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Giornale di Vicenza-Riforma sul banco degli imputati e condannata

Riforma sul banco degli imputati e condannata Panini (Cgil): "Ci riporta agli anni Cinquanta" Severe le "requisitorie" dei rappresentanti sindacali presenti al convegno tenutosi al Canova ...

22/04/2004
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Il Giornale di Vicenza

Riforma sul banco degli imputati e condannata Panini (Cgil): "Ci riporta agli anni Cinquanta"
Severe le "requisitorie" dei rappresentanti sindacali presenti al convegno tenutosi al Canova
di Anna Madron

La riforma si sbriciola in troppi punti, crea malcontento e alimenta dubbi e interrogativi che rimangono senza risposta. "Ma è soprattutto una legge che ci porta indietro nel tempo, esattamente agli anni Cinquanta, quando proseguiva gli studi soltanto chi poteva permetterselo, per gli altri la strada era quella dell'avviamento professionale".
Enrico Panini, segretario nazionale Cgil del comparto scuola, non ha dubbi: di questa legge, dice, "va chiesto il ritiro, visto il malcontento profondo dell'opinione pubblica e l'imbarazzo crescente del ministro".
Sono parole dure, le sue contro la "53", pronunciate ieri sera al Canova, dove i segretari provinciali del comparto scuola Angelo Turato (Cgil), Luisa Volpato (Cisl) e Marco Oteri (Uil) hanno organizzato un dibattito pubblico, quasi una sorta di appendice al convegno di Confindustria sul futuro dell'istruzione svoltosi nella mattinata in Fiera. "Non critico la riforma sulla base ideologica - riprende Panini - credo che la legge si commenti da sola: riduce di un anno l'obbligo scolastico, riduce l'orario del tempo scuola e quindi impoverisce l'offerta formativa, introduce materie facoltative fornendo di fatto meno competenze curricolari, fissa a dodici anni la scelta tra istruzione e formazione professionale".
Insomma un passo indietro per una scuola che va indubbiamente riformata, afferma Panini, ma "non con una legge che non risolve i problemi e per giunta introduce il criterio della selezione". Critico anche Franco Sansotta, della segreteria nazionale Uil. "Il livello della scuola italiana - dice - non è così scadente come si vuol far credere. Prima di riformarla bisognerebbe farla funzionare con tutte le sue potenzialità. Ci sono 10 mila insegnanti precari che viaggiano da una sede all'altra, senza contare i 3mila istituti in cui manca il dirigente perché il governo non si decide a bandire il concorso ordinario".
Per Alfonso Rossini, della segreteria Cisl, la scuola così come esce dalla legge "53", con l'abolizione dell'obbligo scolastico a 15 anni, rischia addirittura di incentivare l'abbandono, con conseguenze deleterie sulla società. "La scuola - sottolinea Rossini - è sempre stata una grande agenzia di diffusione della cultura, oggi l'80% degli studenti prosegue gli studi dopo la terza media, mentre con il bivio imposto dalla riforma si torna indietro nel tempo".
Quanto ai "poli tecnologici", Rossini afferma che "sì, è un'idea interessante, a condizione che non sia finalizzata all'eccellenza", ma che al tempo stesso "è un progetto faraonico che richiede un'organizzazione estremamente complessa e presuppone un livello inesistente di integrazione delle risorse tra pubblico e privato e un rapporto strettissimo con il mondo del lavoro, non soltanto locale".
Il guaio però, osserva Umberto Margiotta, ordinario di pedagogia all'Università Ca' Foscari di Venezia e direttore della Ssis, la Scuola di specializzazione, "è che nella riforma manca un'idea di scuola che sembra piegarsi alla modernizzazione. Ma non c'è modernizzazione senza sviluppo e lo sviluppo ha bisogno a sua volta di investire sull'istruzione di base che invece viene concepita soltanto come alfabetizzazione strumentale e non culturale".
Una differenza sostanziale, dato che nel primo caso vengono forniti gli elementi per decifrare, ad esempio leggere e scrivere, nel secondo vengono offerti gli strumenti per analizzare e interpretare la realtà. Il rischio è insomma quello di un'asfissia culturale, prosegue Margiotta, che spiega che "o la scuola è espressione di un popolo oppure diventa uno strumento funzionale esclusivamente a obiettivi di carattere contingente".
Sul senso di precarietà e sulla totale mancanza di chiarezza che derivano dall'applicazione della "53" pone invece l'accento Silvano Furegon, della segreteria regionale Cisl. "Tentare di mettere in piedi una riforma della scuola andando contro il pensiero di chi ci lavora dentro - spiega - rischia di essere un errore politico davvero grosso".


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