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Gazzetta di PArma-La riforma della scuola non può piacere se ci si dimentica la parola "cultura"

DIBATTITO La riforma della scuola non può piacere se ci si dimentica la parola "cultura" Abbiamo letto con interesse l'articolo dell'insegnante elementare di Traversetolo, Mauro Reggi...

22/02/2004
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Gazzetta di Parma

DIBATTITO La riforma della scuola non può piacere se ci si dimentica la parola "cultura"
Abbiamo letto con interesse l'articolo dell'insegnante elementare di Traversetolo, Mauro Reggiani, in risposta alla lettera della nostra collega Roberti, membro come noi del coordinamento Scuole Parma La scuola siamo noi.
Ci vorrebbe troppo tempo per affrontare l'argomento in maniera davvero esauriente, ed una lettera al giornale non è certamente l'occasione più adatta per farlo. Ci limiteremo perciò a rispondere in linea generale al collega Reggiani, nella speranza che voglia raccogliere il nostro invito a partecipare ad un pubblico incontro, nel corso del quale ci sarà possibile sviscerare adeguatamente la questione. Magari il signor Reggiani si farà in quella sede accompagnare da qualcuno tra quelle migliaia di colleghi che si dicono entusiasti come lui di questa riforma della scuola, o da qualcuno dei tantissimi pedagogisti che sostengono il modello e la struttura della scuola targata Moratti.

Come certamente il collega Reggiani ricorderà, il Tempo Pieno è nato sì per rispondere ad una esigenza sociale, quella dei genitori che lavorano e chiedono più tempo scuola per i loro figli, esigenza che non ci sembra certo venuta meno in questi ultimi mesi, se è vero che le domande di scuola a Tempo Pieno sono aumentate del 55% nella nostra regione ed in molte altre. Ma gli insegnanti e gli operatori scolastici che hanno lavorato volontariamente alla definizione di quel modello scolastico hanno voluto garantirne la qualità pedagogica e didattica, conciliando al meglio possibile le esigenze delle famiglie e quelle dei bambini. Forse non è stato il caso del collega di Traversetolo, ma moltissimi insegnanti si sono allora messi volontariamente in gioco, dopo essere per tanti anni stati maestri unici, al fine di garantire agli allievi una scuola di qualità ed agli insegnanti un ruolo che sottolineasse le diverse competenze e definisse una precisa dignità professionale. Siamo partiti dal presupposto, condiviso da illustri pedagogisti, che non possa esistere apprendimento senza relazione e che i tempi distesi garantiti dal Tempo Pieno avrebbero consentito l'instaurarsi di queste relazioni con ciascuno dei nostri alunni, permettendoci di valorizzarne tutte le attitudini e le capacità, di qualunque grado e genere esse fossero state. A questo scopo sono state previste le compresenze, la contitolarità e la collegialità: sapevamo che questi strumenti ci avrebbero permesso relazioni significative con ciascun bambino del gruppo classe. E' evidente che il nostro scopo non era certo quello di diventare "badanti", nè tantomeno quello di trasformare la scuola in un parcheggio per i bambini. La scuola in cui abbiamo fortemente creduto tendeva alla valorizzazione di TUTTI i diversi momenti della giornata scolastica, da quelli destinati all'apprendimento delle diverse discipline fino a quelli della mensa e del gioco, nella convinzione che la formazione dell'individuo sia un processo globale e che ogni attività possieda una piena dignità ed una importanza ben precisa. La scuola che ne è nata ha consentito inoltre di educare alla convivenza ed alla collaborazione nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità, il che non ci pare davvero sia tra gli obiettivi prioritari della scuola che verrà, fondata sulla competizione, sui gruppi flessibili per livelli di apprendimento, sulla riduzione del sostegno ai diversamente abili, una scuola dove i bambini devono diventare imprenditori di se stessi, al fine di trovare prima di tutto un buon posto di lavoro (sono parole testuali del ministro Moratti e del Presidente Berlusconi).

Guardiamoci davvero in faccia, caro collega, e diciamoci che nel testo della Legge 53 la parola "Cultura" non compare praticamente mai. E vorremmo anche sapere, visto che forse sei meglio informato di noi, a quale testo del decreto si possa fare riferimento per smentire le affermazioni di quanti, come noi, sono contrari a questa riforma. Forse a quel pasticcio del decreto del 23 gennaio, la cui limpidezza è tale da aver dato adito ad un sunto, un commento e mille diverse interpretazioni da parte di direttori CSA e dirigenti scolastici? Ad oggi non è ancora uscita una circolare del ministero che chiarisca come organizzare la scuola dell'anno prossimo, e le iscrizioni sono finite da dieci giorni.

Solo una nota politica: la legge 53 è passata alla Camera un anno fa circa per l'assenza di oltre cento deputati dell'opposizione. Se i movimenti, i gruppi, di genitori e docenti e studenti, non si fossero mossi e non avessero fatto pressione sui sindacati e sui partiti, questa riforma sarebbe passata quasi sotto silenzio, perchè fa comodo a tutti, visto che fa risparmiare, e si giustifica essendo in linea con la tendenza europea a commercializzare tutti i servizi, scuola e sanità comprese. Sappiamo bene di chi poterci fidare e di chi no, indipendentemente dal colore della sua casacca.

Ci pare di capire che i veri colpevoli secondo Reggiani sono coloro che hanno aumentato il tempo scuola come parcheggio, la pletora di attività e di educazioni ed il peso degli zaini dei bambini, abbassando invece il loro livello culturale e la loro capacità di affrontare il mondo.

Anche secondo noi.

Marta Saccani

Lia Borchini

Giovanna Affanni

La scuola siamo noi

Coordinamento Scuole Parma


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