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Gazzetta di PArma-Rutelli, le scelte del centrosinistra passano prima dalla vittoria

OPINIONI Rutelli, le scelte del centrosinistra passano prima dalla vittoria La recente intervista dell'onorevole Francesco Rutelli al "Corriere della Sera" solleva più di una perplessità...

09/08/2004
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Gazzetta di Parma

OPINIONI Rutelli, le scelte del centrosinistra passano prima dalla vittoria
La recente intervista dell'onorevole Francesco Rutelli al "Corriere della Sera" solleva più di una perplessità.
Radicale è la prima: come non cogliere l'insanabile contraddittorietà con la linea tenuta dal centro sinistra in questi tre anni? come non tener conto che la riforma Moratti, negativa per tutto il mondo della scuola, è frutto dell'abrogazione della riforma voluta dal centro sinistra? come non tener conto che la riforma Biagi ha un vizio di fondo - la precarizzazione - frutto della differenza tra la logica del berlusconismo e i valori condivisi dal centro sinistra e non solo? come non tener conto, se non in una logica tutta politichese e autoreferenziale, che il segno politico del 2006 non può non essere che quello dell'alternativa netta rispetto ad un'esperienza fondata su una visione contraria agli stessi principi del liberalismo filosofico, politico ed economico (non Croce, ma nei momenti della moderazione, Gentile; non la tutela statale dei diritti di tutti, ma l'"homo homini lupus" e il potere come privilegio e libertà dalla legge per sè e per i propri accoliti; non Adam Smith ma Malthus) e, quindi, costituzionalmente estranea alla logica democratica?

In questo quadro, l'ipotizzare una sorta di continuità non è segno di moderazione, ma di debolezza ideale e progettuale.

Peraltro, la moderazione è volontà di scelte equilibrate, come minimo interclassiste, non è mai mancanza di determinazione, timore dell'assunzione di responsabilità e indecisione nella guida di processi di riforma.

Per questa strada, non si interessa il "centro moderato", ma si cancella la ragione politica, prima della proposta, dell'alternanza del 2006: la ripresa del processo riformista 1996 - 2001, cancellato dal disastro berlusconiano e dall'incapacità - impossibilità dei postfascisti e dei postdemocristiani di frenare la deriva costituzionale, politica e sociale del Cavaliere P2.

Che questo possa non significare l'abrogazione "tout court" della riforma Biagi potrà anche essere, ma non si tratterrà di una scelta, che caratterizzerà la proposta elettorale e l'auspicabile azione del centro sinistra al governo.

In questo ambito, potrà anche essere che la flessibilità resti, ma in un quadro, che non comporti l'instabilità del rapporto di lavoro a totale ed esclusivo carico dei giovani con tutte le ripercussioni conseguenti sulla condizione di questi, sul loro inserimento sociale, sulla loro attenzione alla vita e all'interpretazione, soggettiva e responsabile, della stessa nel campo personale, professionale e sociale.

A quel punto, potrà dirsi che la riforma Biagi non sarà stata cancellata? Credo proprio di no, se non altro perchè gli istituti di questa riforma perseguiranno uno scopo diverso: conciliare i diritti costituzionali delle persone con quelli del sistema economico e dell'impresa nel quadro degli inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale sanciti dalla nostra Costituzione.

I giureconsulti romani mi dicevano che i nomi (= le definizioni legali) non sono la sostanza delle cose (= cioè l'effetto reale delle leggi): ebbene secondo Rutelli, una flessibilità che non significhi precarietà, disoccupazione, necessità ogni volta di mettersi in cerca di un nuovo lavoro come se non si fosse mai lavorato, sarebbe uguale a quella ipotizzata dalla riforma Biagi, quand'anche si utilizzassero le stesse tipologie (= i medesimi nomi) contrattuali? Penso di no, ma penso anche che un simile scenario non avrebbe reali elementi di continuità con quello, in cui la riforma Biagi è stata pensata e approvata.

Un discorso più netto, ma non dissimile, richiede la riforma Moratti della istruzione secondaria. Se poi l'onorevole Rutelli intendeva riferirsi alla riforma universitaria dovuta al centro sinistra, dall'attuale Ministro solo ereditata, la revisione, almeno per le facoltà umanistiche, è un atto dovuto.

Polemica la seconda obiezione. L'onorevole Rutelli si oppone al ritorno al proporzionale e al superamento del bipolarismo con questi argomenti? L'intervista lascia intendere di sì e, di conseguenza, lascia politicamente (almeno) spiazzati.

Il suo ragionamento va nel senso opposto; come dimostra la storia con i sistemi proporzionali, infatti, i cambi di indirizzo politico non sono necessariamente radicali; mentre la storia dei sistemi maggioritari ha comportato mutamenti "rivoluzionari": in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti. E questo è avvenuto perché i sistemi proporzionali esaltano la funzione delle singole forze politiche e rimettono a queste, nel dopo elezioni, la scelta delle alleanze (si ricordino, però, Aznar e Zapatero in Spagna), mentre quelli maggioritari valorizzano, allorché il quadro politico, partitico è frastagliato, le coalizioni e rendono i blocchi necessariamente alternativi (in Italia, peraltro il sistema è imperfetto).

Or bene le proposizioni di Rutelli si muovono chiaramente in senso proporzionalistico. Altro non significa, infatti, concretamente la teorizzazione rutelliana del passaggio morbido: l'alternativa non può non essere alternativa. Tutt'altro è il problema che il passaggio dei poteri in seguito ad un esito elettorale, in un regime democratico, non sia e non debba essere l'occasione di una pulizia etnica. Pensare che il c.d. centro moderato, su cui sarà bene riflettere adeguatamente, si tranquillizzi di fronte ad un cambio morbido di indirizzo politico di governo e si spaventi all'ipotesi di mutamenti netti, significa non considerare l'intelligenza dei moderati e il quadro socio economico attuale.

La vittoria nel 2006 è legata a un programma concreto che - in tema di lavoro, economia, diritti civile e sociali, scuola e formazione, giustizia e sistema fiscale - susciti fiducia ovverossia generi l'affidamento per una azione di governo seria, riformatrice ed equa.

In questo programma dovranno trovare sintesi tutte le sensibilità ideali e politiche del centro sinistra e, quindi, anche quelle del PRC. Sotto questo profilo, il problema - sia consentito- non è che nel programma trovino spazio le idee dei leaders, come dice l'On. Rutelli lasciando trasparire una (perdente) logica compromissoria, ma che il programma sia la sintesi - e, a tal fine, i vezzi intellettualistici e protagonistici delle troppe élites del centro sinistra dovranno cedere il passo - intelligente, propositiva e concreta delle diverse proposte. Solo se sarà così, si avrà un vero programma di centro sinistra in grado di trovare il consenso di tutta la base, ma, soprattutto, della maggioranza degli italiani. Lotta all'evasione fiscale, efficienza del sistema sanitario, tutela dei diritti di giovani e anziani, priorità della tutela della democrazia sui protagonismi spinti dai ruoli e, talvolta (non raramente, purtroppo), dall'esigenza di individuale immagine sono, infatti, temi la cui adeguata soluzione programmatica è idonea ad unire a prescindere dagli eventuali riferimenti partitici.

Quest'ultima, però, se è frutto dell'uninominale, non ne è l'essenza. La base attende che molti leaders vogliano capirlo, perché non si ripeta il paradosso del 2001, quando i migliori alleati del Cavaliere P2 furono paradossalmente i frazionismi spinti del centro sinistra.

Giorgio Pagliari