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«I baroni padroni del Diritto». Concorsi, inchiesta su 10 atenei

Ventidue indagati dalla procura di Bari Tra i reati associazione a delinquere, abuso d’ufficio, falso. Si scava sui posti assegnati per ordinari e associati. «Rete nazionale di gestione di ruoli accademici»

25/10/2011
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l'Unità

Omertà e “guerre” intestine tra i vari gruppi per impadronirsi della gestione centrale dei concorsi negli istituti di diritto Pubblico di alcune facoltà di Giurisprudenza. Questo uno degli aspetti che sta emergendo dalle indagini dei sostituti procuratori della Repubblica di Bari, Francesca Romana Pirrelli e Renato Nitti. Un’indagine che ipotizza l’esistenza di un’associazione per delinquere tra docenti universitari ben ramificata tra le facoltà di Giurisprudenza di Bari, Milano, Bologna, Napoli, Reggio Calabria, Teramo, Messina, Macerata, Piacenza e Firenze, per pilotare i concorsi pubblici. Un’organizzazione piramidale che avrebbe lo stesso metodo rilevato dagli investigatori nelle indagini dell’Antimafia,ma alla cui base ci sarebbe una presunta corruzione dilagante gestita dai cosiddetti “baroni” delle università. Scambi di favori tra “luminari” del diritto, per inserire propri studiosi di legge nei vari dipartimenti e riceverne altri. I CARTEGGI SUI CONCORSI In realtà, però, non si tratterebbe di soli scambi di favore,ma di corruzioni gestite dalla presunta associazione per delinquere. Hanno rilevato gli investigatori che i vari candidati vicini ai professori di riferimento ruoterebbero nelle varie università sulla base di accordi e intrecci t Una lista che potrebbe aumentare dopo che i magistrati avranno studiato i carteggi acquisiti nelle ultime settimane dalle facoltà, che riguardano concorsi per ordinari, associati e borse di studio di diritto Costituzionale, Canonico e Pubblico applicato. Tra gli indagati figurano i baresi Aldo Loiodice, docente di diritto Costituzionale, e Gaetano Dammacco,ordinario di diritto Canonico ed Ecclesiastico alla facoltà di Scienze politiche. Poi c’è Roberta Santoro della facoltà di Scienze politiche, suo padre Innocenzo e Maria Luisa Lo Giacco, ricercatrice di diritto Ecclesiastico. I concorsi sui quali si indaga riguardano selezioni per posti di prima e seconda fascia, per ordinari e associati. Nel fascicolo, aperto per fatti avvenuti tra gli anni 2006-2011, i magistrati ipotizzano i reati di associazione per delinquere finalizzata a corruzione, abuso d’ufficio e falso ideologico. L’accusa ritiene di aver scoperto «una rete nazionale di gestione dei concorsi accademici». I 22 docenti coinvolti farebbero parte, sempre secondo gli inquirenti, di una sorta di «circoli privati», all’interno dei quali sarebbe stato deciso il destino di una decina di concorsi e degli stessi candidati. Come? Attraverso «accordi, scambi di favore e patti di fedeltà». L’INCHIESTA NATA NEL 2008 Una corruzione dilagante, raccontano fonti investigative, in grado di azzerare le competenze dei cosiddetti «figli di nessuno», agevolando gli amici. L’inchiesta, nata nel 2008, è uno stralcio del procedimento sull’università telematica Giustino Fortunato di Benevento. Un esposto anonimo all’attenzione del pm Pirrelli, aveva denunciato che quattro bandi per ricercatore all’università telematica di Benevento, erano stati attribuiti ancora primac he venissero eseguite le prove. Intercettando in questo procedimento sul docente di diritto Costituzionale di Bari, Loiodice (all’epoca rettore dell’università telematica) gli investigatori si sono imbattuti in alcune telefonate dal tono eloquente, in cui si discuteva animatamente su chi dovesse vincere alcuni concorsi, come scambio. Di qui lo stralcio e la nascita di un nuovo fascicolo che ha coinvolto 9 università italiane. Dalle intercettazioni, poi, sarebbe emersa la fitta rete di accordi. Gli investigatori delle Fiamme gialle hanno individuato incontri organizzati nel corso di congressi nazionali sul diritto, al quale partecipavano i vari ‘baroni’ col fine di segnalare i candidati che di volta in volta dovevano aggiudicarsi i concorsi nelle varie facoltà italiane. Agli atti, però, risultano altre intercettazioni tra diversi professori anche della Bocconi di Milano, dalle quali emergerebbe «una struttura simile ad un’associazione mafiosa», rivela un investigatore. Gelosie e invidie verso altri docenti che sarebbero riusciti a «piazzare» più amici in altre università e che avrebbe portato altri docenti a tentare di spodestare questi primati.