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Epifani all'Unità: Unica via il ritiro dei nostri soldati

Epifani all'Unità: Unica via il ritiro dei nostri soldati La Cgil propone 10 minuti di stop dal lavoro nel giorn...

14/11/2003
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l'Unità

Epifani all'Unità: Unica via il ritiro dei nostri soldati

La Cgil propone 10 minuti di stop dal lavoro nel giorno dei funerali.

Sulla linea del ritiro subito dei soldati dall'Iraq, Epifani, la Cgil - in Italia - è l'organizzazione che la idee più chiare e dice le parole più nette.

"Noi diciamo due cose.
Primo: lutto e dolore per questa sciagura. Viviamo gli stessi sentimenti di angoscia che vive tutto il popolo italiano, e abbiamo voluto esprimerli direttamente allo Stato maggiore e al comando dei carabinieri.

Secondo: da domani non basterà più lasciare che batta il cuore, servirà anche far funzionare il cervello. Dobbiamo chiederci il perché, capirlo, prendere le misure per il futuro, correggere gli errori".

Cosa esattamente dovremo capire?

"Una cosa sola, che noi abbiamo detto anche in passato ma che ora è chiarissima, lampante: la lotta al terrorismo non si fa così.
Non si fa occupando i paesi, bombardando, usando gli eserciti come lo strumento che risolve tutto. L'Iraq è un esempio clamoroso di insuccesso politico: l'obiettivo per il quale si è andati lì era sconfiggere il terrorismo e asciugare la sua fonte. Non è stato sconfitto, la fonte adesso è più vigorosa.
Non mi sembra il caso di fare polemiche politiche su questo, o gare a chi lo aveva detto prima, processi a chi non aveva capito:
con grande serenità, però, vanno prese le decisioni giuste.
Per questo diciamo:
ritiro immediato.
Non è uno slogan, è la condivisione di un ragionamento che dovrebbe essere condiviso da tutti".

La tragedia di Nassirija è improvvisa o si poteva prevedere?

"È la più grande tragedia militare per l'esercito italiano dalla II guerra mondiale.
I rischi che correva il nostro contingente non erano stati calcolati bene, questo è evidente".

Il problema però è che non basta il ritiro degli italiani. Serve soprattutto il ritiro degli americani, sono loro il problema vero...

"Noi della Cgil siamo stati in America. I sindacati americani sono mobilitati per la pace. Almeno la metà dell'opinione pubblica americana è contraria alla guerra.
La politica neo-conservatrice, guidata da Bush ci sta portando in un mondo nel quale il terrorismo aumenta. Bisogna abbandonare questa politica."

Come si combatte il terrorismo?

"E' un fenomeno complesso, richiede strumenti e analisi complesse.
L'accetta non serve. Occorrono anche politiche repressive e di intelligence, ma non vanno esasperate e soprattutto vanno accompagnate con una politica internazionale alta e lungimirante.
Bisogna avere relazioni nuove con il mondo arabo con i paesi del Medioriente, bisogna fare in modo che il fondamentalismo non si alimenti nella protesta con le prepotenze dell'occidente, bisogna affrontere la questione di Israele e Palestina.
E soprattutto bisogna convincersi di una cosa: l'idea che l'uso della forza risolve tutto, che è stata un'idea dell'occidente, è completamente infondata".

Cosa ci vuole invece della forza?

"La politica. Bisogna chiamare in campo la grande assente.
La politica è assente da troppo tempo, sostituita dalle armi e dal potere dell'economia.
Ha collezionato negli ultimi tempi un numero incredibili di fallimenti, sia sul piano economico sia su quello delle relazioni internazionali.
Basta guardare ad Israele.
Perché non si è riusciti a usare una forza una forza di interposizione che dividesse palestinesi e israeliani e avviasse la pace?"

Vede all'orizzonte qualcuno in grado di aiutare la politica a ritrovare il suo ruolo?

"Vedo l'Europa. È il suo compito. Deve diventare molto attiva in una logica di pace. Nella bozza di Costituzione europea c'è scritto qualcosa, ma molto poco. E' assai più forte il testo della Costituzione italiana, che ripudia la guerra come strumento di soluzione delle controversie. L'Europa è l'unica potenza che può diventare attiva: ottenere il rilancio dell'Onu, intervenire sulla questione palestinese, affermare l'idea di un mondo multilaterale".

Che vuoi dire un mondo multilaterale?

"Un mondo dove ci si convince che rinunciare al primato della forza non è una cosa indignitosa. Rinunciare al primato della forza vuoi dire scegliere il compromesso, cercarlo, costruirlo, realizzarlo.
Il compromesso non è segno di debolezza. Trasferire ad altri, a molti, parte del proprio potere, non è una sconfitta, è un modo per governare il mondo".

Lei è contrario all'esercito europeo o invece è favorevole a che l'Europa competa militarmente con gli Usa?

Credo che l'uso della forza per motivi difensivi non possa essere escluso. E quindi mi pare ragionevole che l'Europa si doti degli strumenti che servano a questo scopo. Ma dentro un quadro, anche legislativo, che proibisca la guerra di attacco".

Valutiamo le cose con realismo. Da almeno 15 anni il mondo è sempre meno multilaterale. E' unipolare, e al comando dell'unico polo ci sono gli Stati Uniti. E' possibile un processo di multilateralismo senza sconfiggere gli Stati Uniti?

"Gli Stati Uniti devono fare un passo indietro. Tocca a loro farlo. Sono la potenza egemone sia sul piano militare che su quello economico e finanziario. L'America se vuole tornare un paese che ha un ruolo decisivo e positivo nello sviluppo del mondo, deve essere in grado di autolimitarsi.
Una parte molto consistente dell'opinione pubblica si sta convincendo di questo. Intanto deve avviare il ritiro dall'Iraq".

L'intervista è di Piero Sansonetti ed è sta pubblica dall'Unità venerdì 14 novembre.