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Gazzetta di Reggio-La paura del pregiudizio "Arabo uguale terrorista"

REGGIO EMILIA Tra i banchi della Sant'Ilario d'Enza La paura del pregiudizio "Arabo uguale terrorista" In cattedra un maestro d'eccezione: lo scrittore Giuseppe Caliceti ...

19/07/2004
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Gazzetta di Reggio

REGGIO EMILIA Tra i banchi della Sant'Ilario d'Enza
La paura del pregiudizio "Arabo uguale terrorista"
In cattedra un maestro d'eccezione: lo scrittore Giuseppe Caliceti


REGGIO EMILIA. "Io ho la pelle bianca e faccio la cacca nera... allora lui che è nero la fa bianca?". Il maestro sorride mentre guarda i suoi piccoli alunni italiani, tunisini, albanesi, brasiliani e cinesi e intanto pensa che la strada da percorrere è ancora lunga, ma passa anche attraverso domande come questa. Siamo in una scuola elementare di Sant'Ilario d'Enza, in provincia di Reggio Emilia.
Su 26 bimbi, sei sono stranieri. Ad accompagnarli nel loro cammino c'è lo scrittore Giuseppe Caliceti, da 20 anni insegnante elementare. E in tanti anni molte cose sono cambiate. Oggi in classe non solo ci sono molti più stranieri, ma molti più alunni e seguirli tutti è un'impresa. Oggi c'è la guerra in Iraq e "i bambini arabi vivono sulla propria pelle la paura dell'equazione 'arabo uguale potenziale terrorista'".
Il timore di non essere accettati lo si vede anche nelle piccole cose. Come quell'alunno marocchino che la mattina arriva con i suoi bei ricci stirati a fatica con il pettine per essere "come gli altri". E intanto ci sono da tener d'occhio anche le difficoltà degli italiani, le loro curiosità, la fatica ad accettare gli altri "perchè non è vero - cerca di spiegare loro Caliceti - che se non ti viene naturale sei un razzista".
Poi arriva il giorno in cui il maestro capisce di aver fatto un passo avanti perchè i suoi alunni stanno imparando non tanto a non commettere errori di ortografia, quanto ad ascoltare gli altri. E' il giorno in cui iniziano a raccontarsi: "Questo significa che sono a loro agio", che siamo sulla strada giusta verso l'integrazione. Una strada che passa attraverso le programmazioni interculturali come i menù della mensa a base anche di cous cous o riso alla cantonese. Come un genitore albanese o marocchino invitato in classe per parlare di sé. Attraverso le cose più semplici come una partita di pallone "che fa molto di più di tante lezioni". Il lavoro è lungo e lo si costruisce anche nelle discussioni in classe. Discussioni dove un piccolo straniero può chiederti "cos'è il Natale?" perchè proprio non lo sa, un altro spiegarti con naturalezza che "mia sorella si deve sposare con un arabo" e con altrettanta naturalezza il suo compagno di banco reggiano chiederti: "Ma è come con Hitler che diceva che si dovevano sposare solo con gente di razza ariana?".
Domande e esigenze a cui far fronte con mezzi sempre più scarsi perchè "con la riforma Moratti tutti i progetti di integrazione sono stati tagliati". Gli insegnanti cercano di barcamenarsi anche con lezioni-extra di alfabetizzazione "ma il rischio è che questa ricchezza rappresentata dalla presenza di bambini di nazionalità diverse diventi un problema". Il maestro commenta: "rispetto a 10 anni fa, avendo il doppio degli alunni, li ho potuti seguire la metà". (m.v.)