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Francia, vietato bocciare L’égalité conquista le aule

Ripete l’anno uno studente su tre. Ora i socialisti vogliono farla diventare “un’eccezione”

18/03/2013
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La Stampa
ALBERTO MATTIOLI CORRISPONDENTE DA PARIGI
Davanti ai tabelloni Secondo una ricerca, il 57% degli studenti francesi ripete almeno un anno nel corso della sua carriera scolastica

Dal vietato vietare di sessantottina memoria al vietato bocciare. Gli obbiettivi della gauche diventano meno ambiziosi ma più realisti. Nella scuola francese, far ripetere l’anno diventa fuorilegge. O quasi: «Nel quadro dell’acquisizione di conoscenze, competenze e metodi prevista alla fine del ciclo e non più dell’anno scolastico, far ripetere un anno dev’essere eccezionale». Così recita l’articolo primo della «legge di rifondazione» della scuola, fiore all’occhiello del programma di François Hollande, attualmente in discussione all’Assemblée nationale.

Con un emendamento, i deputati socialisti sono andati anche più in là di quanto proposto dal loro governo, che si era limitato a scrivere che si deve «proseguire la riduzione progressiva» dei ripetenti. Invece adesso la bocciatura diventa l’eccezione che dovrebbe confermare la regola di una scuola migliore. Liberté, égalité, fraternité e promozione.

Il benefattore della peggio gioventù è il controverso responsabile dell’Educazione nazionale, il filosofo socialista Vincent Peillon, una specie di mina vagante nelle acque governative, un ministro iperattivo che una ne fa e cento ne propone, compresa quella di legalizzare le droghe leggere (si spera non in classe). Però la sua crociata contro le bocciature non è così eccentrica. Fra i Paesi dell’Ocse, la Francia detiene saldamente il record del «redoublement», la ripetizione dell’anno: tocca a più di uno studente su tre, quando la media nel resto del mondo è di meno di uno su sette.

Da tempo, gli esperti vanno ripetendo che la misura è, ai fini pedagogici, del tutto inutile. Di certo, è disastrosa per quelli economici: nel 2009, per esempio, ha rappresentato un aggravio di più di due miliardi di euro per le esauste casse pubbliche. E del resto la mitica «circolare della rentrée», cioè l’editto del ministero che indica obiettivi e modalità dell’anno scolastico che inizia, già nel 2010 spiegava ai professori recalcitranti che far ripetere l’anno «costituisce l’ultima risorsa». Ma i docenti francesi finora non se ne sono dati per inteso e proseguono le loro stragi di discenti.

Sulla scuola, Hollande si gioca molto. Quello dell’Educazione nazionale è uno dei tre ministeri (gli altri sono gli Interni e la Giustizia) dove lo Stato continuerà a investire. Delle 60 mila persone che assumerà nei prossimi cinque anni, 54 mila saranno nella scuola.

Se finora tutte le riforme erano partite dal liceo per «scendere» verso le elementari, la filosofia di Peillon è opposta: gli sforzi e i mezzi saranno concentrati sulla «primaire», specie per gli alunni che per ragioni di estrazione sociale o provenienza territoriale sono svantaggiati. Secondo le statistiche, alla fine delle elementari è scolasticamente «fragile» un ragazzino su quattro e questo ritardo, nell’implacabile logica selettiva della scuola francese, in seguito non viene colmato quasi mai.

Certo, l’Educazione nazionale è un tale mastodonte (850 mila insegnanti, 12 milioni di studenti) che chi la tocca deve armarsi di pazienza e prudenza. Peillon ha già scatenato un putiferio proponendo di passare alle elementari dalla settimana di quattro giorni (ovviamente pieni) a quattro giorni e mezzo. E anche il dibattito sulla sua legge si sta svolgendo in un’atmosfera da per chi suona la campana, anzi la campanella. La destra giudica la riforma «ideologica» e «chiacchierona» e cerca di soffocarla sotto 1.400 emendamenti. La gauche più a gauche la trova non abbastanza audace e non la voterà. I Verdi avevano addirittura proposto di vietare i voti alle elementari, ma il loro emendamento è stato respinto. I voti restano, la bocciatura no

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