dei curricoli – che sempre meno rispondono alle esigenze culturali e lavorative del mondo contemporaneo – e della stessa didattica, in larga misura ancora legata al modello di sempre, lezione/compito/interrogazione/voto, non possiamo non denunciare con forza la vuotezza contenutistica, sotto il profilo curricolare e didattico, della Buona scuola.

La questione dei curricoli e della didattica costituisce un insieme di urgenze vive e concrete che non vengono minimamente affrontate! Perché? Per la semplice ragione che le finalità della Buona scuola sono altre: creare un sistema di istruzione in cui siano ricercati, promossi e gratificati i cosiddetti Migliori. E gli altri? Colpa loro se non ce la fanno! Un discorso che, con una scuola che si ispirasse all’articolo 3 della Costituzione, pensavamo TUTTI di avere liquidato per sempre! Ma così non è! E non sarà! Fino a quando?


Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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