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Gli scenari sui contagi tra i banchi «Difficile stimare la diffusione»

rapporto dell’Istituto superiore di Sanità e le misure per contenere la trasmissione del virus

22/08/2020
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Corriere della sera

MArgherita De Bac

È uno dei documenti che accompagnano la scuola e i servizi dell’infanzia verso l’apertura del 14 settembre. Ma non è l’unico né sarà quello definitivo. Fino al suono della campanella ci sarà qualcosa da limare e aggiungere, in base all’evoluzione dell’epidemia che oggi procede al ritmo di quasi un migliaio di casi al giorno e più avanti chissà.

Intanto però gli istituti possono prepararsi seguendo linee guida operative per organizzare la loro «filiera» di interventi. Che parte da un referente interno, non medico, passa attraverso il contatto con le famiglie e un responsabile presso le Asl (Dipartimento di prevenzione). Ci dovrà essere una stanza dove tenere l’alunno colpito da malessere fino all’arrivo dei genitori, la presenza di una figura che gli starà vicino fino alla presa in carico da parte della famiglia, adeguata igienizzazione degli spazi.

La quarantena di intere classi o del plesso non scatta automaticamente, verrà decisa caso per caso dalla sanità del territorio. E questo vale anche quando, da casa, saranno i genitori a segnalare uno stato di indisposizione dello scolaro che poi si rivela essere positivo al virus. Lo scopo del documento è fare in modo che nella fase di ripresa non prevalga il panico al primo insorgere di casi e focolai.

L’introduzione al rapporto, coordinato dall’epidemiologo dell’Istituto superiore di Sanità Paolo D’Ancona, è un elenco di incognite alle quali la comunità scientifica internazionale non può dare risposta. «In primo luogo non è nota la trasmissibilità del Sars-CoV-2 nelle scuole. E più in generale quanto i bambini, prevalentemente asintomatici, trasmettano il virus rispetto agli adulti anche se il potenziale di trasmissione non è statisticamente differente».E c’è un altro punto interrogativo, non è noto quale livello di trasmissione i sistemi di prevenzione «riescano a gestire efficacemente in termini di focolai». Grappoli di casi in ambito scolastico sarebbero una novità: decine o centinaia di contatti da gestire in una piccola comunità. E non è noto quanto il fenomeno potrebbe incidere sull’Rt, l’indice di moltiplicazione (numero di casi generati da un infetto).

Vengono analizzati gli scenari più frequenti che potrebbero presentarsi. A scuola un alunno ha un sintomo sospetto o la febbre superiore ai 37,5 gradi. Il referente interno telefona al genitore, accompagna il ragazzo in una stanza, gli fa misurare la febbre con termometro senza contatto, ambedue indossano la mascherina (sopra i 6 anni), i genitori successivamente avvertono il pediatra di famiglia, se necessario il Dipartimento di prevenzione provvede all’esecuzione del test diagnostico. Se positivo, inizia la ricerca dei contatti stretti avuti nelle 48 ore precedenti che «saranno posti in quarantena per quattordici giorni».

Se i sintomi e la febbre sopraggiungono a casa, l’alunno non va a lezione, la scuola va informata dell’assenza per motivi di salute, pediatra o medico di famiglia possono disporre il tampone.

I focolai

«Si ignora quale livello di emergenza possano gestire i sistemi di prevenzione»

Più o meno uguale il percorso per gli operatori che accusano sintomi in servizio o a casa, con la differenza che se si trovano al lavoro si recheranno autonomamente nel loro domicilio protetti da mascherina. «Un singolo caso confermato non dovrebbe determinare la chiusura, soprattutto se la trasmissione nella comunità non è elevata». Poi vengono dipinti gli scenari di alunni o operatori «conviventi» con un soggetto positivo.

Deve essere previsto un registro rapido di rilevazione delle assenze nell’intero plesso. I tecnici chiedono ai dirigenti di mettere a punto un sistema rapido per poterle «contare» su richiesta della Asl. Si andrebbe a indagare da cosa dipendono. «Il referente deve comunicare se si verifica un numero elevato di assenze improvvise in una classe (40%, il valore deve tener conto anche della situazione nelle altre classi) o di insegnanti.

È il metodo diagnostico riconosciuto e validato dagli organismi internazionali ed è dunque lo strumento più adatto da utilizzare anche in questo contesto per gestire la diffusione di focolai nella scuola e la presenza di casi sospetti.

Questo test deve essere considerato quello di riferimento in termini di sensibilità (capacità di rilevare il virus) e specificità (capacità di rilevare il Sars-CoV-2). Invece i test sierologici «sono utili per rilevare una pregressa infezione con una limitata applicazione nella diagnosi del Covid-19 e nel controllo dei focolai». Giudizio in sospeso per i test rapidi eseguiti con macchinari portatili, al di fuori dei laboratori, meno sensibili del test molecolare tradizionale.