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Gli studenti italiani prgionieri dei rinvii

Quello che comincia in questi giorni è un anno scolastico di transizione: vecchi problemi — molti dei quali troveranno un accomodamento anche non definitivo nelle prossime settimane — qualche novità ereditata dall’ultima riforma, quella Gelmini, che entra in vigore anche negli ultimi adempimenti, e qualche finanziamento e progetto — dalla geografia negli istituti tecnici al rafforzamento degli insegnanti di sostegno all’avvio dell’alternanza scuola-lavoro, con studenti “assunti” per una settimana al mese ad imparare un lavoro — firmato dai ministri Profumo e Carrozza.

09/09/2014
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

Forse sarebbe eccessivo adottare nelle scuole italiane il sistema proposto dalla psicologa americana Elisabeth Ligon Bjork che interroga (per iscritto) i suoi allievi prima di spiegare la lezione: serve per farli concentrare di più su quello che stanno per imparare, li renderebbe più consapevoli. Sicuramente stravolgerebbe i riti scolastici che tanto annoiano i ragazzi italiani.Quello che comincia in questi giorni è invece un anno scolastico di transizione: vecchi problemi — molti dei quali troveranno un accomodamento anche non definitivo nelle prossime settimane — qualche novità ereditata dall’ultima riforma, quella Gelmini, che entra in vigore anche negli ultimi adempimenti, e qualche finanziamento e progetto — dalla geografia negli istituti tecnici al rafforzamento degli insegnanti di sostegno all’avvio dell’alternanza scuola-lavoro, con studenti “assunti” per una settimana al mese ad imparare un lavoro — firmato dai ministri Profumo e Carrozza.
I dirigenti scolastici del ministero e degli uffici regionali sono stati nominati in extremis tra ieri e stamattina, giusto in tempo per firmare i provvedimenti e le nomine ad anno scolastico appena iniziato. I presidi, quei 1.200 mancanti, dopo il pensionamento coatto a 65 anni e in attesa del nuovo concorso non ancora indetto, saranno sostituiti da reggenti. La materia in inglese alla maturità che debutta nel prossimo giugno, ci sarà forse per i volenterosi. Le prove d’esame — ha annunciato ieri il ministro Stefania Giannini — potrebbero cambiare, la tesina forse sarà abolita. Alle elementari si parte con le lezioni di «coding» di programmazione informatica: chi è pronto e se la sente parte, gli altri seguiranno nei prossimi anni e nei prossimi progetti.
Per il resto, è tutto o quasi rinviato al settembre del 2015: le novità dovranno essere scritte nella «Buona Scuola», il piano del governo. Persino i finanziamenti per il wi-fi nelle scuole per quest’anno scolastico ancora non sono stati stanziati. Il digitale, sul quale si era molto puntato per modernizzare le scuole, è meno di moda nel dibattito: le Lim (le lavagne multimediali introdotte negli scorsi anni) rischiano di andare in pensione, sostituite dalla filosofia dell’ognuno si porti il suo ipad o portatile.
Oggi esce il rapporto Education at Glance 2014, fotografia spietata dei sistemi educativi dei Paesi Ocse. La scuola italiana ha fatto sicuramente passi avanti negli ultimi dieci anni: nonostante i tagli imposti dal 2008 abbiano frenato le conquiste, i giovani italiani sono più preparati dei loro compagni di scuola più vecchi. Eppure di strada ce ne sarebbe ancora tanta da fare: sappiamo dall’ultimo rapporto Piaac (sempre dell’Ocse) che siamo ancora tra i più impreparati d’Europa persino in italiano e matematica.
Chissà se potrà essere l’anno in cui si discute anche di come la scuola possa «conquistare» quei giovani che non studiano né lavorano — i Neet — quella generazione perduta soprattutto nelle scuole professionali che è già diventata la piaga educativa di questi anni. Chissà se si riuscirà a parlare anche degli studenti, oltre che di stabilizzazione dei precari, di stipendi e di voti agli insegnanti. Negli anni scorsi si era aperto un dibattito sul numero degli anni di scuola: e se fosse meglio ridurre a 12 gli anni di istruzione, rendendo la preparazione più efficace? Le sperimentazioni stanno morendo. Davvero basterà l’inglese a rendere competitivi i ragazzi italiani? Che cosa servirà davvero tra dieci anni per poter essere dei buoni cittadini, richiesti dalle aziende non solo italiane?
Negli Stati Uniti è in corso un dibattito approfondito su che cosa deve essere l’educazione, se non si sia ceduto in questi anni troppo alle richieste del mercato nello scegliere il tipo di formazione degli studenti americani, mettendo in secondo piano il valore del sapere e della cultura, insomma dell’educazione. In Italia — basta sfogliare una qualsiasi classifica internazionale — purtroppo è vero il contrario: la scuola rischia di essere così ripiegata su se stessa e lontana dal futuro dei ragazzi da rendere incredibilmente attuale la domanda: ma che cosa studio a fare?
Gianna Fregonara