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“È una lezione per il mondo il diritto alla salute va difeso”

Vandana Shiva: noi applichiamo la democrazia

02/04/2013
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la Repubblica

GIAMPAOLO CADALANU

VANDANA Shiva è entusiasta. Anche al telefono, da New Delhi, quest’attivista laureata in Fisica e Filosofia lascia trasparire la soddisfazione per la sentenza di New Delhi. La signora Shiva è il simbolo della lotta indiana in difesa dell’ambiente e contro la globalizzazione selvaggia: una buona fetta della mobilitazione contro gli abusi delle multinazionali è frutto del suo impegno.
Quale è stata la sua prima reazione alla sentenza che respinge le richieste della Novartis?
« Gioia, naturalmente. Gioia perché per la prima volte queste richieste irragionevoli di una multinazionale erano state respinte. La legge dice che i brevetti si concedono per le invenzioni. E la Novartis voleva forzare l’articolo sulla durata massima dei brevetti, una norma che abbiamo ottenuto con un grande movimento d’opinione popolare, dopo che il Wto aveva dato alle multinazionali la possibilità di brevettare tutto quello che si muove sotto il sole ».
Non c’erano novità significative nel farmaco?
«No, era solo un tentativo di rinnovare il brevetto su un vecchio medicinale, brevetto ormai scaduto».
Com’è stata accolta in India la sentenza?
«Siamo tutti molto contenti che sia stata applicata una legge nata dalla mobilitazione popolare, e che alla fine qualcuno costringa le multinazionali a rispettare la volontà popolare, quella dei parlamenti e dei governi».
Per la prima volta il bene comune è stato privilegiato sull’interesse privato di una corporation.
«Esatto. Proprio a questo serve l’articolo 3d della nostra legge. Se un farmaco è davvero nuovo, allora viene esaminato per concedere il brevetto. Ma se invece non c’è nulla di nuovo, mi spiace, non si può monopolizzare il mercato farmaceutico, non si può monopolizzare il diritto alla salute».
Adesso che cosa accadrà? Le
multinazionali farmaceutiche avranno la possibilità di fare ancora ricorso?
«Ormai non possono più far ricorsi. Almeno per l’India, hanno perso la battaglia a ogni livello. Nessun tribunale può rovesciare quello che ha deciso la Corte suprema del Paese».
Le compagnie farmaceutiche dicono che la sentenza diventerà un problema per la ricerca, perché senza una tutela forte dei diritti di scoperta non ci sarà stimolo per investimenti nel settore. Come risponde?
«Non è così, assolutamente! L’articolo 3d riconosce i diritti a chi inventa una medicina. Ma in questo caso, i diritti erano già durati
vent’anni. Ed erano esauriti».
Ma al di là dell’aspetto legale, secondo lei che cosa faranno le multinazionali?
«Dovranno essere più coscienti. Questi signori dovranno imparare che non si può essere assurdamente avidi. Sono già avidi, ma così è davvero troppo».
Crede che la sentenza di New Delhi possa anche essere uno stimolo per le organizzazione di base?
«Non solo. Sarà anche un incoraggiamento per quei governanti che non sono già nelle tasche delle multinazionali, e ce ne sono. Quelli che vogliono lavorare per l’interesse pubblico, per il bene comune, saranno rafforzati da questa sentenza ».
Quale sarà adesso la prossima battaglia?
«Sarà quella di sempre, contro i monopoli, contro i brevetti delle sementi: non è finita. E credo che la decisione della Corte suprema indiana dovrebbe essere esaminata accanto alla legge appena firmata da Obama, che protegge la Monsanto da eventuali cause per danni ai consumatori prodotti dai suoi OGM. È una legge scritta dalla stessa Monsanto. La sentenza di New Delhi serve anche a mettere in evidenza il contrasto fra la democrazia applicata in India e negata in Usa. Insomma, è una lezione per il mondo».